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Ada Masella
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Offendi il tuo avversario in diretta tv? Non è reato

Le motivazioni della sentenza genovese che assolve Vittorio Sgarbi da un’accusa di diffamazione. “La sua avversaria poteva difendersi”

Non è reato insultare un avversario nel corso di un talk-show, soprattutto se il rivale è presente in studio e quindi può rispondere in tempo reale alle offese.
Questo è il “messaggio” lanciato da una giudice di Genova: insultare un avversario politico durante una trasmissione tv non configura il reato di diffamazione. Al massimo si tratta di ingiuria, che essendo stata depenalizzata nel 2016 non è più reato: l’offesa è stata trasformata in illecito civile e pertanto, al massimo, può essere causa di una richiesta di risarcimento in quella sede.

Il caso, sul quale sono state appena depositate le motivazioni di una sentenza di assoluzione, risale a tre anni fa e ha avuto come protagonista Vittorio Sgarbi nel ruolo d’imputato, e in quello di vittima l’allora candidata grillina alla presidenza della Regione Liguria Alice Salvatore, poi eletta in consiglio come capogruppo del Movimento 5 stelle. 

L’intenso contrasto verbale tra i due era andato in scena il 15 maggio 2015 durante una puntata di “L’Aria che tira”, il programma condotto da Myrta Merlino su La7. La Salvatore parlava in collegamento dalla Liguria: era stata lei ad attaccare per prima Sgarbi, sostenendo che il critico avesse ingiustamente incassato un non meglio precisato vitalizio parlamentare in quanto aveva subìto una condanna per truffa.

Sgarbi in effetti è stato processato per le troppe assenze dal suo ufficio alla Soprintendenza di Venezia.

Cosa era successo

L’attacco aveva innescato un salace battibecco: Sgarbi aveva minimizzato la condanna e aveva replicato che ben più grave era la situazione di Beppe Grillo, nel 2015 capo politico del Movimento 5 Stelle, in quanto pregiudicato per omicidio colposo plurimo, come effetto di una condanna definitiva per un incidente stradale nel quale, nel 1981, il comico aveva provocato la morte di tre persone, sbalzate dall’auto che guidava. Sgarbi non si era però limitato a quello: aveva aggredito verbalmente la sua antagonista, le aveva dato della “povera ragazza ignorante”, aveva aggiunto un “ma stai zitta cretina, studia!” e aveva concluso con un “tua madre ha fatto una truffa a fare te...”.

In trasmissione la Salvatore aveva mantenuto il sangue freddo, restando in silenzio mentre Sgarbi la copriva d’improperi. Aveva deciso di reagire, invece, quando le telecamere si erano spente, presentando a quel punto una denuncia per diffamazione alla Procura di Genova.

Il processo era iniziato nel 2017 e in aula, un anno fa, la Salvatore aveva confermato l’accusa, mentre la difesa del critico d’arte aveva replicato che nelle parole del critico non ci fosse nulla di diffamante, ma al massimo eventualmente un’inguria. Ed era stato facile smontare il processo, dato che il reato relativo era stato depenalizzato.

La sentenza

Al termine del dibattimento, la Procura di Genova aveva ugualmente chiesto la condanna di Sgarbi a 1.500 euro di multa, ma il giudice Clara Guerello aveva deciso diversamente, assolvendo il critico. La motivazione, che arriva ora, crea un precedente giurisprudenziale che socchiude la porta all’insulto televisivo e probabilmente farà discutere: “Gli epiteti” si legge infatti nella sentenza “sono obiettivamente lesivi dell’onore e del decorso della persona offesa, è un dato pacifico e incontrovertibile trattandosi di espressioni oltremodo invasive dell’altrui sfera personale”; ma in questo caso “la parte civile Alice Salvatore era collegata via audio e video e poteva di fatto intervenire ad libitum”.

Insomma, nuove regole per il politico che si prepara alla prossima campagna elettorale: se in tv ti danno del “cretino”, tu reagisci gridando “assassino”. Non sarà vero, magari, e forse l’audience non aumenterà, né migliorerà il livello medio del dibattito. Ma forse non rischierai nulla in tribunale. Chissà…

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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