Modificare l'Italicum? Il grande dilemma di Matteo Renzi
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Modificare l'Italicum? Il grande dilemma di Matteo Renzi

Che cosa rischia il premier se introdurrà modifiche alla legge elettorale e cosa rischia se lascerà le cose inalterate

Lo hanno pregato di non dire più che se al referendum costituzionale dovessero vincere i No si dimetterà. E  lui, il premier, ha smesso di “aprire bocca”. Lo hanno scongiurato di cospargersi il capo di cenere e umiltà a ogni uscita pubblica e lui ha abbandonato il “lanciafiamme”. Gli hanno suggerito di non esacerbare i conflitti e lui, Matteo Renzi, si è trasformato in un campione di dialogo, aperto a qualsiasi ipotesi, dallo spacchettamento del quesito referendario alle modifiche alla legge elettorale.

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Renzi attendista
Matteo Renzi è entrato nella sua fase attendista, del genere “stiamo a vedere”. “Stiamo a vedere”, per esempio, se il Parlamento riesce a trovare i numeri per cambiare l'Italicum. “Quando siamo arrivati – ha detto al Corriere della Sera- non c'era una legge perché la Corte costituzionale aveva bocciato il Porcellum. Adesso questa legge c'è. Se il Parlamento è in grado di farne un'altra si accomodino”. Ma si tratta di una strategia davvero vincente? Quanto gli costerebbe dare il via libera a modifiche e quanto invece resistere a oltranza?


Riforma costituzionale e Italicum: legame indissolubile
Come più volte sottolineato, riforma costituzionale e legge elettorale sono indissolubilmente legate. La riforma costituzionale prevede infatti un nuovo Senato, non elettivo. L'Italicum è una legge elettorale che vale solo per la Camera dei Deputati. Quindi l'approvazione della riforma Boschi è necessaria al funzionamento della legge elettorale. In caso diverso ci si troverebbe a votare per una Camera con un sistema e per l'altra con un'altro sistema. Pertanto se salta la riforma costituzionale, salta anche l'Italicum. Motivo per cui il premier ha ultimamente aperto a eventuali modifiche all'Italicum ma a condizione che se ne parli dopo il referendum confermativo sulla legge costituzionale.

La sentenza della Consulta
Va inoltre ricordato che al 4 ottobre è fissata l'udienza della Consulta che dovrà esprimere un giudizio di costituzionalità sull'Italicum.

I punti in questione sono fondamentalmente due: i 100 capilista nominati direttamente dalle segreterie di partito, uno per ciascun collegio e con la possibilità di essere presentati fino a un massimo di 10 collegi (su cui però la Corte potrebbe sorvolare) e il premio di maggioranza. È questa una delle caratteristiche dell'Italicum su cui i giudici costituzionali potrebbero effettivamente aver da ridire. L'Italicum prevede infatti che il premio scatti al primo turno per il partito (la lista) che abbia raggiunto il 40% dei consensi o al secondo turno per la lista che, al ballottaggio, sia arrivata prima. Se al primo turno il problema non si pone, al secondo sì. Considerata l'alta percentuale di astensionismo registrata in questi ultimi anni, può infatti accadere che un partito che ottenga, mettiamo il caso, solo il 20% dei voti sul 40% di elettori che si sono recati ai seggi, ottenga una larghissima rappresentanza in Parlamento.


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Le eventuali modifiche: dalla liste alle coalizioni
Il fronte trasversale di partiti che oggi chiedono di modificare l'Italicum lo fanno proprio per non ritrovarsi completamente esclusi dalla distribuzione dei seggi. E sono soprattutto i partiti più piccoli (che per ottenere rappresentanza devono comunque superare la soglia del 3%) a fare pressioni perché il premio di maggioranza venga assegnato non alla singola lista ma alla coalizione. O direttamente al primo turno oppure riammettendo la possibilità di apparentamento tra liste al secondo turno. Questo anche per scongiurare un esito che, almeno a parole, Matteo Renzi mostra di non temere: la vittoria del M5S che, dopo la conquista delle principali città alle scorse amministrative, sembra avere il vento in poppa anche per arrivare al governo del Paese. 

Cosa rischia Renzi se non modifica l'Italicum
Ma può davvero permettersi di far finta di niente dal momento che tutti - dalla minoranza del suo partito agli alleati di governo fino a  una parte delle opposizion (Forza Italia) - intende condizionare il proprio “sì” al referendum costituzionale alla modifica dell'Italicum? Teoricamente ne avrebbe tutte le ragioni: intanto l'Italicum non è mai stato applicato e per giudicarlo bisognerebbe aspettare di osservarne gli effetti. Inoltre bisogna anche ricordare che è stato il Parlamento, addirittura con un voto di fiducia, a dare il suo via libera a una legge elettorale che aveva comunque affrontato un lungo percorso e lavorio nei suoi diversi passaggi tra le commissioni e le due Camere.

Cosa rischia se lo modifica
Piegarsi alla richiesta di apportare modifiche a una legge elettorale solo per il timore di trarne meno benefici di quanto ci si aspettasse solo fino a qualche tempo fa  rischia di esporre il presidente del Consiglio all'accusa di aver paura del futuro (una nemesi per lui) e di farsi così delegittimare, lui e il suo governo, dal Parlamento che, di fatto, gli toglierebbe così la fiducia. Il dilemma di Matteo Renzi, più che un dilemma, appare come una morsa che potrebbe finire per stritorarlo, lasciando il Paese senza una legge elettorale, senza una riforma costituzionale e con un futuro politico tutto da inventare.

A meno che non sia lui, e il suo governo, a proporre le eventuali modifiche e a impegnarsi a trovare una maggioranza che le approvi. Al momento Renzi sembra voler rimandare ogni decisione. Ma se non vuole finire vittima di un logoramento che appare già in atto, dovrà prima o poi, rinunciare alla linea attendista adottata ultimamente e dimostrare di aver le idee chiare suo suo futuro, quello delle sue leggi, del suo governo e, in definitiva, del Paese.

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Claudia Daconto