Ncd verso la scissione: cosa rischia Alfano
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Ncd verso la scissione: cosa rischia Alfano

Le dimissioni di Quagliariello da coordinatore preannunciano la spaccatura e quindi - probabilmente - la scomparsa del partito

Il principale contributo offerto dalla politica italiana alla ricerca scientifica è aver smentito la teoria dell'indivisibilità dell'atomo. Dall'inizio dell'attuale legislatura, in Parlamento hanno cambiato casacca in quasi 300.

La maggior parte transfughi approdati su altre imbarcazioni, mentre altri hanno dato vita a nuovi gruppi parlamentari, nuove componenti e sottocomponenti. Scissioni e microscissioni, minacciate, realizzate, rimandate, hanno occupato pagine di giornali per qualche giorno e poi, spesso, sono finite nel dimenticatoio.

Adesso a far parlare è quella che si preparerebbe a compiere Gaetano Quagliariello che ieri si è dimesso da coordinatore nazionale di Ncd, nato a sua volta dalla scissione del gruppo guidato da Angelino Alfano dal Pdl di Silvio Berlusconi che nel frattempo si è trasformato in Forza Italia da cui si sono scissi, tra gli altri, Raffaele Fitto e Denis Verdini che, a loro volta, hanno dato vita a due nuovi gruppi. Sullo sfondo le croniche difficoltà del centrodestra a ritrovare una propria identità e il progressivo spostamento dalla sinistra al centro del Pd di Matteo Renzi.

Apparentemente gelida la reazione dell'ex delfino del Cavaliere: “non ho forzato nessuno a entrare nel Centrodestra – ha commentato Alfano - non trattengo con la forza nessuno”. “Nessuno” sarebbero almeno 6 senatori pronti a seguire l'ex ministro delle Riforme se, dopo l'approvazione della legge di Stabilità, e quindi il taglio di Imu e Tasi, non si deciderà di uscire dalla fase di emergenza che ha determinato l'alleanza di governo con il Pd e si tornerà ad essere “normalmente” alternativi ad asse.

All'orizzonte non si intravede un ritorno a Forza Italia, come ha fatto Nunzia De Girolamo, ma solo l'eterna promessa di nuovo futuro per il centrodestra (ma senza Forza Italia quale centrodestra è davvero possibile in Italia?) le cui sorti siano completamente sciolte da quell'eventuale Partito della Nazione che Renzi punterebbe a costruire sottraendo al centrodestra stesso pezzi del suo elettorato storico, quello più moderato, centrista, cattolico.

Non è un caso che la rottura di Quagliariello arrivi proprio all'indomani dell'approdo in Aula del ddl Cirinnà sulle unioni civili. Tema su cui Alfano ha opposto una resistenza piuttosto blanda preferendo alla battaglia su una questione così fortemente identitaria la salvaguardia dell'alleanza con Matteo Renzi, la tenuta del governo e quindi della sua poltrona di ministro dell'Interno. Una bandiera che adesso Quagliariello e i suoi sono pronti a impugnare per recuperare credibilità in quella parte di elettorato cattolico e conservatore rimasto senza riferimenti.

Nessuno, né Renzi né Alfano, credono però che la resa dei conti arriverà tanto presto. Le unioni civili saranno approvate non prima del prossimo anno. Nel frattempo c'è la legge di Stabilità (LEGGI QUI: Tutte le misure in arrivo) e nemmeno Quagliariello avrà il coraggio di votare contro il taglio dell'Imu. Ma dopo? - è la domanda dei malpancisti di Ncd - quale altra scusa avremo per giustificare l'esigenza di un governo di larghe intese? Il problema che Alfano deve risolvere agli occhi dei suoi è spiegare a cosa gli serva essere alleato del Pd in un sistema elettorale che non consente alleanze.

E forse non è un caso che proprio in questi giorni si stia tornando a parlare di rimettere mano all'Italicum. Non subito, ma magari a ridosso del voto quando, dopo aver visto anche come saranno andate le cose alle comunali, anche Renzi potrebbe decidere che assegnare il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione è un rischio per lui troppo alto. Ma anche nel caso in cui si tornasse alle origini, quanti voti, e quindi quanti seggi riuscirebbe a prendere Alfano considerando che con la riforma costituzionale il Senato elettivo non esiste più e che quindi i seggi rimasti da occupare sono solo quelli della Camera? In un centrodestra a trazione leghista e salviniana, l'elettorato moderato sceglierebbe Forza Italia. E in un centro-sinistra ritornato con il trattino in mezzo, l'altra parte dei moderati che non vota per Forza Italia voterebbe per Renzi.

Dalle parte di Alfano si maligna che quello di Quagliariello sarebbe un risentimento personale dovuto al fatto che del gruppo di ministri Pdl lui fu l'unico a non essere confermato da Renzi nel nuovo esecutivo. Un incarico da ministro più volte evocato, come sostituto di Maria Carmela Lanzetta agli Affari Regionali, ma alla fine mai arrivato proprio per la contrarietà del premier. Al quale oggi il senatore politologo avrebbe deciso di presentare il conto provocando un terremoto che adesso rischia di indebolire la maggioranza.

Se si compirà la scissione, i numeri al Senato torneranno infatti pericolosamente ballerini. E la truppa di 13 senatori verdiniani, finora utile ma non determinante, rischia di diventare il vero ago della bilancia. A meno che, nel frattempo, non si presentino nuovi soccorritori generati da altre scissioni che in politica, e soprattutto in Parlamento, come si è visto, sono sempre all'ordine del giorno.

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Claudia Daconto