Quei terroristi islamici cresciuti in Occidente
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Quei terroristi islamici cresciuti in Occidente

Nel commando che ha preso d'assalto il centro commerciale Westgate di Nairobi c'erano terroristi nati e cresciuti in paesi occidentali: ecco il loro identikit

La lista dei paesi di provenienza lo fa apparire come una multinazionale del terrore. Il commando degli Shebab che ha portato la morte nel centro di Nairobi era composto da persone che arrivavano dalla Somalia, dal Kenya, dalla Siria, ma anche dagli Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Finlandia. Dai terroristi Made in Usa si conosce anche lo stato in cui abitavano, se non addirittura la città: Minnesota, Maine, Illinois. Tutti giovani, tra i 18 e i 20 anni. Dovrebbero essere di origine somala; rappresentanti di un'ultima generazione di ragazzi nati in America, ma che ha deciso di andare a combattere l'America, in nome dell'Islam, nel paese dei loro avi.

La donna britannica dovrebbe invece essere Samantha Lethwaite, la vedova di uno dei terroristi inglesi protagonisti dell’attentato del luglio 2005 a Londra. Sul ritrovamento del suo cadavere, al momento in cui scriviamo, non ci sono conferme. La sua è una vicenda emblematica di come, in alcune giovani biografie, nella normale vita di un ordinario ragazzo o ragazza occidentale, figlio o no di immigrati, compaia e prenda piede la radicalizzazione religiosa, con le devastanti conseguenze del caso sul proprio e sull'altrui destino.

I combattenti somali del Minnesota

Nel 1991 la guerra civile in Somalia provoca la fuga di milioni di persone, migliaia e migliaia di profughi che si trovano senza un luogo dove andare e che vengono ammassati nei vicini campi del Kenya. Molti di loro, un paio di anni più tardi, verranno ospitati negli Stati Uniti, e in particolare in Minnesota. La comunità somala cresce in quella parte degli States ed è lì che gli Shabab faranno reclutamento negli anni a venire, soprattutto dopo l'11 settembre e lo scoppio della Guerra del Terrore.

Secondo alcune fonti parlamentari degli Usa, in questo periodo sono almeno una cinquantina i somali che hanno lasciato gli Stati Uniti per andare nei campi di addestramento di al Qaeda in Somalia. La partenze sono abbastanza intese fino al 2008, poi, con l'entrata in crisi del network del terrorismo internazionale, diminuiscono. Di quei 50 guerriglieri "fatti in casa", almeno la metà sono stati uccisi. Tra di loro c'è anche Omar Hammami, conosciuto come l'"Americano", nativo del Minnesota e uno dei terroristi più ricercati dalle autorità Usa. 

Ma, la giovane età dei terroristi americani coinvolti nell'assalto al Westgate di Nairobi (se confermata) fa pensare che con tutta probabilità, le partenze dagli Stati Uniti siano riprese e che, accanto a giovani che erano nati in Somalia (e che poi erano diventati cittadini americani), gli Shabab abbiano reclutato anche giovani immigrati di seconda generazione, nati e cresciuti negli Usa.

Il lupo solitario 

Se negli anni d'oro di Al Qaeda, i giovani occidentali (convertiti o non) andavano ad addestrarsi nei campi in Afghanistan, Pakistan, Yemen e Somalia, per poi compiere atti di terrorismo nei paesi occidentali, con l'entrata in crisi dell'organizzazione terroristica, questa modalità ha subito delle modifiche. Sono sempre meno e meno sicuri i campi d'addestramento e quindi è diminuito il numero di coloro che vi partecipano per poi dare vita a delle cellule pronte all'azione in Occidente, come è avvenuto, per esempio, nell'attentato alla metropolitana di Londra nel 2005. 

Da anni, per colpire soprattutto negli Stati Uniti, i gruppi terroristi sono costretti a puntare sul lupo solitario, sulla singola persona che, dopo essersi convertito all'Islam Radicale, via internet o con pochissime ore di addestramento, impara a costruire un artigianale ordigno, o viene ispirato o istruito per compiere un attentato.

E'questo il caso di Faisal Shahzad, il pachistano americano, che tentò far saltare un'autobomba a Times Square nel maggio del 2010; o di Nidal Malik Hasan, l'ufficiale dell'esercito statunitense, autore del massacro di Fort Hood nel 2009, ispirato dall'Iman americano", quel Anwar al-Awlaki, anche egli cittadino statunitense, considerato il vero erede di Osama Bin Laden, ucciso in un raid della Cia in Yemen un paio di anni fa. O, se vogliamo, è anche il caso dei fratelli Tsarnaev, gli attentatori di Boston, non nati, ma cresciuti negli States, ispirati e guidato verso la Jihad dai siti delle organizzazioni radicali e dall'influenza dei fondamentalisti che avevano incontrato nelle loro terra natia. 

Una lunga lista di terroristi fatti in casa (convertiti e non) 

Fin dal'inizio del decennio scorso, sono stati molti i casi di terroristi fatti in casa (dall'Occidente). Che combattessero tra le file di Al Qaeda in Afghanistan, in Pakistan in Somalia e adesso in Siria, o che abbiamo fatto parte di cellule che hanno compiuto attentati in Europa o negli States, o che, infine, siano (stati) dei lupi solitari, poco importa. Cambiano le modalità, ma non la missione, la Jihad, cambiano i luoghi, ma non la particolarità: nati e cresciuti in Occidente hanno scoperto il lato oscuro, radicale della loro fede religiosa, oppure si sono convertiti ad essa. 

La lunga lista potrebbe iniziare con il nome di John Walker Lindh, il giovane californiano, proveniente da una famiglia cattolica, che aveva abbracciato il fondamentalismo islamico e che è stato catturato dai marines in Afghanistan. Richard Reid è invece il terrorista che voleva far saltare in aria il volo 63 Parigi-Miami dell’American Airlines con l’esplosivo nelle scarpe e che si era convertito all’islam in una prigione inglese. Adam Gadahm (nato Pearlman, prima della conversione), è stato invece, il portavoce, il traduttore dei vertici di Al Qaeda, comparso in alcuni video dell'organizzazione, accanto a Osama Bin Laden. Il ventenne Germaine Lindsay, sposato (marito di Samantha Lewthwaite) e padre, che si fece saltare in aria alla stazione di King's Cross nel 2005.

Accanto a loro ci sono i nomi di tanti altri: come quello del francese Willie Virgile Brigitte, che ha partecipato due giorni prima dell'11 settembre all'omicidio del leader afghano Ahmad Massoud o di Giuliano Ibrahim Delnevo, 20 anni, genovese, morto in Siria nelle fila delle milizie islamiche che combattono contro il regime di Bashar al Assad, altro teatro della guerra degli terroristi islamici.

Le ragioni di una scelta

Ma perché questi giovani occidentali decidono di iniziare la loro Jihad? Alla fine, il motivo principale sembra doversi ricercare nella necessità di avere un'identità forte. Sono rari i casi in cui si può intuire che dietro queste scelte di morte ci siano povertà o problemi economici. In realtà, il disagio è rispetto alle aspettative frustrate, alle difficoltà d inserimento o di integrazione. E, non è un riferimento fatto solo ai giovani immigrati di seconda o terza generazione, perché questa appare essere una condizione esistenziale più generale, che affliggeva anche alcuni dei giovani bianchi e occidentali che hanno deciso di abbracciare l'Islam radicale. 

I tratti in comune del terrorista fatto in casa (in Occidente) sono: giovane, sotto i 35 anni, figlio (le donne sono poche) di una famiglia piccolo o medio borghese senza particolari problemi economici, diplomato, se non addirittura laureato, residente in una città occidentale, ma non per forza in una zona periferica, non proveniente da una particolare etnia, spesso figlio o nipote di immigrati, senza precedenti penali di rilievo, convertito o di tradizione musulmana, ma non con un approccio radicale alla religione. Che arriverà solo più tardi, nella ricerca di quella identità di cui parlavamo prima.

Questa è la fotografia del terrorista fatto in casa

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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