Giorgia Meloni, la Evita Peron della Garbatella
ANSA /Ettore Ferrari
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Giorgia Meloni, la Evita Peron della Garbatella

Ex bambina prodigio della destra italiana, la leader di Fratelli d'Italia tenta la strada del peronismo ma trova solo la via dell'incoerenza

Ricordate le prime foto di gruppo di Fratelli d’Italia? Quelle che mostravano insieme Giorgia Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa? La innegabile somiglianza con la famiglia Addams offrì molti spunti agli umoristi, soprattutto a quelli di sinistra che amano cimentarsi con le ovvietà. Forse è per questo che la Meloni ha provveduto il più in fretta possibile a far scomparire gli altri due che comparivano con lei nell’immagine. Prima il gigante buono, Guido Crosetto, ex-forzista, liberale dichiarato, finito - neanche lui sa bene perché - in questa conventicola di reduci missini. Poi il luciferino La Russa, che sembrava dilagante all’epoca del Popolo della Libertà, ma che la piccola Meloni con un ringhio dei suoi ha messo sostanzialmente a tacere.

E così Giorgia Meloni, ex-bambina prodigio della Destra italiana, è diventata la padrona assoluta di questo piccolo movimento di destra, che ha mantenuto una rappresentanza in Parlamento solo grazie al “porcellum” e a Silvio Berlusconi.

In effetti, è difficile capire quale ruolo abbia Fratelli d’Italia nel già confuso panorama della politica italiana. Visto che lo spazio lepenista è già occupato con ben altra potenza di fuoco da Salvini, la Meloni cerca di ritagliarsi un profilo peronista che era nelle corde del vecchio MSI: un mix di pauperismo, di nazionalismo, di toni forti.

Va detto che la Evita Peron della Garbatella non si avvicina granché allo charme e alle arti seduttive dell’originale. Piuttosto suscita, ma solo a primissima vista, una sorta di tenerezza, grazie al viso tondo e gli occhioni sgranati. Tenerezza prontamente annullata dal tono di voce da caporalmaggiore e dal linguaggio, che invece è un curioso incrocio di politichese da prima repubblica e di marzialità eroica da campo Hobbit (erano luoghi isolati nei quali negli anni 70/80 si riunivano i giovani di estrema destra, a sognare di essere protagonisti della saga di Tolkien, a cantare inni della RSI e a prepararsi alle botte con i coetanei dell’estrema sinistra).

Dunque, un personaggio poliedrico, la nostra Giorgia. Intelligente, determinata, ha nel sangue la politica politicante. Sogna primarie, congressi, assemblee infuocate.

Con queste caratteristiche, nutre ovviamente un certa avversione nei confronti di Silvio Berlusconi: da vera professionista della politica, ha sempre guardato con una sfumatura di disprezzo l’uomo che si è permesso di costruire il centro-destra in Italia senza essere passato dalle assemblee di sezione, senza aver mai manovrato un ciclostile in vita sua.

È necessario tenere presente questo, per capire la logica con la quale l’intransigente Meloni guarda alle prossime elezioni regionali. Se in alcune aree, come il Veneto e la Liguria (grazie a Ignazio La Russa) o la Campania (per decisione del potente proconsole locale Edmondo Cirielli) Fratelli d’Italia converge sul candidato del centro-destra, come parrebbe ovvio a chi vuole ad ogni costo battere la sinistra, in altre regioni la nostra Giorgia scopre che Forza Italia non è abbastanza decisa nell’opporsi a Renzi.

E quindi, con perfetta coerenza, nelle Marche si rifiuta di appoggiare, con Forza Italia, un candidato che potrebbe spaccare il PD, e quindi provare a vincere, mentre in Toscana aggrava le difficoltà del centro-destra, alleandosi con la Lega contro Forza Italia.

Ma il vero capolavoro di Giorgia è la Puglia.
In questa tormentata terra, il centro-destra ha finalmente trovato un candidato credibile in Adriana Poli Bortone, storico esponente della destra Pugliese, e membro della segreteria nazionale di Fratelli d’Italia. Un successo insperato per la Meloni e il suo piccolo partito: così insperato che l’ha mandata su tutte le furie, ha ingiunto alla Poli Bortone di ritirarsi, e – poiché l’orgogliosa dama leccese ha ignorato l’invito – la furente Giorgia ha deciso per ripicca di allearsi con il Nuovo Centro Destra, e i dissidenti F.I. di Fitto. Il fatto che gli Alfaniani siano al governo con Renzi, non scuote la Meloni dalla granitica certezza che allearsi con loro sia la strada giusta per battere lo stesso Renzi.

Tutto questo può sembrare strano solo a chi non la conosca: in realtà la mossa di Giorgia risponde a due esigenze. La prima è tagliare le gambe a una esponente del suo partito (a maggior ragione una donna) che può batterla in autorevolezza, l’altra è di offrire una sponda a Fitto, memore delle lunghe serate romane, passate con lui tête a tête a parlar male di Berlusconi. Insomma, direbbe il poeta: c’è del metodo in questa follia. Nella follia di un partito che sembra ancora più stonato del mediocre inno nazionale da cui prende il nome.

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Serenus Zeitblom