A chi fa comodo Napolitano al Quirinale
ANSA/ANGELO CARCONI
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A chi fa comodo Napolitano al Quirinale

Ecco perché si cerca di trattenere il Presidente della Repubblica al suo posto il più a lungo possibile. E perché questo non succederebbe in nessun Paese del mondo

Fervono le trattative per tenere il più possibile Giorgio Napolitano al Quirinale. Prolungamento che serve anzitutto a Matteo Renzi per far andare in porto la nuova legge elettorale e prepararsi al voto (non si sa quando, anzi non si sa mai). Il patto sembra consistere al momento in un baratto tra l’accordo sulla riforma e la promessa di Matteo di non andare subito a elezioni anticipate (non converrebbero a Forza Italia, a Ncd e al Movimento 5 Stelle, né ai parlamentari e a chi siede al governo).

Intanto i grillini fanno politica a modo loro: non contenti di manovrare nel Palazzo della politica, il Parlamento, vanno in un altro Palazzo, alla Procura di Roma, a denunciare il “Patto del Nazareno” tra Renzi e Berlusconi. E la Procura “apre un fascicolo”. In questa Italia devastata e degradata, nella quale si occupano abusivamente le case, si massacrano le persone a casa e ogni nubifragio provoca una tragedia, un’Italia nella quale l’illegalità è impune e il sopruso è regola, la magistratura trova il tempo di aprire un dossier su un “patto politico”. Anche i media fanno la loro (pessima) parte e si scandalizzano per l’assoluzione di alcuni scienziati (non tutti) per il mancato annuncio del terremoto dell’Aquila. Trascurano il fatto che un condannato c’è. E semplificano tutto dipingendo la sentenza come una paradossale condanna degli “unici colpevoli”, i terremotati. Gli aquilani come Cucchi. L’Italia è sempre più il paese della troppa politica e delle semplificazioni di quint’ordine, mentre (quasi) tutto va allo sfascio. 

In nessun paese al mondo succede quello che succede a casa nostra. In nessun paese al mondo uno scienziato verrebbe condannato per non aver previsto un sisma. In nessun paese al mondo la magistratura aprirebbe un fascicolo su un’intesa politica che ha occupato le prime pagine di tutti i quotidiani per mesi, ma presentata come un attentato alla Costituzione. In nessun paese al mondo si tollererebbe l’occupazione di case private e di enti pubblici grazie a gang organizzate in racket. In nessun paese civile al mondo il leader di un partito rischierebbe il pestaggio finendo in trappola e senza protezione in un parcheggio affollato di ceffi che passano quasi per difensori della tolleranza (in nessun paese al mondo verrebbe accusato di “essersela cercata”). In nessun paese al mondo si chiudono le scuole per un acquazzone.

E mentre tutto questo avviene come fosse la normalità, e non abbiamo più neanche il sussulto di riconoscere che normale non è affatto, c’è un signore sul Colle che si presenta come garante dell’unità nazionale e del prestigio delle istituzioni, ma che alla soglia ormai dei novant’anni è (indipendentemente dalla persona) lo specchio di un paese rimasto indietro mentre il mondo va avanti. Indietro alla vecchia politica, ai vecchi schemi, alle vecchie caste. Troppa politica, troppa faziosità, troppa superficialità. Ma non un solo problema che venga davvero risolto (tranne che a parole).

E Napolitano è stato, volente o nolente, il sacerdote di questo sfacelo.  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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