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Migranti e Libia: ecco come funziona il mercato di esseri umani

I trafficanti sarebbero disposti a farsi pagare per rinunciare temporaneamente al giro d'affari. È quel che ha fatto il governo italiano?

Il generale caos in Libia è un terreno fertile su cui crescono e operano terroristi, milizie, gruppi di poteri locali, criminalità organizzata e altri soggetti molto ambigui, tra i quali la cosiddetta Guardia Costiera libica da più parti indicata come principale “trafficante” di esseri umani.

Tali gruppi hanno dato vita a economie locali e reti commerciali, traendo profitto da un’illecita tassazione di attività illegali come il traffico di armi, petrolio e droga.

LA TRATTA DI ESSERI UMANI

Ma è attorno alla tratta di esseri umani, la primaria fonte di immigrazione clandestina in Europa, che si è creata una redditizia economia parallela che è oggi il secondo business della Libia, dopo il petrolio.

Il 2016 è stato l’anno con il maggior numero di sbarchi di migranti clandestini dalla Libia all’Italia, 181mila.

Il 2017, iniziato con nuove cifre record, ha subito tra luglio e agosto una brusca frenata che può essere conseguenza di due ordini di fattori.

Da un lato meno navi delle Ong che attendono i barconi al largo della Libia (con conseguente riduzione dei morti in mare).

I SOLDI ITALIANI PER FERMARE I TRAFFICANTI

Dall’altro lato, sostiene Francesca Mannocchi di Middle East Eye, gli aiuti dati dal governo libico di Tripoli ad alcuni gruppi dediti al traffico di esseri umani, con il supporto italiano.

Un aiuto, pari a 5 milioni di euro, che sarebbe funzionale a tenere i migranti lontani dall’Italia almeno per un mese: un’equa compensazione economica a fronte della rinuncia (temporanea) a un giro di affari molto redditizio.

Dunque quegli stessi gruppi dediti al traffico di esseri umani, oggi sarebbero pagati per non farlo. Un do ut des vantaggioso per entrambe le parti, pur a fronte di un rafforzamento degli attori non statali e un conseguente indebolimento del sempre più fragile governo libico sostenuto dall’Italia (quello di Al-Sarraj a Tripoli).

Ma qual è l’entità e cosa c’è dietro a tale business?

IL MERCATO DEGLI UOMINI, IN LIBIA

Come evidenziato da Chiara Sulmoni, nel suo reportage per la Radio della Svizzera italiana, "Libia, il mercato degli uomini", le nuove organizzazioni e le reti di contrabbando capaci di trarre vantaggio dalla generale instabilità hanno dato vita a un'attività economica strutturale all’interno della quale il "valore commerciale" della tratta di esseri umani in Libia è stimato in 253 milioni di euro all'anno, con un aumento di 64 milioni di euro per anno, e un giro di affari complessivo di 1,2 miliardi di euro considerando il fenomeno complessivo. I costi di gestione (cibo, alloggio, sicurezza, mezzi di trasporto, ecc.) ammonterebbero al 35% del totale. In media ogni migrante pagherebbe 1.200 euro, con casi particolari che arriverebbero a sborsare fino a 5.000 euro.

In Africa sono attivi non meno di 250 centri di smistamento illegali; strutture in grado di adattarsi velocemente alle misure di contrasto.

SOCIAL NETWORK E DARK WEB

Ciò che emerge sono le capacità organizzative di alto livello in grado di offrire servizi sempre adeguati alla domanda, anche grazie all’efficace utilizzo dei social media e del Dark Web, che consentono di evitare controlli e sistemi di sicurezza ai confini.

Capacità che hanno portato alla crescita dei reclutamenti online di migranti che sono sempre più giovani (Facebook è il principale social utilizzato, seguito da Instagram e Twitter) e maschi, con un bilanciamento di genere all’85% maschile e al 15% femminile.

Infine, le organizzazioni criminali hanno dimostrato di possedere competenze specifiche e adeguate in materia di leggi nazionali, accordi internazionali e regolamenti per la concessione di visti e procedure di richiesta di asilo politico o status di rifugiato; in particolare sarebbero molto aggiornati e competenti sulle vulnerabilità dei sistemi giudiziari nazionali.

Insomma, tante ragioni per continuare a fare business di migranti, ben poche per rinunciarvi.

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Claudio Bertolotti