Una nave piena d'armi sulla rotta Cuba - Corea del Nord
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Una nave piena d'armi sulla rotta Cuba - Corea del Nord

Un normale controllo a Panama su un cargo dello zucchero rivela un traffico da spy-story cinematografica. Di cui vi sveliamo la trama sinora accertata...

Quando una perquisizione di routine si trasforma in qualcosa di molto più grosso, innescando un vero e proprio caso internazionale. Chissà se stanno pensando a questo gli agenti della marina panamense che, nella notte tra il 16 e il 17 luglio, hanno perlustrato da cima a fondo un cargo battente bandiera nordcoreana scoprendo nelle stive, nascosti tra tonnellate di sacchi di zucchero, componenti missilistici inviati da Cuba al governo nord-coreano di Pyongyang.

La notizia ha fatto il giro del mondo in poche ore, con gli Stati Uniti pronti a gridare al complotto e ad accusare L’Avana di aver violato l’embargo imposto dal consiglio di sicurezza dell’ONU sulla fornitura di armi alla Corea del Nord per i suoi piani di potenziamento nucleare. Nell’arco di pochi giorni la vicenda, che solo ai più nostalgici potrebbe ricordare qualcosa degli anni della Guerra Fredda, si è arricchita di nuovi capitoli, producendo colpi di scena e non pochi punti oscuri che, adesso, Corea del Nord e Cuba dovranno chiarire di fronte alla comunità internazionale.

La rotta della spedizione e l’entità del carico di armi

La mattina del 17 luglio il presidente di Panama, Riccardo Martinelli, convoca una conferenza stampa per comunicare che le forze di sicurezza panamensi hanno sequestrato un cargo nordcoreano al porto di Manzanillo, situato sul versante atlantico del canale di Panama. La nave, chiamata “Chong Chon Gang”, era stata fermata perché si sospettava potesse trasportare un carico di droga. Scesi nelle stive, tra 220.000 quintali di zucchero i militari panamensi hanno invece scovato attrezzature militari. Scattato l’allarme, sull’imbarcazione sono seguiti attimi di tensione con i 35 membri dell’equipaggio che hanno provato a resistere all’arresto, mentre il capitano della nave tentava addirittura di suicidarsi.

La dinamica dell’operazione, di per sé sufficiente per l’accattivante inizio di un film di spionaggio, è stata accompagnata dai dettagli del carico confiscato: 240 tonnellate di armi, di cui 9 sistemi missilistici S-125 Petchora e S-75 Dvina smontati  e persino attrezzature per aerei Mig, tutto proveniente da Cuba e di origine sovietica.

Stando a una prima ricostruzione delle tempistiche della spedizione, il cargo avrebbe preso il mare il 12 aprile dal porto di Vostochnyy, vicino Nakhodka, città situata nell’estremo oriente della Russia, 200 chilometri a est dal confine con la Corea del Nord. Il 31 maggio avrebbe raggiunto il porto di Balboa, all’ingresso del Canale di Panama sul versante pacifico, dichiarando di trasportare un carico di materiali in metallo. Da qui i primi dubbi. Il giorno dopo - il 1° giugno - la nave, che nel frattempo aveva attraversato il canale entrando nel Mar dei Caraibi, scompare dai radar della marina panamense per riapparire solo l’11 luglio, a poche miglia dal porto Manzanillo, da cui sarebbe dovuta passare per tornare nell’Oceano Pacifico e far ritorno in patria in 51 giorni. Insospettiti per l’improvvisa e prolungata sparizione, i militari panamensi hanno pensato che l’imbarcazione potesse nascondere droga. Ma una volta dentro la pancia della nave, anziché cocaina, si sono trovati di fronte a montagne di armi.   

Le spiegazioni de L’Avana e i rapporti tra i Castro e Kim Jong-Un

Chiamato in causa, il governo cubano ha ammesso di essere coinvolto nella spedizione, confessando che la nave era stata caricata qualche giorno prima in uno dei suoi porti ma solo con “obsoleti armamenti difensivi di epoca sovietica”, che Pyongyang si era offerto di mettere a lucido. Una tesi che però fa acqua da tutte le parti, e per tre motivi fondamentali. Primo: perché l’equipaggio della “Chong Chon Gang” al momento del fermo, pur non avendo nulla da nascondere, ha provato a reagire alle forze di sicurezza panamensi con il suo capitano che ha addirittura tentato il suicidio? Secondo: perché la nave, una volta nel mar dei Caraibi, è scomparsa dai radar per più di un mese? Terzo: perché, per una spedizione “pulita”, è stata utilizzata proprio la “Chong Chon Gang”, in passato già coinvolta in narcotraffico e traffici illeciti con i pirati somali? 

Seppur traballante, la versione cubana è stata confermata dal governo nordcoreano: Pyongyang, non potendo più rivolgersi alla Russia (con cui ruppe nel 1990, quando l’URSS stabilì le prime relazioni diplomatiche con la Corea del Sud) può rivolgersi solo a Cuba per “lucidare” gli armamenti. 

Le preoccupazioni degli USA e le prime critiche a Obama

Se i dispositivi nucleari non c’entrano nulla in questa storia, lo chiariranno nei prossimi giorni i tecnici delle Nazioni Unite. Al momento, dalle prime ispezioni è emersa la presenza a bordo dell’SNR-75 “Fan Song”, una tipologia di radar che permette di intercettare i missili lanciati dal sistema di difesa aerea SA-2.  

Intanto, negli States gli analisti s’interrogano sui rischi corsi dall’America a poche centinaia di chilometri dalle sue coste, e c’è già chi accusa il presidente Obama di aver lasciato negli ultimi anni troppe libertà ai vicini cubani. Ma se il viaggio di ritorno del cargo nordcoreano è andato a monte, le spiegazioni sono due: o qualche gola profonda cubana ha fatto avere la notizia agli americani, che l’hanno poi girata alle dogane di Panama; oppure cubani e nordcoreani hanno detto qualche parola di troppo al telefono o via mail, e PRISM si è rivelato efficiente. Basterà agli americani per dormire sonni tranquilli?

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Rocco Bellantone