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Irlanda del Nord: quale futuro dopo Gerry Adams

Il leader repubblicano irlandese, guida dello Sinn Fein, nel 2018 si ritira dalla politica. A due donne, l'onere di continuarne il lavoro in Eire e in Ulster

Se qualcuno avesse voglia di cercare in You Tube la voce Gerry Adams si accorgerebbe che molti dei video a lui dedicati hanno un denominatore comune: il titolo. Gerry Adams “stringe la mano” a… la lista è lunga: dal Principe Charles a Tony Blair, compresi i vari leader unionisti fedeli a Londra.

Dare enfasi a un gesto semplice, e in fondo banale, restituisce bene la complessità della questione nordirlandese.
Gerry Adams -  presidente dello Sinn Fein, il partito repubblicano irlandese, per il quale è deputato al parlamento di Dublino e leader nell'Irlanda del Nord - ha annunciato la fine della sua carriera politica.

L’addio è previsto per il 2018, a venti anni esatti dall’Accordo del venerdì santo.

Accordo che è, se non il capolavoro, il culmine dell’azione politica di Adams (e di Martin McGuinness, l’altro storico leader repubblicano nordirlandese morto quest’anno) capace di portare l’IRA dall’orizzonte strategico della lotta armata a quello culturale della negoziazione pacifica.

Per chi frequenta la politica italiana e la ridicola definizione di quote rosa (come se le donne non avessero piena cittadinanza tout court e il tema non fosse unicamente un problema di mentalità retrograda) sarà una sorpresa scoprire come l’eredità politica di Adams e di McGuinness verrà raccolta da due donne.

L'eredità politica raccolta da due donne

Mary Lou McDonaldex europarlamentare e deputata irlandese, è ufficialmente candidata alla successione alla guida dello Sinn Fein nella Repubblica d’Irlanda, e Michelle O'Neill, che in Irlanda del Nord ricopre ormai il ruolo politico che fu di McGuinness.

McDonald è laureata in letteratura al Trinity College di Dublino, il più prestigioso college irlandese, ed è tra le principali esponenti della "nuova guardia" del partito

Ha già dato prova di saper difendere i veterani del movimento – anche quelli coinvolti nella lotta armata – a rischio di roventi polemiche. Michelle O'Neill (nata Doris) appartiene a una delle famiglie più in vista del panorama politico dell’IRA e dello Sinn Fein, costruito sul sacrificio di molti suoi membri.

Dopo il ticket Mcguinnes/Adams è giunto il momento del ticket Mcdonald/O'Neill.

L’Irlanda ci ricorda quindi come la politica è politica, né azzurra né rosa, e come ora si apra una nuova fase nei negoziati. Anche se questa volta l’epicentro non è Belfast, o Derry, o Dublino, ma Londra.

E siamo di nuovo alla Brexit. I bradisismi creati dall’avventato referendum sull’abbandono dell’Europa si fanno sentire anche sulle coste d’Irlanda. E non ci riferiamo alle questioni burocratico-legali che interesseranno il confine tra le due entità.

La sostanza è tutta nell’annuncio di Michelle O’Neill, immediatamente successivo alla vittoria del Leave nella Brexit, per uno storico referendum sull’unità irlandese. La mossa è smart.

Forte del fattore demografico e del progressivo disimpegno di Londra verso le province ingestibili o riottose (la Scozia, l’Ulster appunto) il nuovo Sinn Fein tenterà di forzare il dialogo verso il riconoscimento alla legittimità della consultazione. La terza figura istituzionale della partita, fino a quando regge, è evidentemente Theresa May. La sua debolezza attuale potrebbe essere un’occasione propizia per lo Sinn Fein.

L’aspro e pluridecennale antagonismo, simboleggiato dal secondo sciopero della fame nelle durissime carceri britanniche di Long Kesh, con Adams nel ruolo d’ideatore e negoziatore in quel tragico 1981 dell’indimenticabile Bobby Sands, e al quale Margareth Thatcher rispose con una crudele linea della fermezza, potrebbe concludersi con la concessione di un referendum da parte della nuova inquilina di Downing Street.

I tempi cambiano.

Facendo sponda su Bruxelles, le due nuove figure alla guida di Sinn Fein potrebbero sostenere con forza il governo irlandese del premier Leo Varadkar sulla via della cosiddetta “clausola Rdt”, cioè il precedente costituito dall’ex Germania est confluita automaticamente nell’Unione Europea al momento della riunificazione tedesca.

D’altronde, la riunificazione irlandese è già nelle righe dell’Accordo di venerdì santo. Una differenza tuttavia con la Scozia emerge proprio dai dati sul voto Brexit. Se in Scozia ha vinto il Leave, in Irlanda del Nord la maggioranza (56%) ha votato per il Remain. Il risultato di un voto referendario per abbracciare Dublino e abbandonare Londra non è quindi così scontato.

Tuttavia, con due giovani donne alla guida di Sinn Fein e un primo ministro gay e di origine indiane, l’Irlanda che si appresta a salutare Gerry Adams sembra davvero orientata a lasciarsi alle spalle una delle epoche più buie e drammatiche della sua storia. Ed anche la forma mentis machista delle formazioni paramilitari. Meno muscoli, più cervello.

La cultura del dialogo sembra quindi dare i suoi frutti, in una terra e in una guerra (denominata troubles con tipico understatement britannico) che è costata quasi duemila morti e ancora oggi è una cicatrice mal guarita nella memoria e nella vita quotidiana di ogni famiglia nord irlandese, cattolica o protestante che sia.

Il duo McDonald/O'Neill è il futuro, ma grazie al passato combattuto, sofferto e trasformato di un leader dell’IRA convertito, strada facendo, alla forza del dialogo, della non violenza e del diritto inteso come garanzia in favore dei deboli e non come arma a vantaggio dei forti. Grazie, in ultima istanza, all’eredità politica di un vero leader come Gerry Adams.

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Alessandro Turci

Alessandro Turci (Sanremo 1970) è documentarista freelance e senior analyst presso Aspenia dove si occupa di politica estera

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