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Silvia Morara
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L'Italia c'è, nonostante tutto

La tappa di Verona di Panorama d'Italia ha raccontato storie di "coraggiosi" che ce l'hanno fatta senza l'aiuto del paese, anzi

Poi, finalmente, si respira a pieni polmoni. Succede quando un giornale, un testimone del tempo come Panorama, va dove un giornale dovrebbe stare e cioè tra la gente nelle città. A osservare, ad ascoltare, a imparare. Ovunque: nelle piazze, nei teatri, nelle università, nelle fabbriche, nei luoghi incantevoli. È la straordinaria esperienza che stiamo vivendo con «Panorama d’Italia», il tour che con la tappa di Verona ha toccato metà delle sue 10 destinazioni.

Lo ricorderete certamente, a febbraio, nell’annunciare il grande viaggio, declinammo la nostra mission con tre parole: l’Italia riparte dall’Italia. Perché, spiegavamo convintamente, «per ripartire bisogna tornare nei territori dove genio, creatività e intelligenza hanno le loro radici; perché è necessario stringere la mano a chi non si arrende, a chi tenacemente, con testardaggine e con entusiasmo, continua a credere in questo Paese». È quello che ci hanno raccontato industriali navigati e giovani startupper, uniti dalla consapevolezza di non poter aspettare i tempi della politica.

All’incontro con le «eccellenze» di Verona e dintorni lo hanno detto a chiare lettere i rappresentanti di splendide realtà imprenditoriali che hanno saputo com- battere e vincere la crisi: erano in sette e le loro aziende, giusto per avere un ordine di grandezza, producono fatturati per oltre 7 miliardi di euro. Ascoltarli fa bene soprattutto perché loro, al pari dei giovani inventori di imprese (le start-up), sono riusciti a raggiungere gli obiettivi – come ripetono – «nonostante tutto».

E in quel «nonostante tutto» c’è la tragicità dell’annuncite, la mancanza di quel coraggio che un governo dovrebbe avere, i bizantinismi della politica politicante e inesorabilmente fine a se stessa. C’è, in breve, l’immagine plastica del Paese in recessione e in deflazione. Mentre scrivevo questo editoriale ho ricevuto un sondaggio effettuato il 12 settembre dall’Ispo di Renato Mannheimer: il 67 per cento degli italiani ha dichiarato che Renzi«fa tanti annunci ma realizzerà poco». Dice Mannheimer: «Si sta diffondendo, a torto o a ragione, l’impressione che, al di là degli annunci, le prospettive di effettiva realizzazione delle riforme promesse siano scarse».

Ma c’è di più. Quando si chiede se Renzi «sta attuando progressivamente le riforme promesse», solo il 31 per cento si dichiara d’accordo con questa frase. In entrambi i casi sale a ben 72 la percentuale degli intervistati residenti nel Nord-Est (territorio che abbiamo appena visitato) che sono assai scettici sulla capacità di fare le riforme. Di più.

Nelle banche d’affari internazionali, quelle che hanno costantemente le antenne alzate e determinano gli investimenti in uno stato anziché in un altro, l’Italia ha più di un piede fuori dalla porta di uscita. Peggio. Facciamo parte di un acronimo che si chiama Gips che sta per Grecia-Italia-Portogallo-Spagna. Nulla di cui andare fieri, perché Gips per gli operatori altro non è che l’abbreviazione di Gipsy, zingaro, e quindi sinonimo di scarsa o nulla affidabilità. Questa è la realtà. Ed è per questo che meritano una medaglia gli eroi dell’impresa che non si arrendono. Nonostante tutto.

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Giorgio Mulè