Messico: che fine ha fatto “El Chapo” Guzman?
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Messico: che fine ha fatto “El Chapo” Guzman?

Il capo del narcotraffico, la cui fuga è stata favorita da alcuni agenti corrotti, si sarebbe rifugiato a Sinaloa, dove detta legge il suo cartello

Per Lookout news

Continua ad aumentare il numero dei complici che dall’interno del carcere di massima sicurezza Altiplano di Almoloya de Juárez, hanno favorito lo scorso 11 luglio la fuga di Joaquin “El Chapo” Guzman, capo del potente cartello della droga messicano di Sinaloa.

 Questa volta a finire sotto accusa sono stati due agenti dei servizi segreti messicani che lavoravano all’interno della struttura detentiva. Insieme a loro sono state accusate anche due guardie penitenziarie, di turno nella sala di monitoraggio del carcere nel momento in cui il boss è scomparso nel nulla dopo essere entrato nella doccia della sua cella. Secondo il giudice messicano che sta seguendo il caso, le guardie non avrebbero attivato il codice rosso quando Guzman è sparito dagli obiettivi delle telecamere, nonostante i sistemi di allerta fossero perfettamente funzionanti.

Dalle indagini, seppur lentamente, sta dunque emergendo ciò che in molti temevano, vale a dire un capillare sistema di corruzione che vede coinvolti sempre più agenti delle forze di sicurezza messicane. La fuga spettacolare di Guzman sta mettendo inevitabilmente in imbarazzo il governo del presidente Enrique Peña Nieto, il quale in questi suoi primi tre anni di mandato ha sempre posto in cima alle priorità del suo esecutivo la sicurezza del Paese e la lotta al narcotraffico. La sfiducia nei suoi confronti è in netta crescita. Secondo un sondaggio pubblicato a luglio sul giornale Reforma, l’88% dei messicani ritiene che l’evasione del Chapo sia stata possibile perché il cartello di Sinaloa ha corrotto le guardie del carcere, mentre il 65% punta il dito contro l’incompetenza delle autorità messicane, colpevoli di aver lasciato fuggire per la seconda volta Guzman nell’arco degli ultimi quattordici anni. La quasi totalità degli intervistati sostiene invece che, alla luce di quanto accaduto lo scorso luglio, il governo messicano avrebbe fatto meglio ad accettare la richiesta di estradizione presentata dagli Stati Uniti, consegnando a Washington un criminale che, come hanno dimostrato i fatti, non è in grado di controllare.

Impietosi anche i risultati di un altro sondaggio condotto a inizio agosto da Parametría e citato da El País. Il 77% degli intervistati accusa di corruzione gli agenti penitenziari, mentre solo il 17% crede che sia stata un’operazione organizzata in proprio dal cartello di Sinaloa. Le risposte più preoccupanti sono però altre tre: quattro messicani su dieci credono che la versione del tunnel di 1,5 chilometri, utilizzato da Guzman per fuggire, sia solo una bufala nonostante le foto diffuse dalla polizia; il 40% dice che riacciuffare El Chapo sarebbe inutile perché ormai non c’è più fiducia né nelle forze di sicurezza né nel sistema giudiziario; infine, il 17% dichiara di avere una buona opinione del boss e di essere affascinato dalle sue “imprese”.

 Messo alle strette dall’opinione pubblica, il governo di Nieto può sperare di recuperare credibilità solo catturando Guzman. Difficile credere che si trovi realmente in Costa Rica, come lascerebbe immaginare una foto postata su Twitter il 31 agosto da suo figlio Joaquin Archivaldo Guzman Loera. Più probabile invece, sostengono i vertici della DEA (Agenzia federale antidroga statunitense) che su di lui hanno posto una taglia di cinque milioni di dollari, che El Chapo sia tornato a La Tuna, il piccolo villaggio in cui è nato, arrampicato sulle montagne di Sinaloa. Un’area impervia, difficilmente penetrabile e con nascondigli sicuri, simile per diversi aspetti alle montagne di Tora Bora al confine tra Afghanistan e Pakistan, dove per anni si sono dati alla macchia Bin Laden e molti leader talebani.

L’ultima volta che è stato arrestato nel febbraio del 2014, Guzman era fuggito da un appartamento a Culiacan, capitale dello Stato di Sinaloa, dileguandosi nelle fogne prima di essere fermato a Mazatlan. La nostalgia del Pacifico e delle sue due figlie gemelle gli era costata caro. Questa volta, però, potrebbe non commettere più lo stesso errore.

Così è fuggito El Chapo, il re dei narcos - Foto e video

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Manifestazione a favore del narcotrafficante a Sinaloa, sede del cartello

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Rocco Bellantone