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Pete Marovich/Getty Images - 29 ottobre 2018
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Usa, voto di Midterm: cos’è, sondaggi e cosa potrebbe accadere a Trump

Il 6 novembre si vota per il rinnovo di parte del Congresso. Così il presidente si gioca il suo futuro

Prima la serie di pacchi bomba contro esponenti o sostenitori democratici, poi l’attentato alla sinagoga di Pittsburgh: quanto accaduto alla vigilia del voto di Midterm negli Usa rischia di influire sull’esito delle consultazioni stesse. Il presidente Trump non ne ha fatto mistero e sarebbe su tutte le furie: i sondaggi, infatti, davano i Repubblicani in ripresa sui Democratici. Secondo Real Clear Politics a separare i due partiti a fine ottobre erano meno di 8 punti percentuali, con il partito di Trump in risalita rispetto ai dati dei mesi scorsi.

I fatti di cronaca, però, rischiano di spostare l’ago della bilancia, tanto che il capo della Casa Bianca ha affidato a Twitter il suo sfogo: “I repubblicani stanno facendo così bene nel voto anticipato e nei sondaggi, e ora accade questa cosa della bomba e il momento favorevole frena. Le notizie ora non parlano di politica. Molto spiacevole quello che sta succedendo. Repubblicani, uscite e votate!”.

A pesare, poi, il Russigate, sul quale Trump tenta di far calare un velo, ma che invece rimane al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica, con l’ipotesi di una  eventuale richiesta di impeachment sottoposta proprio al voto del Congresso. Appena dopo il voto, poi, il procuratore speciale Mueller consegnerà il fascicolo con le conclusioni della sua indagine.

Cos’è il voto di Midterm

Per gli americani è tempo di tornare alle urne, a due anni dall’elezione di Donald  Trump alla presidente Usa. Questa volta, come da tradizione statunitense, è la volta del voto di Midterm, le elezioni di metà mandato che rinnoveranno il Congresso (435 membri della Camera dei Rappresentanti, 36 dei 100 membri del Senato, due per ciascuno Stato) e alcuni governatori (36 su 50).

Negli Usa esiste la possibilità di voto anticipato e a fine ottobre si erano già recati alle urne in 7 milioni. Le conseguenze del voto, però, potrebbero avere pesanti ripercussioni anche su Trump e la tenuta del suo mandato, perché si uniscono alle indagini sul cosiddetto Russiagate.

Gli ultimi sondaggi

Le ultime indicazioni di voto, pubblicate il 24 ottobre da uno degli istituti più accreditati ossia Real Clear Politis, davano i Democratici al 49,1% e i Repubblicani al 41%, con una ripresa di questi ultimi rispetto all’andamento dei mesi scorsi. Basti pensare che a dicembre 2017 il distacco era di ben 13 punti.

Questo ha spinto il Presidente e diversi analisti a parlare di uno stop della cosiddetta #bluwave, l’onda blu, cioè il colore che contraddistingue i Democratici. L’inversione di tendenza rispetto alla volata del partito di Obama e Clinton sembra si sia registrata con l’elezione (tormentata) del giudice Brett Kavanaugh alla Corte Suprema, dopo un braccio di ferro vinto da Donald Trump.

Di certo il voto non rappresenta solo un appuntamento politico importante per il futuro del Congresso e dei rapporti con il Presidente, ma è considerato una vera cartina tornasole del gradimento del capo della Casa Bianca, oltre che un “trampolino di lancio” verso le presidenziali del 2020. Non a caso in molti stati dove si vota per rinnovare il Governatore, la battaglia si gioca sul peso dei consensi che i Democratici mirano a strappare al partito di Trump. Tra questi ci sono Stati-chiave come Texas, Georgia e Florida, tradizionalmente bacino di consenso per i Repubblicani.

Cosa potrebbe accadere

Alla vigilia del voto la Camera dei Rappresentanti era controllata dai Repubblicani che potevano contare su 235 deputati su 435. Anche in Senato la maggioranza è nelle mani del Partito di Trump, seppure con numeri più risicati: appena 51 senatori in più. Secondo il Washington Post dal voto di Midterm potrebbe uscire una maggioranza democratica, con un testa-a-testa in 69 circoscrizioni. Se ciò avvenisse, la politica di Trump (dall’immigrazione alle armi) potrebbe essere resa più difficile da un’opposizione forte alla Camera.

Sembra più difficile, invece, che il “ribaltone” avvenga in Senato, dove si vota per rinnovare solo un terzo dei componenti, per lo più sostituendo senatori che sono già democratici.  

I precedenti di “ribaltoni”

Se anche i Repubblicani dovessero uscire ridimensionati dalle elezioni di metà mandato, la posizione del presidente Usa non sarebbe direttamente interessata. Non sarebbe, infatti, la prima volta che il capo della Casa Bianca vede il suo partito sconfitto dal voto di Midterm.

Al contrario, tradizionalmente l’esito delle consultazioni intermedie ha sempre premiato l’opposizione, dal 1938 al 2014. Le uniche eccezioni sono state rappresentate dal voto del 1998, con Bill Clinton Presidente (che però non riuscì comunque a ottenere la maggioranza dei due rami del Congresso) e del 2002, con George W. Bush alla Casa Bianca.

Il Russiagate

Il vero nodo riguarda, invece, il cosiddetto Russiagate, ossia il dossier sui rapporti tra Mosca e la Casa Bianca, sui quali indaga il Procuratore speciale Mueller. L’ex capo dell’FBI, che ha aperto un fascicolo da oltre un anno, sarebbe pronto a rendere noti i risultati dell’inchiesta sulle presunte interferenze russe nelle presidenziali del 2016, ma starebbe aspettando l’esito del voto di Midterm.

L’obiettivo è quello di non influenzare le elezioni. Una volta chiusi i seggi, però, Trump potrebbe decidere di intervenire a gamba tesa, liquidando sia il Segretario alla Giustizia, Jeff Sessions, ricusato dal procedimento, sia il suo vice, Rod Rosemberg, procuratore generale a cui Mueller consegnerà il dossier. In questo modo potrebbe sperare nella chiusura del caso, prima di esserne eventualmente coinvolto in prima persona con un’eventuale richiesta di impeachment che potrebbe essere presentata discussa proprio dai deputati al Congresso.

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Eleonora Lorusso