Lo scandalo sull’immigrazione in Australia
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Lo scandalo sull’immigrazione in Australia

Secondo le autorità di Giacarta funzionari governativi australiani avrebbero pagato scafisti per dirottare in Indonesia un gruppo di richiedenti asilo

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Se l’Unione Europea fatica a trovare un accordo per la distribuzione tra i Paesi membri dei migranti provenienti dal Nord Africa, le cose non vanno di certo meglio in altre parti del mondo. È il caso dell’Australia, travolta nelle ultime 48 ore da uno scandalo che sta facendo tremare il governo del primo ministro Tony Abbott.

 Secondo un rapporto fornito dalla polizia indonesiana, funzionari governativi australiani avrebbero pagato migliaia di dollari a degli scafisti affinché dirottassero verso l’Indonesia 65 richiedenti asilo intercettati in acque australiane. I sei scafisti coinvolti sarebbero stati corrotti dalle autorità australiane ricevendo a testa 5.000 dollari. I migranti, provenienti da Bangladesh, Myanmar e Sri Lanka, sarebbero stati traghettati nell’isola di Rote, situata circa 500 chilometri a nord-est delle coste australiane.

 La notizia ha fatto insorgere l’opposizione australiana, che ha accusato il governo di abuso dei soldi versati dai contribuenti. Il leader del partito laburista, Bill Shorten, ha chiesto l’apertura di un’indagine interna. Preoccupazione è stata espressa anche dal Commissario ONU per i rifugiati e dall’International Organization for Migration. Mentre il governo di Giacarta, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri, ha affermato che la politica dei respingimenti attuata dall’Australia ha ormai superato ogni limite consentito.

 

Australian Prime Minister Tony Abbott chats with Navy sailors while inspecting the guard at the Government House grounds in Auckland

 Il primo ministro australiano Tony Abbott

 

La reazione del premier Tony Abbott è stata incerta fin dall’inizio. Il primo ministro, infatti, non ha negato le accuse del governo indonesiano, trincerandosi nel silenzio. Contraddittorie sono state anche le dichiarazioni dei ministri del suo governo. Alcuni hanno negato le accuse, altri hanno rifiutato di commentare. Nel mirino c’è soprattutto il ministro dell’Immigrazione, Peter Dutton.

La politica per l’immigrazione in Australia
Da quando nel settembre del 2013 i liberali hanno assunto la guida del Paese, la loro politica per fermare i flussi migratori è stata da subito molto dura. Il premier Abbott ha varato l’operazione denominata “Operation Sovereign Borders” affidandosi all’esercito per costringere i barconi in arrivo sulle coste australiane a invertire la rotta. Dal dicembre del 2013 solo un’imbarcazione con a bordo richiedenti asilo ha raggiunto il Paese, mentre prima gli sbarchi si registravano con cadenza quasi quotidiana e in centinaia morivano in mare durante i viaggi della speranza.

 Nel 2012, prima dell’insediamento del governo di Abbott, era stato inoltre firmato un provvedimento che è andato a integrare la legge sull’immigrazione (“Immigration Act”), in vigore dal 1958. In base a questo provvedimento tutti i migranti e i richiedenti asilo che raggiungono l’Australia (la maggior parte proviene da Iran, Afghanistan e Sri Lanka) vengono trasferiti nell’isola di Nauru e in quella di Manus, nella Papua Nuova Guinea, in attesa che vengano valutate le loro richieste. Quelli a cui non viene riconosciuto la status di rifugiato politico vengono trasferiti nel centro di Christmas Island, un’isola situata a ovest dell’Australia. Le condizioni dei campi di accoglienza allestiti in queste isole da anni sono oggetto di denuncia da parte di diverse organizzazioni umanitarie.

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