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Mal di pancia da stress? 7 cose da sapere

Gastrite, reflusso gastroesofageo, intestino irritabile sono disturbi diffusissimi che spesso hanno cause "sociali". Ecco le risposte ai dubbi più comuni

Bruciori, gonfiori, dolori. Queste sensazioni vi sono familiari? Se avete difficoltà a digerire, o soffrite di reflusso gastroesofageo o intestino irritabile siete in buona compagnia con milioni di altri italiani. La componente psicologica ha innegabilmente un ruolo in questi disturbi, che infatti spesso si associano genericamente allo stress. Panorama.it ne ha parlato con Massimo Bellini, gastroenterologo, consigliere nazionale dell'Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti Ospedalieri (AIGO). Ecco cosa ha risposto alle nostre domande.

Quali disturbi digestivi possono essere legati allo stress?

Lo stress di per sé non è negativo, è una risposta di adattamento a un evento stressante. Non è niente di più che una reazione a uno stimolo. Quando però supera la capacità dell'individuo di adattarsi, allora diventa una risposta negativa e sono quelle volte in cui diciamo: sono stressato. La risposta non è più fisiologica ma scorretta. Io dico sempre ai pazienti: lo stress è come la benzina sul fuoco. Le persone sono abituate a pensare che disturbi come l'intestino irritabile, la gastrite, il reflusso o la dispepsia, cioè la difficoltà a digerire, siano o tutti nella testa o tutti nella pancia. Invece la verità sta nel mezzo: intestino e cervello si influenzano a vicenda. Lo stress agisce a livello cerebrale e va a riverberarsi sull'intestino e sul microbiota intestinale. Ci sono un chilo e mezzo di batteri nel nostro intestino, nel corpo abbiamo più batteri che cellule, in pratica siamo noi gli ospiti, non loro. Questi batteri hanno un ruolo cruciale perché producono sostanze come la serotonina, le vitamine e una serie di neuromediatori che agiscono sull'umore. Lo stress modula la produzione di queste sostanze.

Su quali altri apparati può incidere lo stress?

I pazienti che hanno un intestino irritabile somatizzano più frequentemente sull'intestino, ma ognuno ha dei target diversi, ed è difficile capire perché. Ci sono poi casi in cui i disturbi sono molteplici. Abbiamo pazienti che hanno il reflusso, digeriscono male, ma soffrono anche di fibromialgia, quindi una malattia di tipo reumatologico, e poi si scopre che hanno anche l'intestino irritabile. Deficit o alterazioni nella produzione di alcune sostanze possono risultare in disturbi funzionali di vario tipo.

Come si fa a capire se il disturbo è effettivamente dovuto a stress?

Questa è la domanda da un milione di dollari. E' più immediato fare una diagnosi di un tumore del colon che di un intestino irritabile. Quello che è funzionale non ha un marcatore, non c'è una massa visibile come nel tumore, o alterazioni evidenti nei valori ematici come nell'epatite. Ci dobbiamo basare sull'anamnesi, chiedere al paziente se i disturbi ci sono anche la notte, se si accentuano in risposta a eventi stressogeni e all'ansia, se durano da molti anni. Una diagnosi per esclusione richiederebbe moltissimi esami strumentali ed ematochimici per intestino irritabile, in tempi in cui si ragiona di appropriatezza delle cure non è un percorso praticabile. Ci aiutano a fare la diagnosi di disturbo funzionale, legato a problemi di carattere psicologico, la giovane età e l'assenza di segnali di ?allarme?, come il dimagrimento, la presenza di sangue nelle feci o di dolore notturno.
La verità è che siamo ancora ignoranti in materia. Noi diciamo che per questo tipo di disturbi non esistono marcatori, in verità noi non li conosciamo. Se potessimo fare un dosaggio accurato dei neuromediatori probabilmente troveremmo delle alterazioni. Per il momento non siamo in grado di eseguire in tutti i possibili pazienti analisi così raffinate e costose e definiamo i disturbi più grossolanamente.

Quali contromisure si possono adottare?

Prima di tutto occorre individuare le cause di stress e capire se certe patologie e sintomi come la diarrea o il mal di stomaco sono aggravati da eventi stressanti. Lo stress in alcuni provoca anche un cambiamento della dieta: cibo consolatorio, cioccolata, abbuffate notturne. Bisogna intervenire su queste abitudini di vita scorrette. Il vero problema è che spesso i pazienti non vogliono sentir parlare di disturbi di tipo psicologico, vogliono spiegazioni di tipo organico. Quindi il passo ancora precedente consiste nel far accettare al paziente che la gran parte dei sintomi è legata a questa alterazione della sua percezione. Poi si può lavorare con tecniche di rilassamento, terapia cognitivo-comportamentale, training autogeno, psicoterapia per individuare le cause, che a volte affondano le radici in conflitti irrisolti.
La terapia è spesso composita, non esiste il proiettile magico che da solo cura il disturbo. Se i problemi di natura psicologica lo richiedono si può arrivare alla prescrizione di ansiolitici e antidepressivi. Per quanto riguarda la cura dei sintomi, prima di arrivare al farmaco o in contemporanea con esso, c'è la terapia dietetica.

Come deve cambiare la dieta in chi soffre di questi disturbi?

Ci sono evidenze che una dieta a basso contenuto di FODMAPs, una sigla che individua un'ampia categoria di carboidrati fermentabili, aiuta molto chi ha problemi di intestino irritabile e gonfiore addominale. In pratica si eliminano dalla dieta inizialmente un sacco di alimenti, dai cereali contenenti glutine al latte e al miele, da alcuni tipi di frutta come ciliegie, mele, pere, prugne, a ortaggi come il cavolfiore, la cicoria le rape rosse, e poi i legumi. Dopo un periodo di dieta si cominciano gradualmente a reintrodurre alcuni alimenti per capire quali sono i reali colpevoli, perché non possono esserlo tutti. Il gastroenterologo si fa aiutare da un nutrizionista esperto perché la dieta va fatta con cura e precisione. A chi ha problemi di reflusso diciamo di stare attenti ai grassi e a tè, caffè, coca cola, menta, cioccolata, superalcolici e spezie.

E ora veniamo ai farmaci: ogni disturbo ha il suo...

Per il reflusso diamo degli antiacidi o gli inibitori della pompa protonica, che bloccano la secrezione acida. Il reflusso di fatto è causato da un rilasciamento non appropriato del cardias, una valvola che sta tra esofago e stomaco, con conseguente risalita dell'acidità. Per la dispepsia occorre evitare i cibi ricchi di grassi e il consumo di troppe proteine e poi diamo dei farmaci procinetici. Per l'intestino irritabile prescriviamo prodotti che riducono il meteorismo, ce ne sono moltissimi, e poi se necessario degli antispastici. A chi soffre di stitichezza diamo prodotti che migliorano la consistenza fecale aiutandone l'espulsione. C'è anche un farmaco nuovo, la Linaclotide, per trattare l'intestino irritabile prevalentemente stitico.

Anche l'uso di questi farmaci però a volte diventa cronico, questo rappresenta un problema?

I farmaci sono dei ?veleni necessari?, che vanno presi per star bene, bisogna stare attenti a non rischiare di vivere da malati per morire sani. Se ho il reflusso devo cercare di assumere le dosi minime necessarie dei farmaci per migliorare la qualità di vita. I farmaci che usiamo oggi sono sicuri, ma è necessario che la prescrizione sia appropriata. Del resto non curare non è un'opzione: il reflusso continuo può evolvere in esofagite e poi in ?esofago di Barrett? con una piccola ma non trascurabile probabilità di evoluzione cancerosa. Serve però il controllo del medico e il problema è che molti di questi farmaci non necessitano di una prescrizione e si trovano anche sugli scaffali dei supermercati. Le vendite dei farmaci per la stipsi, per esempio, solo nel 3% dei casi sono fatte con una prescrizione da parte del gastroenetrologo, il che vuol dire che molto spesso parliamo di automedicazione e questo può essere pericoloso. Occorre poi sfatare il mito delle erbe che sarebbero naturali e quindi innocue: vietato il fai da te.

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Marta Buonadonna