Il disastro della politica sull'immigrazione
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Il disastro della politica sull'immigrazione

L'operazione Mare Nostrum è un danno. Serve ben altro, soprattutto meno slogan - L'analisi - Il sondaggio

La politica italiana sull’immigrazione è un disastro. Un assemblaggio di errori, ipocrisie, contraddizioni.

L’audizione in Senato di Giovanni Pinto, direttore dell’Immigrazione, ha portato alla luce tutte le pecche di un governo inadeguato dell’emergenza e la colpevole latitanza dell’Unione europea nel proteggere e controllare frontiere che sono italiane ma anche comunitarie. Fino a 800mila potenziali migranti in Libia pronti a salpare per l’Europa e l’Italia, ma soprattutto il dato già acquisito di 25mila nuovi arrivi da gennaio rispetto agli 11mila di tutto il 2013, sono dati allarmanti e non “allarmistici”, come ha cercato di sostenere Matteo Renzi a “Porta a Porta”. 

La gestione dei flussi migratori illegali non è qualcosa che possa ridursi a un difetto di comunicazione al pari delle bagarre interne al Pd, dei rapporti di forza nella maggioranza o del “derby giudiziario”. No, qui i problemi sono veri, profondi, drammatici, riguardano persone in carne e ossa che rischiano la vita. Donne e bambini. Problemi che incidono sulla sicurezza e la coesione sociale, che minacciano l’equilibrio di intere comunità. Qui l’unica comunicazione sbagliata è stata quella irresponsabile  degli ultimi governi, l’illusione di poter affrontare l’immigrazione clandestina con le raccolte di poesia o la sociologia d’accatto. L’operazione “Mare Nostrum” scattata nell’ottobre 2013, il dispositivo di soccorso della nostra Marina appena i radar intercettano un barcone in arrivo, e le ripetute passerelle umanitarie a Lampedusa, rappresentano di fatto un messaggio spaventoso di indiscriminata accoglienza per chiunque sia tanto disperato da affrontare gli incerti della traversata col miraggio di ricominciare una vita normale in Europa. Il semaforo verde ai viaggi della morte.

L’assurdità della nostra politica dell’immigrazione è ben esemplificata da un dato: l’identificazione dei clandestini non può avvenire direttamente in carcere. E se i Centri scoppiano, si rivela ogni giorno più insufficiente la ricerca di alloggi attraverso le prefetture. La situazione sta precipitando. 

È ridicolo che il governo pensi di fornire un’informazione sull’emergenza con comunicati in cui si sottolinea per esempio che 207 scafisti sono stati arrestati grazie a “Mare Nostrum” (pesci piccoli che hanno alle spalle una ben altrimenti forte e numerosa organizzazione di trafficanti) o che l’Italia “non dev’essere lasciata sola”. Il governo non ha neppure l’autorevolezza per imporre nel semestre di presidenza italiano della UE il tema dei flussi migratori come centrale. 

La realtà è nel quadro onesto fornito da Pinto, com’era suo dovere visto che riferiva al Parlamento. Quest’anno gli sbarchi saranno più dei 61mila del 2011, nel pieno delle primavere arabe. I Centri di identificazione ed espulsione, che al momento possono “ospitare” i clandestini fino a un anno e mezzo, già nel 2013 sono costati 236 milioni di euro (66 in più rispetto al 2012), e 7 su 12 sono distrutti dalle rivolte. La missione “Mare Nostrum” costa 300mila euro al giorno, circa 100 milioni l’anno. E dietro questi numeri ci sono quelli terribili, che nessuno può quantificare davvero, delle vittime in mare, una strage continua. Ci sono quelli di un sistema criminale che prospera grazie all’umanitarismo demagogico e incompetente. Dietro ci sono le responsabilità di paesi come la Francia che per i propri interessi economici ha scatenato la guerra in Libia facendo cadere Gheddafi. Che pur essendo il dittatore che era, garantiva stabilità nell’area, un argine al fondamentalismo, e un’interlocuzione valida nella gestione dei flussi. Oggi la Libia è in preda all’anarchia, e a dispetto delle mega-iniziative come la recente conferenza sulla Libia che proprio l’Italia ha ospitato al ministero degli Esteri, è tuttora divisa e frammentata, in mano a gruppi violenti, fonte di instabilità in tutto il Nord Africa, insomma un cuneo di minaccia nel mezzo del Mediterraneo. 

E allora, di fronte a questa emergenza che rischia di provocare in tempi breve un disastro umanitario e sociale, tutte le chiacchiere sull’Europa rischiano di naufragare esattamente come i barconi dei disgraziati. Non basta il politichese, non bastano gli show televisivi, non basta la gestione (il raffreddamento) della comunicazione sui numeri (per nasconderli?). Qui ci vogliono precise azioni di governo, la forza di un’amministrazione che faccia i conti con la realtà. Che dia risposta all’allarme di quanti si confrontano ogni giorno con il problema, invece di lamentarsi per motivi elettorali dell’“allarmismo”. Ben venga l’allarmismo, se serve ad agire per scongiurare il peggio (e se, al contrario, proprio il buonismo ha contribuito a generare l’orrore dei boat-people). Prima che sia troppo tardi.   

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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