Una mini Leopolda per tirare le orecchie ai big del PD
Andrea Baldini
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Una mini Leopolda per tirare le orecchie ai big del PD

Anche Matteo Renzi e Gianni Cuperlo all'iniziativa del 7 e 8 dicembre organizzata dai Giovani Democratici

I più giovani compiranno 20 anni nel 2020, i più “anziani” sono stati iscritti ai DS ma senza mai essere riusciti a votarli per via delle varie alleanze che si sono succedute dal 2005 fino alla nascita del PD. Sono i GD, i Giovani Democratici, e hanno deciso di tirare le orecchie ai loro compagni più grandi. Come? Chiamandoli a rapporto il 7 e 8 dicembre prossimi a Roma con l'iniziativa Factory365. Una sorta di piccola Leopolda, ma nemmeno tanto miny visto che le adesioni aumentano di giorno in giorno, che i tavoli di discussione saranno ben 60 e che Matteo Renzi ha già confermato la sua presenza. Slogan dell'iniziativa: “Stacci!”. Detto un po' a tutti, sia a quelli che sabato 25 ottobre erano a Firenze con il segretario per la quinta edizione della Leopolda (quella governativa), sia a quelli scesi in piazza a Roma con la Cgil contro il Jobs Act.

“Se continua così verrà una delle cose più belle organizzate da tutto il partito quest'anno” dice a Panorama.it un orgoglioso Andrea Baldini, presidente 28enne della giovanile democratica raccontando la genesi dell'iniziativa nata proprio all'indomani di quel 25 ottobre. “Quel weekend è stato brutto perché abbiamo visto un pezzo del nostro popolo contrapposto ad un altro pezzo del nostro popolo in una polemica continua finalizzata al posizionamento interno. Ecco, quella non serve proprio. Per questo abbiamo lanciato questa iniziativa, per rimettere al centro tutto il Pd, perché ci hanno insegnato che a sinistra si fa così”.

Chiediamo a Baldini se non pensa che sarebbe stato molto peggio vedere il partito tutto schierato con la Camusso o in massa alla Leopolda di Renzi. “Ma figurati! Non siamo mica per il pensiero unico, né stiamo dicendo al partito un generico "volemose bene". Abbiamo paura però che dietro a tutte queste iniziative, più che la voglia di dare un contributo politico, ci sia il tentativo di costruire soggetti "esterni" al Pd che si ritrovano nel partito solamente nelle direzioni o nelle assemblee. A danno del vero confronto e con il rischio chele decisioni prese da quegli organismi poi non vengano rispettate. Ecco, per noi non può funzionare così”.

Un avvertimento che è insieme anche un grido di dolore per ferite che ancora non si sono rimarginate e che rischiano di riaprirsi a maggior ragione oggi che si torna a parlare di scissione. Come quella per la vicenda dei famosi “101”, i franchi tiratori dem che impallinarono Romano Prodi sulla via per il Quirinale. Già dopo quel fatto e la successiva formazione del governo delle larghe intese di Enrico Letta con il Pdl (prima che risorgesse FI e Silvio Berlusconi decidesse di uscire dalla maggioranza) era nato un movimento interno al Pd molto critico nei confronti dell'allora classe dirigente. Si chiamava OccupyPd e Baldini lo ricorda come “un movimento generatosi da un malessere per come era andata la vicenda dell'elezione del capo dello Stato; in quei giorni sembrava proprio di assistere in diretta alla dissoluzione di un partito, fatta di scelte discutibili, scarsa lucidità della classe dirigente, tanta ipocrisia. Non vogliamo più assistere a quel film, che ha qualche scena in comune con quello del 25 ottobre. Con la Factory vogliamo dare una mano perché cose così non capitino più”.

Peccato solo che finora l'unico big della minoranza ad aver aderito alla Leopoldina (Baldini giura di non offendersi se la chiamiamo così) sia stato Gianni Cuperlo. Fassina e Civati ce l'hanno con voi? Cosa gli avete fatto di male? “Mannò, nulla di male! Cuperlo ha accettato da qualche giorno, ci fosse pure Civati sarebbe per noi il massimo risultato possibile”. Pippo batti un colpo? “Guarda, non ci vedo nessuna dietrologia. La loro agenda è sempre molto fitta, e la data è complicata”. Però Renzi ha detto subito di sì, e la sua agenda forse è anche più complicata di quella di Fassina... “Renzi lo abbiamo invitato direttamente. Alla penultima direzione che abbiamo fatto sono andato verso la presidenza per chiedergli di venire. Mi ha detto subito di sì, e l'ho visto anche contento. Del resto è il compleanno della sua elezione a segretario, non poteva mancare”. Per questo voi giovani democratici siete diventati quasi tutti turbo-renziani? “Ora il problema sta nella parola "turbo": qui o sei un turbo-renziano o un turbo-antirenziano o non sei nulla. Mettiamola così, la logica del tifo non ci appartiene”.

Eppure, almeno fino a un po' di tempo fa, non erano in pochi, tra le leve giovanili del partito, a sognare un futuro da grande dirigente studiando allo specchio gli atteggiamenti e il linguaggio di Massimo D'Alema per imparare a muoversi e a parlare come lui. “La logica dell'infatuazione per il leader è un elemento che c'è sempre stato. Pensa che mio padre mi raccontava che all'epoca di Berlinguer qualche compagno della sua sezione interveniva nei dibattiti con l'accento sardo. Ad ogni modo, D'Alema incarnava un'idea di partito con la quale in tanti siamo cresciuti, me compreso. Forse, visto quello che è successo negli scorsi anni, qualche domanda ce la dobbiamo fare tutti, cercando di capire cosa non è andato in una determinata cultura politica, e capire come rinnovarla”.

D'Alema alla Factory non ci sarà, Renzi sì. Cosa vi aspettate da lui? “Che colga il senso dell'iniziativa, in cui non ci sono suoi sostenitori, ma c'è la sua comunità, che è una cosa un po' diversa”. Cosa gli direte? “Continua ad andare forte, ma fatti aiutare nella guida che qualche consiglio ti fa bene”. E a Cuperlo? “A lui e alla minoranza che non è ora di scendere dalla macchina, piuttosto si sforzino di dare un contributo per farla correre meglio invece di volerla sfasciare”. Il Jobs Act sanerà la piaga della disoccupazione giovanile? “Incentivare i contratti a tempo indeterminato mi sembra una cosa positiva. L'obiettivo di rompere una dinamica che rendeva la nostra una generazione precaria è un obiettivo valido”. Un'ultima domanda, tra Boschi, Madia e Moretti, per i Giovani democratici chi è la più ladylike? “I fan della Boschi sono tantissimi, ma dato che il termine l'ha usato per prima la Moretti, lo dedichiamo a lei”.

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Claudia Daconto