La sfida di Raffaele Fitto
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La sfida di Raffaele Fitto

Il capo dei "lealisti" del Pdl è entrato in politica a vent’anni dopo la morte del padre, ex presidente DC della Puglia. E giura: "I miei candidati sono tutti rimasti con Silvio"

Se tra lui e Angelino Alfano fosse come in Top gun, uno dei film che ama di più, Raffaele Fitto, capo dei lealisti del Pdl, vedrebbe se stesso in "Maverick" (Tom Cruise) e il vicepremier in "Iceman" (Val Kilmer). Iceman è il perfettino numero uno dei migliori piloti della marina militare Usa. Maverick lo insidia: è spericolato, si ribella ai capi, ma è l’unico che mette in fuga a volo rovesciato un Mig 28.

Raffaele Fitto, quando giovanissimo andò in California, non si fece mancare la visita alla statua di cera di Maverick. Il tenente che volava inseguito dal fantasma del padre, perso giovanissimo. Proprio come Fitto. Perse il papà, e che papà (Salvatore Fitto era il potente presidente dc della Puglia), a soli 19 anni. Don Totò, un dc ala destra, forlaniana, morì in un incidente stradale a 47 anni, solo tre più di quelli che ha ora Fitto. I maligni dicono che lui non si fida di nessuno, forse è per questo che non ha un vero e proprio staff. Qualcuno gli imputa di essere troppo legato alla madre, Rita Leda Dragonetti: donna di polso che spinse Raffaele a prendere il posto del padre. Ogni volta che tirano fuori questa storia, Fitto la bolla come una leggenda metropolitana.
È un fatto però che dopo una vita spericolata, il 29 agosto 1988, il giorno dopo il suo compleanno, quando l’auto del padre fu travolta da un camion, Fitto si dovette mettere in giacca e cravatta. Fino ad allora era stato un vero discolo: figlio di papà, rampollo di una famiglia altoborghese latifondista. Rimandato a scuola, nottate in discoteca quando impazzavano la febbre del sabato sera e le canzoni del Califfo. Bravate sulla moto, guidata spesso su una ruota sola, scazzottate con i comunisti finite per poco in commissariato, e partite a calcio (è un ottimo centrocampista).

Poi: stop con i Rolling Stones, stop con i i Beatles, stop. Il Vietnam di Fitto fu il crollo della Dc, nel 1992-93. Aderì poco più che bambino a Forze nuove di Carlo Donat Cattin. E mantenne la stella polare dell’anticomunismo. Fino all’approdo in Forza Italia e a diventare ora l’anti Alfano. Perché il giorno in cui Silvio Berlusconi (al quale dà del tu, a differenza di Alfano che gli dà del lei) decadrà da senatore, Fitto ha il terrore di rivedere per strada sputi e lanci di monetine.

I giudici gli stettero addosso fin dal suo insediamento alla regione. Risultato: una condanna in primo grado a 4 anni di reclusione e 5 di interdizione (insomma come il Cav), accusato di aver intascato 500 mila euro dal gruppo Angelucci. Soldi, si ribellò Fitto, "dati al mio movimento, regolarmente registrati anche alla Corte dei conti". La condanna gli arrivò proprio il 12 febbraio scorso, il giorno prima dell’arrivo di Berlusconi a Bari per chiudere la campagna elettorale. E uno dei pm che avviarono l’inchiesta, Lorenzo Nicastro, è oggi assessore regionale della giunta di Nichi Vendola. Fitto, assolto per due episodi di falso in un processo stralcio, pretese di sentire le intercettazioni e stette ore e ore con le cuffie incollate all’orecchio. Fitto è uno che probabilmente non avvisò neanche la moglie, la bella Adriana Panzera, della clamorosa intervista di rottura con Alfano, "convintamente berlusconiana", direbbe lui, al Corriere della sera, il 6 ottobre scorso. Ne parlò a cose fatte con Giacinto Urso, 89 anni, padre politico di suo padre Salvatore. Urso è forse l’unico uomo di cui Fitto si fida. Quando il finesettimana torna a Maglie (Lecce), la città sua e di Aldo Moro, si fionda spesso dall’amico quasi novantenne.
È lui il suo vero potere forte. Il Leccese è zona di piccole e medie industrie e di agricoltura, dove l’ex governatore-ragazzino (lo divenne a 31 anni) ed ex ministro ai Rapporti con le regioni è radicatissimo. Ottimi rapporti con la Coldiretti, ma anche con gli ex presidenti della Confindustria, da Antonio D’Amato a Luca di Montezemolo, a Emma Marcegaglia. Però non con il presidente attuale, Giorgio Squinzi.

Leader regionale, «interessato solo al suo feudo», lo criticano i detrattori. Ma lui non ha problemi neppure a essere ricevuto in Vaticano. L’aria da eterno ragazzo, ma meno sorridente del padre, si ribellò e impose a Berlusconi che al posto di Adriana Poli Bortone, in Puglia, venisse candidato un suo uomo: Rocco Palese, ex assessore con lui in regione e ora deputato. Palese perse, ma Fitto non si pentì e disse al Cav: «Non potevo fracassare il partito, candidando una già alleata con il centrosinistra per la Provincia di Lecce». Fitto ha il Salento dalla sua parte. Ma anche nel resto della Puglia ha con sé centinaia di consiglieri comunali, provinciali e sindaci. A Bari, dov’è un po’ meno forte, lo insidiarono ai congressi del Pdl il ministro Gaetano Quagliariello e Alfredo Mantovano, ex magistrato. Presero una musata: poco più del 20 per cento.

Dicono i vendoliani di Sel: "Fitto è un politico intelligente, ma è la vecchia Dc". La ruggine è vecchia. Agosto 2003: l’auto del governatore Fitto viene presa a sassate a Terlizzi, la città di Nichi Vendola. Fitto denunciò: "Vendola un po’ li calmava e un po’ li aizzava". Aveva chiuso una ventina di ospedali perché a 15 chilometri l’uno dall’altro. L’allora segretario regionale dei Ds, Giuseppe Vacca, presidente dell’Istituto Gramsci, gli rimproverò una certa impulsività. Però gli riconosce: "È un uomo con una visione politica". Massimo D’Alema, che voleva fare il ribaltone in Puglia, invitato lo scorso agosto alla commemorazione di Salvatore Fitto, gli fece una battuta delle sue: "Con te, Raffaele, il mio corteggiamento è stato breve e intenso, ma non è riuscito".
Fitto, l’anticomunista, prese come portavoce alla regione proprio un ex pci: Raffaele Gorgoni. Qualcuno lo ha sentito dire a Berlusconi: "I miei candidati sono rimasti tutti tuoi soldati, quelli candidati da altri ti stanno tradendo". La sfida nei cieli tra Maverick e Iceman impazza. Ma l’obiettivo comune dovrebbe essere colpire i Mig del Pd.

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Paola Sacchi

Sono giornalista politico parlamentare di Panorama. Ho lavorato fino al 2000 al quotidiano «L'Unità», con la mansione di inviato speciale di politica parlamentare. Ho intervistato per le due testate i principali leader politici del centrodestra e del centrosinistra. Sono autrice dell'unica intervista finora concessa da Silvio Berlusconi a «l'Unità» e per «Panorama» di una delle prime esclusive a Umberto Bossi dopo la malattia. Tra gli statisti esteri: interviste all'ex presidente della Repubblica del Portogallo: Mario Soares e all'afghano Hamid Karzai. Panorama.it ha pubblicato un mio lungo colloquio dal titolo «Hammamet, l'ultima intervista a Craxi», sul tema della mancata unità tra Psi e Pci.

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