Le liste del Pd che annunciano una nuova scissione
Ciro Fusco/Ansa
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Le liste del Pd che annunciano una nuova scissione

Renzi ha imposto un'altra forzatura al partito, segno di un leader in caduta libera, che ha più che mai bisogno dei suoi fidatissimi in parlamento

Quelle trascorse tra venerdì 27 e sabato 27 gennaio sono state le 48 ore più lunghe per Matteo Renzi.

La composizione delle liste elettorali ha mostrato tutte le crepe interne al partito, sia dentro che fuori la maggioranza renziana, oltre ai veleni che serpeggiano nei territori e che per molte ore hanno tenuto bloccati i segretari regionali al terzo piano del Nazareno.

Il lungo braccio di ferro con Orlando

Il braccio di ferro più duro è stato con gli orlandiani che rivendicavano nomi importanti nelle candidature, che Renzi avrebbe volentieri escluso.

Alla fine la partita si è chiusa con una mezza vittoria: l'ex Ministro Cesare Damiano è entrato in direzione dubbioso per poi alla fine rientrare in lista, mentre è rimasto fuori  Sergio Lo Giudice, riferimento del mondo Lgbt che ieri si era mobilitato sui social network per la ricandidatura.

Sono state ore drammatiche. Le difficoltà a trovare una quadratura sono state subito evidenti.

Fin dal primo rinvio della Direzione che doveva tenersi alle 10.30 di venerdi ed è finita a colpi di sms, alle 2.30 del giorno dopo.

Una composizione complessa che ha tenuto molti dei diretti interessati senza notizie. Erano molti i messaggi dei deputati uscenti non ammessi in direzione che chiedevano notizie ai giornalisti impegnati nella cronaca della notte. Anime in pena in attesa di un responso anche quelli che fino a tarda notte si sono aggirati intorno alla sede del partito pietendo informazioni da qualche collega ammesso alla direzione.

Renzi ha definito quella della composizione delle liste "un'esperienza devastante" e che il Rosatellum impone un sistema complicato, con un'altra legge sarebbe stato più semplice. Critica paradossale visto che la nuova legge elettorale è stata voluta dal Pd a colpi di voti di fiducia e porta il nome di un suo deputato.

Verso una nuova scissione

Il Pd si è scisso ancora. Le minoranze alla fine di una giornata durata troppe ore hanno deciso di far mancare il proprio voto in Direzione per come erano state gestite le cose e perché fino alla fine nessuno è riuscito a vedere le liste.

Una spaccatura che ancora una volta parte da una prova muscolare di un leader in caduta libera, ma che ora più che mai ha bisogno di una squadra di fidatissimi in parlamento.

Non senza difficoltà, anche gli ex democratici approdati in Leu, in questi giorni sono stati alle prese con le polemiche che accompagnano la composizione delle liste. Ma visto quello che è andato in scena ieri al Nazareno oggi le ragioni della scissione si fanno nettamente più chiare.

Un orlandiano commentava quelle ore febbrili con ?a noi della minoranza ci vuole abbattere? riferendosi al Segretario che a un certo punto ha posto anche dei veti su alcuni nomi di rilievo.

È evidente che cè iniziata la nuova scissione del PD e non è detto che una volta eletti i parlamentari della minoranza in dissenso con la linea di Renzi, abbandonino il gruppo per formarne un altro o ricongiungersi con gli ex colleghi bersaniani. Un timore che troverebbe conferma nel fatto che la segreteria ha tentato per tutta la trattativa di ridurre al minimo la compagine dei candidati della minoranza.

Le candidature dei big, come previsto

Intanto, a vedere le prime indiscrezioni che trapelano dalle liste (che ancora non sono state rese pubbliche) sono stati premiati i fedelissimi del premier e si è cercato di ripulire il parlamento a trazione Pd dalle voci più critiche. Entra così a sorpresa tra i candidati anche il portavoce di Renzi e Gentiloni, Filippo Sensi. Maria Elena Boschi è confermata a Bolzano, con un paracadute al proporzionale a Roma; Matteo Renzi sarà candidato all'uninominale a Firenze contro l'ex Pd, oggi M5S Nicola Cecchi ma con un paracadute in Umbria, Paolo Gentiloni a Roma1 per la Camera e degli altri ministri: Lotti a Empoli per la Camera, Padoan a Siena per la Camera, Delrio a Reggio Emilia Montecitorio, Franceschini a Ferrara, Fedeli al Senato a Pisa, Teresa Bellanova a Nardò. Mentre Minniti correrà a Pesaro.

Quanto agli alleati Pd della lista Civica e Popolare, la direzione ha dato disco verde alla contestata candidatura a Bologna per il Senato di Pier Ferdinando Casini. E a quella della ministra Beatrice Lorenzin per la Camera a Modena. Lucia Annibali sarà candidata a Parma, mentre il giornalista Tommaso Cerno sarà candidato a Milano per il Senato.

Non ci sono le grosse novità promesse per il rinnovamento del Parlamento, anzi finora sembra che tutto stia seguendo il copione già annunciato.

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Sara Dellabella