I primi cento giorni di Morsi
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I primi cento giorni di Morsi

Un bilancio dell’operato del primo Presidente “fratello musulmano” nella storia dell’Egitto

Sono passati più di cento giorni da quando Mohamed Morsi è stato eletto Presidente dell’Egitto. Il “sostituto”, come era stato definito dai suoi detrattori, a causa della mancanza di carisma e di capacità decisionale, era stato candidato dalla Fratellanza Islamica dopo che la Corte Costituzionale aveva escluso Shater dalla corsa elettorale. Mursi ha però smentito i critici, grazie ad alcune scelte coraggiose, come quella di eliminare l’emendamento costituzionale che permetteva al Consiglio Supremo delle Forze Armate di opporre il proprio veto a qualsiasi articolo della nuova Costituzione.

La nuova Carta fondamentale dell’Egitto è il principale tema di discussione in questi mesi. I liberali criticano la nuova Costituzione egiziana e ritengono che questa non rappresenti le posizioni politiche di tutti gli egiziani. Gli islamisti, che sono la maggioranza, stanno scrivendo la Costituzione secondo i principi del costituzionalismo islamico: la teoria politica che cerca di conciliare islamismo e democrazia. Secondo questa visione del mondo, lo Stato ha il dovere di educare la società ai valori positivi, consigliando il cittadino sulle sue scelte etiche. Un esempio di questa ideologia è l’articolo 15 della bozza costituzionale egiziana, secondo cui “lo Stato e la società hanno il dovere di promuovere l’etica, proteggere e salvaguardare le autentiche tradizioni egiziane ed esaltare la disciplina religiosa, il patriottismo e i valori etici”.

Non mancano poi accuse e polemiche riguardo alla condizione femminile. La nuova Costituzione garantisce l’uguaglianza tra donne e uomini, ma specifica che ogni legge deve essere “confermata dalle decisioni relative alla legge islamica”. Le organizzazioni femminili ritengono che questa condizione limiti l’indipendenza delle donne, poiché esistono pareri discordanti fra i dotti islamici su temi molto importanti, come il divorzio e l’eredità, e non sempre le interpretazioni della legge islamica garantiscono piena parità tra i sessi.

Lo scontro si sta polarizzando sempre di più, come dimostrano gli scontri violenti di venerdì scorso tra i sostenitori del Presidente egiziano e i laici. Tuttavia il Premier è ancora molto popolare. Secondo un sondaggio dell’Egypt Centre for Public Research, il 79% degli egiziani approva il suo operato (altri sondaggi indicano il 40%), nonostante la Fratellanza Islamica sia un po’ meno popolare di qualche mese fa.

Morsi è un Presidente molto diverso dai leader egiziani che l’hanno preceduto, sia perché appare a molti egiziani come una persona ordinaria, lontana dagli sfarzi della “corte” di Mubarak, sia perché non vuole diventare un dittatore. Nonostante il nuovo presidente stia nominando diversi membri della Fratellanza Islamica nelle posizioni chiave della società, la nuova Costituzione promette di abolire i processi militari contro i civili.

Molti egiziani poi riconoscono che le intimidazioni della polizia verso coloro che non la pensano come il Presidente sono un po’ meno frequenti. L’Egitto di Morsi ha ancora alcuni tratti poco democratici, come testimonia l’arresto di un cittadino copto che aveva pubblicato alcune vignette offensive nei confronti dell’Islam, ma nessuno teme che possa tornare ad essere un regime autoritario, che consenta a un Presidente di rimanere in carica per tutta la vita.

La sfida più difficile per il Presidente Morsi è quella economica. L’Egitto consuma e importa pro capite la maggior quantità di grano del mondo ed è perciò molto sensibile all’andamento dei prezzi di questo bene di prima necessità. Molti egiziani guadagnano meno di 100 euro il mese e, se lo Stato non calmierasse il prezzo del pane con dei sussidi e non lo distribuisse direttamente a prezzi molto bassi, non potrebbero permettersi di mangiare.

Le spese per i sussidi alimentari rappresentano il 30% del bilancio governativo. Lo Stato ha sempre fatto fronte agli aumenti del prezzo del grano grazie allo sviluppo economico, ma oggi l’Egitto cresce meno di qualche anno fa, mentre l’incremento dei costi dei beni alimentari è simile a quello del periodo precedente alla rivoluzione, esplosa anche a causa dell’inflazione. Molti temono che la classe dirigente della Fratellanza Islamica non sia in grado di affrontare e superare queste difficoltà.

Nei suoi primi cento giorni Mursi ha dimostrato di essere pragmatico e decisionista, ma molti temono che il buon senso non basti a risolvere i problemi dell’Egitto. La situazione economica è la sfida più difficile da superare e non basterà a Morsi essere un egiziano come tutti gli altri per evitare che il suo Paese esploda di nuovo.

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Matteo Colombo

Vive tra Ankara e Il Cairo per studiare arabo e turco. Collabora con  diversi siti di politica internazionale. Le sue grandi passioni sono  l’Egitto, la Siria e la Turchia

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