La polemica su Alfano e gli equilibri (precari) del governo
ANSA/GIUSEPPE LAMI
News

La polemica su Alfano e gli equilibri (precari) del governo

Crescono le divisioni in Ncd: sarebbero almeno cinque i senatori pronti a lasciare il sostegno alla maggioranza

La bufera su Alfano e sulle intercettazioni che lo vedono coinvolto investe in pieno gli equilibri di governo. Equilibri piuttosto fragili, che se da un lato vedono il ministro dell'Interno fermo nella sua volontà di non dimettersi dall'altro registrano un vero e proprio terremoto in Ncd.

Ed è il Senato, ancora una volta, l'epicentro del sisma: il gruppo di frondisti - almeno cinque - sarebbe infatti ormai pronto a lasciare e a dire addio al sostegno al governo. Il dissenso interno, e tutto politico, in Ncd era da tempo emerso ma l'impressione è che il "caso" Alfano abbia acutizzato le lacerazioni nel partito sebbene da entrambi i capigruppo - Maurizio Lupi e Renato Schifani - arrivi un compatto sostegno al ministro in merito alla vicenda delle intercettazioni dell'inchiesta Labirinto.

Ai "suoi" il ministro assicura che non lascerà, che non ci sarà un replay di quanto avvenne con Lupi, dimessosi da ministro per il "caso Rolex" ma senza che, nella vicenda, fossero emersi rilievi giudiziari. Anche perché nel caso di Alfano, racconta un deputato presente ieri all'incontro, "qui non si parla del destino personale di un ministro ma della tenuta del governo".

Quanto alle intercettazioni che riguardano suo padre, Alfano è duro: "È una barbarie, mio padre è da tempo fiaccato da una malattia neurodegenerativa che non lo rende pienamente autosufficiente", attacca il ministro aggiungendo, in merito ai dispacci pubblicati, come sia "indegno" dare credito a "due signore che parlano, anche insultandomi" e "non so chi siano".

E se tutte le opposizioni tranne FI (solidale contro la tenaglia "mediatico-giudiziaria") chiedono le dimissioni di Alfano da Pd giunge una netta blindatura. "Le cose che leggiamo non coinvolgono né il suo lavoro neé la correttezza del suo comportamento. La richiesta di dimissioni è pretestuosa", scandisce il capogruppo alla Camera Ettore Rosato.

Ma a Palazzo Madama il clima in Ncd è dei peggiori, con una fronda già da tempo ai ferri corti con il ministro che appare ormai pronta a uscire. La deadline, a questo punto, potrebbe essere la prossima settimana quando dovrebbe tenersi la riunione tra Alfano e i senatori. Riunione che, su pressione dei deputati centristi, potrebbe avere anche il 'format' dei gruppi congiunti. Al momento si contano almeno cinque dissidenti (Renato Schifani, Roberto Formigoni, Maurizio Sacconi, Antonio Azzolini, Giuseppe Esposito). Numero che, sottolineano fonti parlamentari, può tuttavia facilmente crescere arricchendosi di una manciata di senatori rimasti finora "coperti".

Azzollini ed Esposito, nel pomeriggio di ieri, hanno partecipato all'assemblea del centrodestra per il No al referendum e su di loro (soprattutto sul primo che ne avrebbe già fatto cenno ai colleghi azzurri) si parla di un ritorno in Fi. Ma c'è un'altra soluzione che si affaccerebbe per i frondisti: quella di formare un gruppo con altri senatori centristi dell'opposizione e magari con qualche scontento di Ala per guardare, in prospettiva, a quel modello Milano osteggiato da Alfano. Di certo, per dirla alla Formigoni, questa per i dissidenti è l'ora "dell'appoggio esterno".

Una soluzione "da irresponsabili, queste cose non si sa come finiscono", avverte dalla Camera Fabrizio Cicchitto delineando un ulteriore contesto di pressione a Matteo Renzi: quello di un Italicum che, con il premio di coalizione, spegnerebbe certo molti bollori centristi. Bollori che attraverseranno l'Aula del Senato la prossima settimana, con il voto sul dl sugli enti locali, per il quale serve la maggioranza assoluta di 161 senatori. E sarà quello un giorno chiave per la tenuta di governo. (ANSA)

I più letti

avatar-icon

Redazione