Francesco De Gregori, le cinque canzoni più politiche
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Francesco De Gregori, le cinque canzoni più politiche

Il cantautore esterna in un'intervista la sua disaffezione verso la politica. Noi abbiamo scelto fra i suoi brani i pezzi più "impegnati"

Non è passata inoserrvata l'intervista che Francesco De Gregori ha rilasciato al Corriere della Sera. Le risposte del cantautore non lasciano molti dubbi sulla sua disaffezione verso la politica e una sinistra che ormai, sono parole sue, "fatica a capire". Qui sotto, un breve estratto che condensa il significato delle parole del cantautore.

"Il mio interesse per la politica è molto scemato... La sinistra italiana? È un arco cangiante che va dall'idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del "politicamente corretto", una moda americana di trent'anni fa, e della "Costituzione più bella del mondo". Che si commuove per lo slow food e poi magari, "en passant", strizza l'occhio ai No Tav... Penso di non votare alle secondarie, si figuri se voterò alle primarie".

Nello sterminato repertorio di De Gregori abbiamo selezionato cinque canzoni che sono passate alla storia proprio per la valenza politica e sociale dei loro testi:

La storia siamo noi ("La storia siamo noi, siamo noi padri e figli, siamo noi, bella ciao, che partiamo")

Viva l'Italia ("Viva l'Italia, presa a tradimento, l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento")

Pablo ("Prima parlava strano ma io non lo capivo, però il fumo con lui lo dividevo e il padrone non sembrava poi cattivo. Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo".) 

San Lorenzo ("Cadevano le bombe a San Lorenzo e un uomo stava a guardare la sua mano viste dal Vaticano sembravano scintille, l'uomo raccoglie la sua mano e i morti sono mille. 

Generale ("Generale, la guerra è finita, il nemico è scappato, è vinto, è battuto, dietro la collina non c'è più nessuno...").

 

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Gianni Poglio