Mosco-vita gay ai tempi di Putin
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Mosco-vita gay ai tempi di Putin

Anche se sono al bando, nella capitale gli omosessuali si incontrano in locali, ritrovi e saune. Resta un solo tabù: niente coming out

Dima agita i suoi bicipiti perfetti nel buio del locale. Il dj ci sa fare e la sua musica "spacca". Dietro di lui spunta come un sole un ragazzo con una canotta bianca, con la scritta "Wash me, please" e occhiali shutter. Sotto, la folla si muove al ritmo house. Partecipa al rito domenicale del Propaganda, il club storico di Mosca, sempre alla moda e con "orientamento esteso", ma dove l’ultimo giorno della settimana entrano solo maschi gay, con rare eccezioni.

Il viaggio di Panorama nella movida omosex russa parte da qua: in un quartiere limitrofo alla piazza Rossa, Kitaj Gorod, in uno spazio arredato in stile New York Soho: muri di mattoni, tavoli in legno grezzo, scale in metallo. Face control all’ingresso. Si paga solo la consumazione. I cocktail li preparano ragazzi dalla bellezza imbarazzante, come Dima. E tutti sembrano divertirsi moltissimo.

Ad accompagnarci sono Sasha e Tolik, ossia Aleksandr e Anatolij. Vivono insieme nel nord della capitale, dalle parti di Prospekt Mira. Sasha ha passato i 40 e fa l’artista, Tolik l’impiegato e ha 30 anni. Ha chiesto un giorno di permesso lunedì perché l’orario d’ufficio non è compatibile con le notti di alcol, musica martellante e "celebration" fino al mattino. Loro sono una coppia regolare. Per quanto ci possa essere qualcosa di regolare in una metropoli come Mosca, dove magari si dorme male ma non ci si annoia mai. Qui da quasi un anno è in vigore la legge che punisce con multe salate chi "di fronte ai minori fa propaganda omosessuale". Curioso come l’uso di una parola possa rientrare in cose tanto diverse. Una norma russa antidemocratica e il club più democratico di Mosca.

"Non è una legge, è l’ennesimo pezzo di carta uscito da una stampante" commenta Sasha. Il riferimento è agli storici eccessi burocratici russi. C’erano ai tempi degli zar e ci sono nella Russia di Putin. "Come c’erano i gay" o, per dirla alla russa, chi ha orientamenti non tradizionali. "Ci siamo e ci divertiamo come gli etero" aggiunge Tolik. "Spesso con loro. Abbiamo una compagnia variegata. Ci rientrano persone differenti. Anche naturalnie (equivalente in russo di straight in inglese, ndr). Questa sera volevamo fare qualcosa a tema, ma ci capita di rado di andare in locali solo gay, perché molti dei nostri amici e amiche non potrebbero entrare".

Una vita ben integrata, con servizi specifici. Come 01Taxi e Gaytaxi.ru che ti vengono a prendere in discoteca alla fine della notte brava e ti riportano a casa, in maniera tranquilla e sicura. Ci sono riviste, patinate e glamour, "evidentemente ma non dichiaratamente". O le saune tematiche, in un paese spesso descritto come l’Inferno per i gay. "Non è così. Non è proprio così" sorride Sasha, lanciando un’occhiata furtiva a Tolik.

Casa loro è un punto di ritrovo per molti. Si parla, si discute, si fa mattina, fumando una sigaretta dietro l’altra. Accalorandosi nel confronto dialettico sulla Crimea e la crisi Ucraina. Chi è contro, chi è pro Putin. Le adozioni per le coppie gay. Andrei, che ha una relazione stabile con un altro uomo, sta pensando di concepire un figlio con un’amica lesbica: "Il bambino vivrebbe con lei. Io contribuirei al suo mantenimento e alla sua educazione" dice. E il tuo compagno non è geloso? chiede qualcuno. "No, lui ha già dei figli e mi capisce".

Tutti intorno al tavolo di legno. Kolja, designer di interni, smanetta con l’iPhone, da cui spunta l’inconfondibile maschera arancione di Grindr, l’app per chi cerca partner. "A Mosca come in tutto il mondo è cambiato il modo di trovarsi e conoscersi. C’era un giornale di incontri negli anni 90. Le persone si scrivevano a una casella postale, si richiamavano sul telefono fisso. All’epoca i cellulari non esistevano. Ora c’è il web ovunque. Su internet scegli la persona. Ci si vede in qualsiasi punto della città". Internet ha cambiato tutto. Con Facebook, e i russi VKontakte od Odnoklassiki. Ma ci sono anche social network esclusivamente gay: Grindr, appunto, ma anche Planet Romeo o Gay–Hunters Bbs. Atterri in qualsiasi città, in Russia, in America, in Europa, e trovi quello che cerchi. "Programmi e app ti segnalano a quanta distanza quella persona è da te. Più facile di così..." commenta Tolik.

Altro discorso è la periferia. "Prendiamo un villaggio di mille anime" dice Sasha. "Secondo me c’è un 5-7 per cento di gay e lesbiche, 50-70 persone. Ma è un villaggio. La mentalità è quella. Magari non c’è neppure internet. Cosa cercano di fare quei 50? Raggiungere una grande città. E questo non vale per la Russia e basta. L’America sa essere altrettanto conservatrice. A parte qualche città, come San Francisco, New York, Los Angeles, Chicago. Il resto è una società completamente differente e in alcuni stati ci sono leggi molto vicine a quella che abbiamo noi sulla propaganda gay. È incomprensibile perché questa legge sia passata. I bambini, se vogliono, trovano la verità. Vieta a un adolescente che si sente diverso di aprirsi, magari con un insegnante. Vieta di far capire che non c’è bisogno di pensare al suicidio: essere gay può essere una variante di vita felice".

Per Tolik la legge è stata una scelta maldestra e "se ne è parlato talmente tanto che anche chi non lo era, ci ha fatto un pensierino. A sentirsi dire che esiste e che è male, la natura umana è portata a pensare che è come un dolce, proibito ma piacevole. O almeno interessante... Bisognava trovare un nemico del popolo, come sempre. Ecco perché è stata adottata la legge". A guardare le stelle della musica pop russa, si fatica a credere che quella legge sia passata in Parlamento. O a credere ai sondaggi che vogliono un 74 per cento dei russi contrario all’omosessualità. A partire dalle t.A.T.u, che hanno suonato alle Olimpiadi di Putin, Sochi 2014, e devono la loro popolarità anche alla loro presunta relazione lesbica, smentita dalle stesse, nel documentario Anatomy of t.A.T.u.

Si prestano a qualche fraintendimento anche le immagini del re del pop russo Philipp Kirkorov, ex marito di Alla Pugacheva, con il suo trucco e gli abiti luminosi. Lui non si è mai dichiarato gay. E viene spesso fotografato con donne bellissime. Mentre i maligni interpretano a modo loro la figlia avuta da una madre surrogata americana nel 2011. D’altronde la confusione è all’ordine del giorno dopo il "bacio di gioia" che si sono scambiate due campionesse russe ai Mondiali di Atletica a Mosca, considerato erroneamente una protesta contro la legge antigay.

Ci sono poi le bellissime ViaGra. Nel 2009, i piccoli schermi russi riprodussero il video Sumaschedshij (ossia pazzo), con una delle ragazze vestita da uomo che diventa oggetto di carezze da parte delle altre componenti del gruppo. Attualmente la clip su Youtube è stata vista da quasi 3 milioni di persone, e la band è considerata uno dei più riusciti progetti musicali russi dagli anni 2000. La domanda è lecita: come possono avere tanta popolarità star così ambigue in un paese dove la parola pederasta è considerata un’offesa, da quando Nikita Khruschev la rivolse agli artisti di una mostra, che evidentemente non aveva gradito. Meno ancora, forse, gradirebbe uno dei cantanti più popolari in Russia oggi, Boris Moiseev, che fece e poi smentì un coming out. Termine molto raro per i gay in Russia. Sia oggi, sia in passato.

"Io non l’ho detto ai miei genitori e nemmeno sul lavoro" afferma Tolik. "Mia sorella lo sa. È sbiancata la prima volta che mi sono confidato. E subito ha implorato: non parlarne a mamma e papà". I genitori di Anatolij appartengono alla casta degli intellettuali, ossia a quella élite sociale che ha sempre praticato un lavoro intellettuale. "Sono entrambi in pensione, hanno una mentalità conservatrice e non capisco perché dovrei rivoluzionare la loro vita. Tanto più che la maggioranza da noi è convinta che gay e travestiti siano la stessa cosa: dei freak. Mentre poi mia sorella, quando ha iniziato a frequentare i miei amici, ha capito".

Anche Sasha si è confidato con suo fratello, che lo ha compreso e accettato immediatamente, nonostante lui abbia un passato molto più complicato di Tolik, con due figli non ancora maggiorenni e un matrimonio conclusosi tre anni fa "perché era finito l’amore". Sasha dice di essersi considerato sempre bisessuale, prima di conoscere Tolik e di non voler dire nulla ai propri figli prima della maggiore età.

E qui subentra un concetto nazionale della privacy tipicamente russo, e che non ha solo a che fare con il mondo gay o con la politica. Si dice "nie nado", non c’è bisogno, non si deve. Parlare del proprio privato e soprattutto di sesso. È un tabù trasversale. "Se c’è qualcuno che lo vuole comunicare al mondo, è suo diritto. Ma io ho la mia privacy" dice Sasha. "Non lo direi ai miei 3.500 contatti di Facebook. Non lo direi ai miei genitori. E non ci vedo niente di strano. Non penso che un eterosessuale vada a dire ai suoi parenti cosa fa a letto".

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Cristina Giuliano