Perché difendo la mamma di Loris
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Perché difendo la mamma di Loris

Veronica Panarello è l'assassina del figlio? Gli indizi ci sono e la inchiodano. Mancano il movente e una prova diretta, e rimangono alcuni dubbi, quindi attenzione alla giustizia sommaria


Veronica Panarello ha passato la prima notte in carcere dentro una cella di isolamento, guardata a vista. Quando è arrivata con la macchina della polizia davanti al portone del penitenziario di piazza Lanza ha trovato un centinaio di persone che la attendevano per urlarle «assassina, assassina, devi morire». Uno spettacolo non degno di un paese civile.

Forse bisogna ricordare a tutti la fase specifica delle indagini. Non siamo alla fine di un processo dove le prove sono state valutate con attenzione dai giudici che hanno emesso la sentenza di condanna per poi confinare l’assassina dietro le sbarre. No, siamo soltanto all’inizio. Veronica Panarello è accusata di aver ucciso il suo bambino di otto anni. Contro di lei al momento è stato emesso un decreto di fermo, solido, circostanziato, supportato da indizi pesanti, ma non siamo neppure arrivati davanti al primo giudice, che verrà a chiamato a convalidare il provvedimento di fermo.

Calma e sangue freddo

Quindi, calma e sangue freddo. Rispetto per il lavoro degli inquirenti, ma rispetto anche e soprattutto per una donna la cui colpevolezza è tutta da dimostrare. Veronica Panarello prima di finire in carcere si è sottoposta all’interrogatorio e per quasi cinque ore ha risposto alle domande del procuratore capo di Ragusa, Carmelo Petralia, e del sostituto Marco Rota. La mamma di Loris ha respinto le accuse e si è dichiarata innocente: «Non l’ho ucciso io, era il mio bambino».

È lei l’assassina? Non lo sappiamo, e fino alla sua eventuale confessione non abbiamo la prova unica, certa, diretta. Questo non significa che manchino le prove contro di lei. E fanno bene gli inquirenti a non concederle nulla e continuare a scavare nelle sue contraddizioni alla ricerca della verità. Ma noi della stampa le dobbiamo concedere il beneficio del dubbio, noi dobbiamo fare uno sforzo, in questo caso disumano, per far ricorso all’ultima goccia di garantismo che sta sul fondo del nostro barile, per darle una chance, per non crocifiggerla prima che la sentenza sia stata emessa.


Giustizia sommaria

Fino a quel momento Veronica Panarello va protetta contro la giustizia sommaria di piazza, che scaglia pietre senza neppure aprire gli occhi. Anche perché molti sono ancora i punti da chiarire in questa indagine. A cominciare dal movente. Perché Veronica Panarello avrebbe ucciso il figlio Loris? Il motivo va individuato e specificato. Perché qui non siamo di fronte alla mamma che uccide il figlio in preda alla furia cieca, rabbia, disperazione. Qui siamo di fronte a un storia totalmente diversa, per nulla accostabile al caso di Cogne. Qui, se avessero ragione gli investigatori, siamo di fronte all’assassino che prende un paio di fascette, le stringe al collo del bambino, lo uccide, poi gli abbassa i pantaloni, gli toglie le mutandine, lo riveste e lo va a buttare in un canalone, per depistare e far pensare che il tutto sia opera di un orco. Non un delitto di impeto, dunque, ma qualcosa di più vicino a un omicidio premeditato. E se fosse stata lei, allora qualcuno ci deve spiegare perché lo avrebbe fatto.

Nell’attesa di conoscere i dettagli dell’inchiesta vorremmo almeno trovare le risposte a questa due domande: Chi ha messo le mutandine simili a quelle di Loris sul marciapiede accanto alla scuola? È stata la mamma? Impossibile. È opera di uno squinternato? Probabile, ma difficile.

Da ultimo, che fine ha fatto la violenza sessuale di cui si era parlato nei primi giorni successivi al delitto?

 

 

Ansa
ANSA/ Marco Costantino

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Carmelo Abbate