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L'ultima intervista a Bashar Al Assad

Intervistato da Der Spiegel, il Presidente siriano racconta la "sua" guerra

Il settimanale tedesco Der Spiegel ha pubblicato un'interessantissima intervista rilasciata dal Presidente siriano Bashar Al Assad in persona, di cui Panorama.it ripropone i punti più interessanti.

L'intervista è molto lunga, e aiuta a capire quale sia il vero punto di vista del leader dittatore sulla guerra civile, sul suo futuro come guida del paese, sugli Stati Uniti, al-Qaeda e il terrorismo, e le armi chimiche.

Spiegel: Signor Presidente, lei ama il suo paese?

Assad: E' una domanda semplice e scontata. Certo che lo amo. E' umano amare la terra in cui si è nati. […] Quando si ricopre un incarico importante, bisogna anche riflettere su ciò che si può fare per il proprio paese. Lo si vede nei momenti di crisi. Oggi, in una fase in cui devo proteggere la nazione, mi rendo conto di quanto la ami.

S: Se fosse un vero patriota, farebbe forse un passo indietro per permettere a un governo ad interim di negoziare il cessate il fuoco con l'opposizione armata.

A: Sarà il popolo siriano a decidere il mio destino. Nessun partito può decidere su questo punto […]

S: Pensa di essere pronto per affrontare una consultazione elettorale?

A: Il mio secondo mandato si chiude ad agosto. Due mesi prima ci saranno le elezioni presidenziali. Non posso decidere adesso se mi candiderò oppure no. […] Se mi renderò conto che il popolo non è più dalla mia parte, non lo farò.

S: Davvero sta considerando l'ipotesi di ritirarsi?

A: Indipendentemente dal fatto che io sia o non sia un leader di larghe vedute, ogni decisione è in mano al popolo. Questo è il loro paese, non solo il mio.

S: Ma il popolo si sta ribellando contro di lei, contro la corruzione e il dispotismo. Chiede una vera democrazia, e l'opposizione ritiene sarà possibile averla solo quado lei se ne sarà andato.

A: […] Quando parla di opposizione dovrebbe soffermarsi a valutare chi rappresentano questi gruppi, loro stessi o il paese? […] Parliamoci chiaro, questo conflitto è stato portato in Siria dall'estero. Queste persone vivono all'estero, in alberghi a cinque stelle, ci sono paesi (Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Arabia Saudita e Qatar, ndt) che indicano loro come comportarsi, ma non hanno nessun legame con la Siria. […]

A: Il Presidente degli Stati Uniti dovrebbe limitarsi a parlare del suo paese, non ha alcun diritto di giudicare la Siria, ne' dovrebbe permettersi di indicare ai siriani come dovrebbe essere il loro presidente. […] In più le sue parole non valgono niente. Ripete ormai da un anno e mezzo che il presidente se ne deve andare, e non è ancora cambiato nulla.

S: Dal nostro punto di vista sembra che sia lei a ignorare la realtà. Se facesse un passo indietro risparmierebbe moltissime sofferenze al suo popolo.

A: Il nostro problema non è il presidente, ma la strage di innocenti, le esplosioni e gli atti di terrorismo che al-Qaeda sta mettendo a segno nel paese.

S: Presidente ma il suo esercito e i suoi servizi segreti sono tra i responsabili di questa tragedia, quindi la responsabilità è sua.

A: […] Sono stati commessi degli errori, ma abbiamo cambiato la costituzione per andare incontro alle esigenze del popolo. Allo stesso tempo non possiamo permetterci di non affrontare le minacce di terrorismo.

Il giornalista di Der Spiegel continua a fare riferimento ai dettagli più drammatici della Guerra civile siriana, che il Presidente continua a giustificare come "errori umani" commessi per difendere la nazione dal terrorismo. Aggiungendo, poi, che le notizie riportate dall'estero spesso sono false perché "solo i siriani possono raccontare quello che sta veramente succedendo all'interno del paese, i reporter stranieri non sono in grado di capirlo".

S: La legittimità di un presidente non dipende dalle sue dichiarazioni ma dai suoi atti. Usando armi chimiche contro il suo stesso popolo ha perso ogni legittimità di mantenere il suo incarico.

A: Non abbiamo usato armi chimiche. [...] Mi dipingete come un uomo che uccide la propria gente. Ho contro di me Stati Uniti, l'Occidente, i paesi arabi ricchi, la Turchia, e cosa faccio? Uccido la mia gente che ancora mi sostiene? Vi sembro forse Superman? No, non lo sono. Secondo voi come faccio ad essere ancora al potere dopo due anni e mezzo? Perché i siriani sostengono me, il governo e lo stato. [...]

S: E' irritante rendersi conto che l'Occidente abbia un'opinione completamente diversa su quello che sta succedendo in Siria?

A: Voi arrivate sempre tardi quando si tratta di capire la realtà dei fatti. Quando noi parlavamo di proteste violente, voi raccontavate di manifestazioni pacifiche. Quando abbiamo iniziato a parlare di estremismo, avete sottolineato la presenza si "qualche" militante. [...]. In più, le dico con franchezza che negli ultimi dieci anni l'Occidente non ha fatto altro che sostenere al-Qaeda. Magari non era questa la vostra intenzione, ma è quello che è successo. E' per questo che oggi ci ritroviamo al-Quaeda nel nostro paese, con combattenti che arrivano da decine di paesi diversi. [...]

S: Pensa di avere ancora qualche opportunità di vincere questa guerra?

A: Anche se non ne avessi, non potrei far altro che continuare a combattere per difendere il paese. [...]

S: Pensa di non aver bisogno dell'Occidente?

A: Certo che ne ho bisogno, ma non in alternativa ai siriani o ai nostri veri alleati, come i russi. La Russia ha capito molto bene quello che sta succedendo qui. [...] Ed è molto più indipendente dell'Europa, che è troppo influenzata dalle dinamiche americane.

S: I russi prendono in considerazione soltanto i loro interessi strategici.

A: Ne può discutere con Vladimir Putin. Ma mi lasci aggiungere che molti europei, attraverso canali alternativi, sono venuti qui per farci sapere che condividevano la nostra posizione e il nostro punto di vista, ma che non potevano dirlo ad alta voce. [...]

S: Visto il caos in cui si trova il paese oggi, ritiene che gli arsenali di armi chimiche siano al sicuro?

A: Certo, completamente sotto controllo. [...]

S: Lo stesso vale per i depositi di armi biologiche? [...]

A: Sono informazioni riservate, di cui non si parla mai. E guardi che questa non  una conferma sul fatto che le possediamo.

S: Non si rende conto che la comunità internazionale teme che queste armi di distruzione di massa possano finire nelle mani dei terroristi?

A: La situazione non è così brutta come scrivono i giornali e come dice l'Occidente. Non c'è motivo di preoccuparsi.

S: In base alle informazioni di cui disponiamo, l'opposizione armata controlla almeno il 40 per cento del paese, e altre stime ritengono sia riuscita ad estendersi sui due terzi del territorio.

A: Si tratta di esagerazioni. Il 60 per cento della Siria è deserto, e chi vive nel deserto? Nessuno. nel resto del paese non sono riusciti a ottenere il controllo assoluto di nessuna area. [...]

S: La brutalità di questo conflitto ha trasformato un quarto della popolazione, circa sei milioni di persone, in rifugiati.

A: Non abbiamo numeri precisi. Anche parlare di 4 milioni potrebbe essere esagerato perché molti siriani si sono trasferiti all'interno del paese senza notificare il loro spostamento.

S: Sembra quasi stia parlando di tasse più che di una catastrofe umanitaria. [...] La fuga dei rifugiati dipende soltanto da lei e dal suo regime.

A: Mi scusi, la sua è una domanda o un'affermazione? Se è un'affermazione, è sbagliata. Se è una domanda, si è chiesto perché queste persone stanno scappando? Le ragioni sono più di una. E una di queste è legata alla forte minaccia terroristica. [...] Quando si verificano crisi come questa, [...] bisogna essere realisti e rendersi conto ci vorrà del tempo per risolvere tutti i problemi. Ecco perché non ci resta che credere nella vittoria. [...] Vittoria significa stabilità. Anzitutto dobbiamo liberarci dei terroristi. Poi, cosa ancora più pericolosa, dovremo liberarci della loro ideologia, che si è già infiltrata in molte parti della Siria. E' inammissibile che un ragazzino di otto anni provi a decapitare qualcuno, come è successo al nord. O che i bambini guardino le immagini relativa alle decapitazioni con gioia, come se stessero seguendo un incontro di calcio. Se non risolveremo questo problema, che è molto più grave della minaccia terroristica in sé, ci attenderà presto futuro ancora più nero.

S: Pensa sia ancora possibile riportare la Siria alla situazione precedente alla guerra civile?

A: Dal punto di vista della stabilità sicuramente sì. Se fermiamo tutti quei miliardi che Arabia Saudita e Qatar inviano regolarmente ai terroristi ed eliminiamo il supporto logistico garantito loro dalla Turchia, torneremo alla normalità in un paio di mesi.

S: Pensa sia possibile trovare una soluzione attraverso un negoziato?

A: Con i militanti? No. L'opposizione politica non può avere il suo esercito. Negozieremo con chiunque si mostrerà disponibile ad abbassare le armi per tornare alla normalità. [...] Il problema non sono io ma la Siria. La situazione del paese mi preoccupa e mi rende triste. [...] Non sono preoccupato per me.

S: Non pensa potrebbe fare la stessa fine del Presidente rumeno Ceausescu, che dopo un processo lampo venne ucciso dai suoi stessi soldati?

A: Se avessi paura di questo, avrei lasciato la Siria molto tempo fa.

S: Presidente, grazie per averci concesso questa intervista.

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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