Immigrazione, i centri esplodono ma i migranti non restano
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Immigrazione, i centri esplodono ma i migranti non restano

Alessandra Diodati, responsabile nazionale del progetto Praesidium della Croce Rossa Italiana, racconta come funziona la macchina dell'accoglienza

Nel corso degli anni il fenomeno degli sbarchi sulle coste italiane ha registrato un'impennata e con la Primavera araba e la caduta del regime di Muammar Gheddafi in Libia il flusso è aumentato. Per questo l'Italia ha adottato da tempo diverse misure per la gestione dell'accoglienza dei migranti. Tra queste, il progetto più importante è Praesidium della Croce Rossa Italiana (CRI) giunto ormai all'ottava edizione. Finanziato dalla Comunità europea e dal ministero dell'Interno, Praesidium mira al rafforzamento della capacità di accoglienza e dei servizi per tutti coloro che arrivano via mare, attraverso un'azione congiunta di CRI, UNHCR (l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati), OIM  (l'organizzazione internazionale per le migrazioni) e Save the Children .

Il progetto rappresenta uno dei più importanti programmi in materia di assistenza ai migranti in Italia ed ha permesso di intercettare nel corso degli anni migliaia di richiedenti protezione internazionale proprio nei momenti più delicati, ovvero all'arrivo, collaborando nelle fasi dell'accoglienza e di avvio delle procedure legali nonché nell'assistenza sanitaria. Panorama.it ha intervistato Alessandra Diodati, medico e responsabile nazionale del progetto Praesidium, per sapere qual è lo stato dell'arte dell'accoglienza in Italia e quali sono le principali difficoltà che ogni giorno i centri si trovano ad affrontare, oltre a cercare di capire qual è il destino dei migliaia di migranti che quotidianamente sbarcano sulle nostre coste.

Che cos'è il progetto Praesidium e come funziona?

Il progetto nasce otto edizioni fa, grazie alla volontà del ministero dell'Interno, che ha voluto verificare le condizioni di accoglienza in Italia per intervenire e migliorarle. Praesidium è partito grazie al finanziamento dell'Europa e nel corso degli anni alla Croce Rossa Italiana si sono aggiunte altre organizzazioni, come l'UNHCR e l'OIM e, infine, anche Save the Children, visto che tra i molti disperati che sbarcano sulle nostre coste c'è un alto numero di bambini. Cerchiamo di dare al migrante tutta l'assistenza necessaria, a cominciare da quella sanitaria, che è la priorità al momento dello sbarco. Una volta verificate le condizioni di salute i migranti vengono assistiti dal punto di vista legale - se ad esempio desiderano chiedere asilo politico - e vengono fatte ricerche affinché possano ricontattare le famiglie nei loro Paesi d'origine. Ma tutto questo avviene solo dopo che sono state verificate le loro condizioni di salute. Esistono tre centri Praesidium e si trovano al Sud, in Sicilia, Calabria e Puglia, ma va detto che una parte del progetto mira anche a verificare le condizioni in tutti i centri di accoglienza presenti in Italia; oltre a quelli nelle aree di sbarco ci sono quelli del Nord.

Ovviamente siete presenti in prima linea a Lampedusa

Sì, anche se Lampedusa ha una caratteristica specifica rispetto agli altri centri. Qui la macchina dell'assistenza agli sbarchi è estremamente rodata, visto il numero degli sbarchi che si susseguono sull'isola. 

I migranti hanno tante storie, una per ogni persona che sbarca, ma poi alla fine hanno un unico destino una volta arrivati. Qual è quello che trovano in Italia?

Il flusso dei migranti in arrivo è misto, ossia tra di loro ci sono coloro che desiderano richiedere l'asilo politico, oppure quelli che salpano per motivi economici e per trovare un futuro migliore in un Paese diverso da quello d'origine. Chi fa richiesta d'asilo viene trasferito in un centro di seconda accoglienza e qui aspetta l'esito della sua richiesta. Se viene accolta, allora potrà restare in Italia, ma anche se non viene accolta lo Stato può comunque ravvisare una ragione di permanenza "umanitaria" e quindi dare al migrante un permesso di soggiorno da 1 a 3 anni. 

E le persone alle quali non viene riconosciuto alcun diritto che fanno?

Dovrebbero essere rimpatriati, oppure possono fare appello, cosa che generalmente accade. In questo caso, per tutto il tempo necessario a ricevere la sentenza d'appello possono restare in Italia.

E ci restano?

La nostra esperienza ci dice che sono pochi quelli che vogliono rimanere in Italia. Anche i richiedenti asilo solitamente tendono a raggiungere altre comunità in altri Paesi. E quelli che sono spinti dal fattore economico preferiscono provare a raggiungere l'Europa del Nord, Paesi come la Svezia, dove pensano che sia più facile trovare lavoro, piuttosto che restare in Italia. 

Lei dice che a Lampedusa la macchina è rodata, ma questo significa che non ci sono problemi e criticità?

Assolutamente no. Purtroppo, le persone restano a Lampedusa troppo a lungo. Ho detto che appena sbarcati i migranti vengono sottoposti a controlli sanitari, ma se non hanno necessità mediche immediate non dovrebbero restare nel centro di accoglienza di Lampedusa e dovrebbero invece essere trasferiti altrove. Purtroppo, oggi come oggi i centri non ospitano, ma contengono.

Cosa intende con questo?

Le faccio un esempio su tutti. Il nostro centro di Mineo in Sicilia può ospitare fino a 2.000 migranti. In passato è riuscito ad accogliere circa 3.000 persone nei momenti più critici. Oggi conta 4.000 ospiti. Tenga presente che il comune di Mineo è composto da poco più di cinquemila abitanti. Può immaginare la difficoltà di questa situazione. Poi c'è il centro di Crotone, che dovrebbe essere per 850 persone e che invece oggi ne accoglie circa 1.300. Insomma, ci rendiamo conto che questi numeri raccontano una situazione drammatica. Ecco perché dico che più che ospitare i migranti oggi i nostri centri li stanno "contenendo".

Crede che la soluzione sia la costruzione di altri centri?

Su questo il ministero ha espresso in maniera netta la sua volontà. Nei prossimi anni il numero dei centri di accoglienza verrà triplicato, e questo - come possiamo immaginare - comporta anche un notevole impegno economico. Tuttavia, mentre aspettiamo la costruzione dei nuovi centri diventa sempre più urgente intervenire sin da subito per gestire la fase della prima accoglienza. I migranti non possono restare nel centro dove sono sbarcati così a lungo, ma è davvero necessario trovare delle soluzioni più rapide, affinché vengano indirizzati verso la seconda fase. Altrimenti i centri continueranno a esplodere.

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Anna Mazzone