Brigitta Kocsis: "Non ero il pericolo pubblico numero 1"
Getty
News

Brigitta Kocsis: "Non ero il pericolo pubblico numero 1"

Era finita in prigione per 11 giorni con l’accusa di avere fatto uno spettacolo porno davanti a minorenni. Ora viene risarcita. "Ma il marchio del carcere ti rimane addosso, e per sempre"

Brigitta Kocsis ha vinto. La Corte d’appello di Perugia le ha appena riconosciuto18 mila euro di risarcimento per ingiusta detenzione. L’ex pornostar ungherese era stata arrestata il 24 maggio 2010, 84 giorni dopo uno spettacolo hard in una discoteca di Fossato di Vico, un paese a pochi chilometri da Gubbio. La sua colpa? L’ordinanza recitava: «Per avere con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso compiuto atti osceni consistiti nell’essersi spogliata completamente ed essersi esibita, anche in un’esplicita masturbazione, all’interno di un locale aperto al pubblico, privo di autorizzazione per tali spettacoli e alla presenza di minori, e per averli sfruttati per realizzare l’esibizione stessa».
«Io non sapevo, io non controllo i documenti all’ingresso: ballo e mi spoglio, e basta». Si era difesa così Brigitta Kocsis. Ma il pubblico ministero perugino Giuliano Mignini, lo stesso che ha condotto l’accusa contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito, non aveva voluto sentire storie: ha chiesto e ottenuto che andasse in prigione. Dove la showgirl è rimasta per 11 giorni. Poi, nell’ottobre 2011, un giudice l’ha prosciolta da ogni accusa con la formula più ampia: «il fatto non sussiste». Panorama ha rintracciato Brigitta a Sharm el Sheik, dov’è in vacanza.

Per strada sentivo lo sguardo delle persone. E abbassavo la testa...


È contenta del risarcimento?
Certo. Anche se continuo a provare sensazioni strane.
Quali sensazioni?
Mi sembra di essere a bordo di una macchina che corre all’indietro nel tempo.
E dove la porta, questa macchina?
In Ungheria, a Budapest. La mia infanzia. Io sono cresciuta sola, senza genitori. In tutto quello che ho fatto nella mia vita, da quando ero piccola al mio trasferimento in Italia, fino al giorno in cui sono stata arrestata, ci ho sempre messo amore, cuore e anima. L’essere arrestata come una delinquente mi ha fatto molto male, è stato davvero un bruttissimo momento. Anche perché l’Italia è sempre stata la mia casa, più ancora di Budapest.
Comunque la sua è una rivincita su tutte le accuse che le erano state mosse 4 anni fa, no?
Mi sono tolta un peso. La vita per me è stata difficile, crescere senza genitori, e fare tutto da sola, non è stato facile.
Com’è partita la denuncia? Crede che qualcuno ce l’avesse con lei?
Non ho mai fatto nulla di male: si sono sbagliati. Certo, mi sono sentita accoltellata alle spalle. Anche perché non sono stata arrestata subito dopo quella serata, ma quasi 3 mesi dopo. Quando mi sono ritrovata i carabinieri davanti non riuscivo a capirne neppure il perché. Intanto mi avevano già sbattuta in carcere.
E quando lo ha realizzato che cosa ha pensato?
Mi sono come svegliata, è stata una mazzata. È come quando hai un amico, uno che pensi sia un vero amico, onesto, leale, sincero. Poi ti accorgi che non era così e che sei stata ingenua.
Fa ancora male?
È brutto stare in galera per qualcosa di cui non hai nessuna colpa.
È successo nulla di brutto, dietro le sbarre?
No, in carcere sono stati tutti gentili, carini.
E dopo?
Dopo hai comunque un marchio addosso, che ti rimane impresso per sempre.
Giornali e tv, però, hanno dato molto spazio alla sua assoluzione.
Sì, certo: ero innocente, non avevo alcuna colpa. Ma quando scrivi il mio nome su Google uscirà sempre che sono stata in carcere. Quello non si cancella, è un marchio che ti rimane per sempre.
Il risarcimento di 18 mila euro la soddisfa?
Mille euro, cento, un milione: non fa differenza. La mia soddisfazione più grande è quella di avere un passaporto pulito da poter esibire davanti al mondo.
La rivincita è più che altro morale, insomma?
Sì. Il mio nome non è stato sporcato soltanto in Italia ma in tutti i paesi nei quali ho lavorato: in Europa, negli Stati Uniti, in tutto il mondo.
Oggi fa ancora spettacoli hard?
No, non faccio più quel lavoro: ho smesso.
Perché?
Non mi sentivo più a mio agio, non mi sentivo più credibile, non potevo continuare a fare qualcosa per la quale mi hanno sbattuta in carcere.
E che cosa fa adesso?
Mi sono inventata altro, ho ricominciato da capo, ho studiato per crearmi un nuovo lavoro, una nuova vita. Faccio la deejay.
Ha lasciato l’Italia?
No, ma giro molto per lavoro.
Ha avuto problemi con il lavoro, dopo quell’incidente?
Sì, il lavoro è calato. Camminavo per strada e sentivo lo sguardo delle persone, uno sguardo non pulito. E io abbassavo la testa. Ora posso camminare di nuovo a testa alta.
Lei ha il tono di chi ha sofferto molto. È così?
Ho sempre sofferto nella vita. La mia mamma mi ha lasciata quando avevo soltanto un anno. Lei mi ha messo al mondo che ne aveva solo 15, era troppo piccola per prendersi cura di me. Mio padre poi si è sposato con una moglie sbagliata, e non c’era mai. Alla fine, a 15 anni ero già via di casa, mi sono dovuta rimboccare le maniche e lavorare per comprare i libri di scuola. Quando sono arrivata in Italia avevo solo 20 anni.
Cosa prova nei confronti dell’Italia?
Nulla, nessun sentimento negativo. Quello che mi è successo è soltanto colpa della legge.
Perché è rimasta nel nostro Paese?
Il mare, la montagna, il cibo. L’Italia è parte della mia vita, è un Paese molto più aperto di altri, e voi italiani siete sempre sorridenti. Ripeto, quello che è successo è colpa di una legge che va cambiata.
Un messaggio per qualcuno?
Ti amo, Italia.
Anche gli italiani la amano, soprattutto in versione hard.
Basta, quello è il passato.
Non ha ricevuto offerte dopo il carcere?
Sì. Ma l’hard non è più il mio mondo. Non rinnego nulla, è stato un periodo della mia vita che ho amato ma adesso basta: ora faccio la deejay.
E domani?
Domani voglio soltanto essere felice. Il lavoro lo puoi scegliere e cambiare, ma senza felicità non sei nulla.   n
© riproduzione riservata

I più letti

avatar-icon

username_24