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Il governo punta sulle banche: tassa sui buyback e stop alle agevolazioni fiscali

Il governo punta sulle banche: tassa sui buyback e stop alle agevolazioni fiscali

Tassa sui buyback e Dta congelate: il governo guarda ancora alle banche per coprire i buchi di bilancio, ma il rischio boomerang è alto

Per il terzo anno consecutivo, Palazzo Chigi guarda alle banche come al bancomat nazionale. Un tempo erano accusate di strozzare famiglie e imprese, oggi sono diventate il salvadanaio per tappare i buchi della legge di bilancio. Un «pizzicotto», lo ha definito Giancarlo Giorgetti dal palco del Meeting di Rimini. Ma adesso il pizzicotto rischia di lasciare il segno.

L’idea che circola nei corridoi del Tesoro è una tassa sui buyback, quei riacquisti di azioni proprie con cui gli istituti di credito fanno sorridere gli azionisti perché sostengono le quotazioni. Non sarebbe la sola misura: resta infatti congelata per un altro anno – il terzo di fila – la partita delle Dta, le imposte differite attive convertibili in crediti fiscali, con cui il governo conta di incassare circa 4 miliardi tra il 2025 e il 2026.

La reazione della Borsa e il timore degli investitori

La Borsa ha colto subito l’antifona. I titoli bancari hanno frenato, dopo giorni di alta tensione dovuti anche all’instabilità politica francese. Monte dei Paschi e Intesa perdono un modesto 0,2%, Unicredit mezzo punto: niente tragedie, ma il segnale è chiaro. Gli investitori non amano sorprese fiscali, anche se, va detto, una tassa sui buyback non potrebbe restare confinata alle banche: per non sembrare discriminatoria dovrebbe estendersi a tutte le società quotate. Ed è proprio questa incognita che rende lo scenario meno drammatico di quanto si possa immaginare.

Profitti record e logiche politiche

Del resto, i margini oggi ci sono. I bilanci bancari sono stati ripuliti dai vecchi crediti marci, la stretta della Bce ha gonfiato gli utili e i profitti sono finiti generosamente nelle tasche degli azionisti, tra dividendi e riacquisti. Da inizio anno i titoli hanno corso: Unicredit, per esempio, ha guadagnato oltre l’80%. È logico che al Tesoro qualcuno pensi che il tempo dei sacrifici possa toccare anche a chi ha beneficiato di più dalla congiuntura. Una tassa sui buyback, insomma, si vende bene anche in campagna elettorale: si colpiscono i ricchi azionisti e si liberano risorse da destinare al ceto medio, magari alla vigilia delle regionali.

Il rischio boomerang

Il rischio, però, è che il prelievo si trasformi in un boomerang. Penalizzare i buyback potrebbe scoraggiare gli investitori, frenando le performance a Piazza Affari proprio nel momento in cui il listino milanese sembrava tornato competitivo in Europa. E per compensare, le banche dovrebbero alzare ulteriormente dividendi e programmi di riacquisto, neutralizzando di fatto l’effetto del prelievo. Un gioco a somma zero. Non a caso si ipotizza qualche forma di contropartita: nuove garanzie Sace, sostegni ai mutui o incentivi al credito. Misure utili alle famiglie e alle imprese e, soprattutto, presentabili come prova di buona volontà da parte del governo.

Il via libera delle banche e le mosse politiche

Non sarà facile. Servirà il via libera dell’Abi e un compromesso con la “Confindustria delle banche”. Intanto Matteo Salvini getta benzina sul fuoco: «Soggetti economici che nel 2024 hanno guadagnato 46 miliardi possono dare un contributo alla crescita del Paese e delle famiglie». Tradotto: le banche hanno fatto cassa, ora tocca a loro restituire qualcosa.

Cosa fanno gli altri Paesi

Peccato che nel resto d’Europa lo spartito sia diverso. In Francia la tassa sui buyback è stata portata all’8%, ma Oltre Reno non ci pensano nemmeno: in Germania vige la regola generale, nessuna misura specifica. In Spagna la tassa sulle transazioni finanziarie è appena dello 0,2%, ma non si applica ai riacquisti destinati a riduzione del capitale. In Irlanda c’è l’imposta di bollo dell’1%. Negli Stati Uniti, patria dei buyback, il prelievo è solo dell’1% e non tocca i piani riservati ai dipendenti. Solo l’Italia insiste nel fare della banca il bancomat di Stato, per tappare ogni buco di bilancio.

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