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M5S, una straordinaria macchina da ballottaggi

Il partito di Grillo stravince in 19 comuni su 20 dove il suo candidato era andato al secondo turno. Renzi ora rivedrà l'Italicum?

Al di là di quel trionfale È solo l'inizio pronunciato da Beppe Grillo, il voto amministrativo ha confermato quello che era  evidente sin dal maggio del 2012, a Parma, quando Federico Pizzarotti (M5S) recuperò al secondo turno venti punti a Vincenzo Bernazzoli (PD): la straordinaria capacità del M5S di vincere i ballottaggi, raccogliendo un voto trasversale e soprattutto convogliando sul proprio candidato la gran parte dei voti che al primo turno erano andati al candidato del centrodestra.

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Ne abbiamo avuto conferma a Roma, dove Virginia Raggi ha stravinto contro Roberto Giachetti, ottenendo la bellezza di 770 mila voti, oltre duecento mila voti in più di quanto avesse ottenuto al primo turno (461 mila voti), mentre il suo rivale  è cresciuto al secondo turno soltanto di 50 mila voti, più o meno quanti ottenuti al primo turno da Stefano Fassina (58 mila).

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Ne abbiamo avuto conferma  a Torino, dove Chiara Appendino ha ottenuto al secondo turno 202 mila voti, ottantamila in più di quanti ottenuti al primo turno, convogliando su di sé - come già era accaduto a Parma nel 2012 - la gran parte dei voti che al primo turno erano andati al leghista Alberto Morano (32 mila), al berlusconiano Osvaldo Napoli (20 mila), al moderato Roberto Rosso (19 mila), mentre Piero Fassino non si è di fatto mosso dai 160 mila voti ottenuti al primo turno, ai quali non è riuscito ad aggiungere nemmeno i 14 mila voti presi da Giorgio Airaudo, esponente della gauche.   

Il Pd non ha capacità espansive al secondo turno, quando si deve confrontare con un candidato grillino, il M5S fa il botto al secondo turno se a prevalere è - come in questo caso - il voto punitivo contro il Pd, contro Renzi, contro il governo. Quando il confronto è al secondo turno quello classico tra destra e sinistra (come a Milano) appare invece complesso un ribaltamento totale dell'esito del primo turno e gli elettori grillini tendono a ripartirsi equamente tra l'astensione e il voto ai due candidati.

La lezione, tutta politica, è che l'Italicum - con il suo forte premio di maggioranza al ballottaggio, quando nessun partito raggiunge la soglia del 37% - potrebbe diventare lo strumento con cui i grillini riusciranno a conquistare il governo nazionale. Arrivare al ballottaggio e svuotare i voti andati ai candidati che non sono arrivati al secondo turno. C'è da scommettere che su questo punto Renzi e tutto il gruppo dirigente del Pd - la cui scommessa (perdente) era quella di riuscire a sfondare a destra, raccogliendo i cocci del berlusconismo - dovranno aprire una seria riflessione, ammesso che ne abbiano il tempo e le varie minoranze di sinistra ostili al premier, dentro e fuori il Pd, gliene diano tempo prima del referendum chiave di ottobre. La verità, nuda e cruda, è che i cinquestelle hanno vinto 19 ballottaggi su 20, e l'unica sconfitta al secondo turno è stata ad Alpignano, non contro il Pd ma contro alcune liste civiche. La domanda è: l'Italicum è ancora utile al Pd renziano? 

C'è però un'altra riflessione da fare, sul voto al M5S. Una riflessione che dovrebbe mettere in guardia la nuova burocrazia politica che guida il partito dall'utilizzare toni troppo trionfali, come quelli usati da Beppe Grillo che ha descritto il trionfo alla amministrative come «la prima tappa per la presa della Bastiglia»: il carattere estremamente volatile del consenso al non-partito, che è insieme la sua forza ma anche la sua debolezza. Manca un radicamento territoriale esteso su tutto il territorio nazionale. C'è qualcosa di troppo estemporaneo in un partito che riesce a capitalizzare il voto contro, mettendo insieme tutto quello che si muove fuori e contro il partito di governo. Trovare una sintesi politica - uscendo dalla dimensione della portesta per la protesta - sarà il compito che attende il M5S nei prossimi anni.

È vero: il M5S conquista comuni - oltre che a Torino  e Roma - in tutte le regioni italiane: a Carbonia, in Sardegna, storica roccaforte rossa, a Pinerolo in Piemonte, a Vimercate, nel cuore della Brianza berlusconiana, a Chioggia, in Veneto, a Cattolica in Romagna, a Porto Empedocle e ad Alcamo in Sicilia, a Genzana, Marino, Nettuno in Lazio. Ma li conquista sempre al ballottaggio, quando presenta un candidato credibile e quando riesce a capitalizzare il voto di protesta contro il governo e nella fattispecie contro Renzi, sfondando anche in alcune aree della sinistra tradizionale che pur di punire il premier usurpatore sono davvero disposte a votare anche «Lucifero», come (non) ha detto Massimo D'Alema. Rimane il fatto che la grande mobilità elettorale, di cui oggi riesce ad avvantaggiarsi il M5S, potrebbe ancora cambiare lo scenario politico prima del voto nazionale. La lunga transizione italiana alla Terza Repubblica non è ancora terminata.


Le vittorie di Raggi e Appendino

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ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Virginia Raggi

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Paolo Papi