Zucchero Fornaciari
foto di Daniele Barraco
Musica

Zucchero: «Ho ancora un diavolo in me»

Il rapporto con il padre all'antica che ha visto solo un suo concerto. Quella volta che sono saliti sul palco per picchiarlo. Gli aneddoti con Eric Clapton e Mick Jagger. Il bluesman della Lunigiana si racconta a Panorama e annuncia: «Quest'estate torno a suonare dal vivo».

«Siamo tutti vittime del cool» dice Zucchero scherzando, ma non troppo mentre il sole del mattino avvolge la tenuta/fattoria dove vive in Lunigiana, da lui ribattezzata Lunisiana Soul in omaggio a uno dei suoi generi musicali di riferimento: «Tirarsela, apparire, sembrare a tutti i costi quello che non si è... Oggi gira così, ma non è questo il mondo che mi piace. Io, nato in campagna in una famiglia povera, sono cresciuto secondo le convinzioni per cui era meglio avere il frigorifero pieno piuttosto che l'abito griffato. Quando sono arrivati gli smartphone, ho resistito a lungo con il mio primo cellulare che sembrava un ferro da stiro. Anche con mio figlio ho adottato lo stesso atteggiamento, rifiutandomi di correre a comprare ogni nuova versione del telefono più trendy» racconta a pochi metri dallo studio di registrazione casalingo, una costruzione in legno in stile Mississippi dove è nato in pieno lockdown il nuovo album, Inacustico D.O.C. & More, un'intrigante rilettura in chiave unplugged del suo ultimo disco in studio e di alcune hit del passato.

Nelle strofe di Sarebbe questo il mondo torna la figura di suo padre: che rapporto ha avuto con lui?

Non c'era molta comunicazione tra noi. Era della generazione che aveva vissuto e patito la Seconda guerra mondiale, poco espansivo e completamente immerso nel suo mondo agreste. Un uomo tutto d'un pezzo, integro. Non beveva, non fumava, non andava al bar la sera come si usava allora nei paesini. Per molto tempo ha fatto un lavoro usurante: si arrampicava sulle impalcature dove erano stoccate forme pesantissime di Parmigiano Reggiano e le girava per farle stagionare: una volta cadde e tornò a casa con la testa tutta fasciata. Quando lo vidi ferito, svenni per lo spavento.

Ha mai assistito a un suo concerto?

Ne vide uno a Modena nel 1995, trascinato quasi a forza da mio fratello e mia madre. Era già molto malato... Qualche tempo prima venne intervistato da TeleReggio dopo il grande successo di Oro Incenso & Birra. Gli domandarono se fosse orgoglioso di quel che mi stava succedendo. Rispose con il suo stile: «Boh, speriamo che duri... In ogni caso non mi piace la sua musica, preferisco il valzer e la mazurka». Non riusciva proprio a essere diplomatico, era troppo diretto e sincero. Un aspetto del suo carattere che ho ereditato in pieno. Infatti, sono bravissimo nel passare dalla ragione al torto in meno di un secondo. Reagisco d'istinto davanti all'ipocrisia e a quelli che feriscono gratuitamente con le parole e gli atteggiamenti. Non riesco quasi mai a trattenermi.

Come quella volta all'hotel Cala di Volpe…

Era un evento privato pagato molto bene con un migliaio di persone. Vado sul palco e mi trovo davanti un tavolo con una signora russa che mi dà le spalle e parla al telefono. Lo show prosegue e lei continua a stare al telefono... A un certo punto, prima di Baila invito tutti ad alzarsi e a ballare, lei niente, resta seduta e continua la sua conversazione come se niente fosse. Inizio a incazzarmi, mi avvicinoe le chiedo: «Scusi signora potrebbe smettere di stare al cellulare mentre sto cantando?». Per tutta risposta mi mostra il dito medio. A quel punto, infuriato, inizio a inveire contro di lei come il massimo dei poeti (ride). E così sono passato dalla ragione al torto in un istante. Fu l'inizio di un delirio.

Com'è andata a finire?

Gli amici della signora, una decina, volevano salire sul palco a menarmi. Per fortuna le guardie del corpo li hanno rimessi a sedere. Un minuto dopo hanno cominciato a tirarmi pezzi d'arance e limoni. Io li schivavo come i proiettili nel Far West e rispondevo lanciando verso di loro le bottigliette di Gatorade che avevo sul palco. Il mattino dopo, ripensandoci, mi resi conto che avrei potuto starmene buono ed evitare tutto. Ma mentre scorreva questo pensiero e stavo andandomene dal Cala di Volpe per evitare di incontrare di nuovo quelli che la sera prima volevano mettermi le mani addosso, inizia a squillare il telefono: un tripudio di amici e giornalisti che mi dicono «Bravo, hai fatto bene, è stato il momento più divertente dell'estate». Ovviamente, qualcuno aveva ripreso tutto quanto e il video stava facendo il giro del mondo.

A proposito di giro del mondo, il suo World tour è slittato inesorabilmente al 2022. Come è stato congelare tutto a un passo dal debutto?

Deprimente. Cancellare in un attimo 150 concerti programmati da tempo non è stata una passeggiata (i 14 show all'Arena di Verona sono stati rimandati ad aprile/maggio 2022, ndr). Abbiamo smontato tutto e siamo andati a casa: ottanta persone impossibilitate a lavorare a tempo indeterminato... Devo dire che non mi è piaciuto il trattamento che il governo ha riservato a chi lavora nello spettacolo. Conosco centinaia di professionisti seri, tecnici, fonici, montatori di palchi che hanno dovuto cambiare mestiere. Non hanno ricevuto aiuti per troppo tempo, forse solo adesso qualcosa inizia a muoversi. Io ho cercato di mantenere la mia crew e i miei musicisti occupandomene personalmente. Ho l'impressione che la cultura, in generale, sia stata un po' trattata come l'ultima ruota del carro.

Ha qualche mini concerto in programma per questa estate?

Sto organizzando una serie di date in Europa in luoghi e festival particolari a capienza ridotta. In Francia, Spagna Svizzera e Austria. Per la prima volta mi esibirò in acustico insieme ad altri due musicisti. Una soluzione estemporanea dettata dalle esigenze della pandemia, che però mi permetterà di fare il mio mestiere e di non arrugginire troppo. Il 29 maggio del prossimo anno sarò invece alla Waldbuhne, una spendida arena-anfiteatro di Berlino. Prima mi esibirò io, poi, a seguire Eric Clapton. Finito il suo show suoneremo sicuramente qualcosa insieme.

Quando è iniziato il rapporto di amicizia e collaborazione con Clapton?

Ad Agrigento quando venne a vedermi con Lory Del Santo che allora era la sua compagna. Da lì in poi abbiamo suonato insieme tutte le volte che abbiamo potuto. Una volta, a Milano, un attimo prima che scendesse dal taxi dopo una serata a Brera, gli lasciai una cassetta con il provino di A Wonderful World. Non seppi niente per un mese. Mi ero convinto che il brano non gli fosse piaciuto. Poi, all'improvviso, mentre ero in hotel a Memphis, mi chiamano dalla reception dicendo che c'era un certo mister Clapton che voleva assolutamente parlarmi. Era lui: «Zucchero questo pezzo mi piace moltissimo, vieni a New York così posso aggiungere la mia parte». Nel pantheon dei suoi incontri con le icone della musica (Miles Davis, Ray Charles, B.B King) c'è anche una festa di compleanno di Mick Jagger.

Avete cantato insieme?

Sì, mi ha passato la chitarra e io mi sono messo a suonare l'unica canzone incisa in italiano dai Rolling Stones: Con le mie lacrime, versione italica di As tears go by. Si ricordava le parole e così abbiamo duettato. Subito dopo, mi ha chiesto: «Perché non fai Senza Madonna?». Voleva dire Senza una donna (ride). Anche quella l'abbiamo cantata insieme. Tutto si è svolto nella tenuta di un castello a Castagneto Carducci, in Toscana. Una gran bella serata iniziata con una delle mie solite battute, un secondo dopo essere arrivato: «Ciao Mick come stai? Ho sentito spesso parlare di te». Si è messo a ridere e mi ha risposto: «Ehi ciao, anch'io ho sentito parlare di te»

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Gianni Poglio