Elezioni a Roma: il centrodestra si divide
ANSA/FABIO CAMPANA
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Elezioni a Roma: il centrodestra si divide

Per ora Bertolaso resta in campo con Forza Italia. Ma non sono escluse nuove strade tra cui l'ipotesi tandem con Marchini

Scegliere se continuare a sostenere Guido Bertolaso nella tormentata corsa a sindaco di Roma oppure chiedergli quel passo indietro necessario per poter convergere su Giorgia Meloni.

Il dilemma di Silvio Berlusconi in queste settimane era stato questo. Poi ieri, durante un acceso ufficio di presidenza di Forza Italia, ha fatto capire di non aver alcuna intenzione di abbassare le armi. L'ex capo della Protezione civile resta in corsa. Alemeno per ora. "La lista di Forza Italia a supporto di Guido Bertolaso verrà presentata il 29 aprile" ha annunciato oggi il coordinatore romano di Forza Italia DavideBordoni al termine di una riunione a palazzo Grazioli con Guido Bertolaso e alcuni parlamentari romani di Fi. "Abbiamo fatto il punto sulle candidature in municipi e in consiglio comunale - aggiunge - Non cambia nulla ma si va avanti con un agenda fitta di impegni sul territorio".

Intanto, il leader della Lega Matteo Salvini e la leader di FDI Giorgia Meloni hanno tagliato corto. "Se l'alleanza si estende bene, sono i benvenuti, se non vengono... bene lo stesso" ha dichiarato Salvini. "Roma ha bisogno di tante cose ma non di chi non riesce a decidere, noi ci proponiamo di entrare in Campidoglio per fare pulizia", ha concluso.

"Ora si discute di tutto, ma non faccio apparentamenti al secondo turno" ha invece affermato Meloni.

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Il clima tra gli azzurri rimane teso: una parte preme ancora affinché il Cav ci ripensi, un'altra non ha ancora perso la speranza di chiudere un accordo con l'altro civico, Alfio Marchini, l'ex prima scelta di Berlusconi, caldeggiata anche dallo stesso Matteo Salvini fino al veto di Giorgia Meloni.

Contatti sono in corso ma l'operazione non è semplice.

I sondaggi danno Marchini al 12%, il doppio di Guido Bertolaso.

In caso di ballottaggio contro la Raggi, sarebbe l'unico tra tutti i candidati di tutti gli schieramenti, a poterla spuntare. Pare che a Fedele Confalonieri, il consigliere più ascoltato in assoluto, l'ipotesi di un ticket Bertolaso-Marchini, con il primo nel ruolo di city manager del secondo, non dispiaccia.

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Eppure, mercoledì sera la firma di Berlusconi sull'appoggio a Meloni c'era. Poi, nel giro di qualche ora, è cambiato tutto di nuovo. Sicuramente nessuna delle persone più vicine a Berlusconi, vecchi amici e cerchia familiare, vorrebbe mai vederlo scendere a patti con due “ragazzotti” arrembanti che in cambio della sopravvivenza politica gli chiedono la leadership del centrodestra per trasformarlo da forza moderata e liberale in una succursale del Front national di Marin Le Pen. Una formula oggi elettoralmente più redditizia ma che tradisce l'identità originaria di quanto creato da Silvio Berlusconi.

Nella Capitale gli ultimi sondaggi danno Giorgia Meloni addirittura davanti al candidato Pd Roberto Giachetti, intorno al 20%, e Guido Bertolaso in quinta posizione, alle spalle di Alfio Marchini. Convergere su di lei garantirebbe a Forza Italia di eleggere qualche consigliere in più, di non sparire politicamente. Un risultato certamente migliore rispetto a quello a cui si può aspirare con Bertolaso. Ma non necessariamente anche il miglior risultato.

Nel senso che l'appoggio di Forza Italia alla candidata di Fratelli d'Italia non garantisce la vittoria finale. Ma forse il ballottaggio sì e insieme al ballottaggio romano, la tenuta dell'alleanza anche nelle altre città al voto.

Ma se sono i voti di Berlusconi a poter far arrivare la Meloni al secondo turno, allora piuttosto che dettargli ultimatum, dovrebbe essere lei, insieme a Salvini, a stendere tappeti rossi all'ex premier. Piuttosto che minacciarlo ogni minuto, dovrebbe pregarlo di appoggiarla garantendogli la conservazione della leadership. Purtroppo l'atteggiamento del leader leghista, che ieri ha detto che non farà patti con chi aiuta Renzi (leggi Berlusconi), non favorisce la ripresa del dialogo a Roma e rischia di avere ripercussioni anche altrove. In primis a Milano dove le chance di Stefano Parisi rischiano di essere compromesse dall'immagine di un'alleanza sempre più frantumata e rissosa.

L'impressione è che i giochi non siano ancora chiusi ma il termine ultimo per consegnare le liste si avvicina e presto o tardi Silvio Berlusconi dovrà dire la parola fine. Paradossalmente chi ha più da perdere dalle sue prossime scelte non è lui, bensì quelli che pensano che il tramonto della sua stella comporti necessariamente l'ascesa e la vittoria di quella di Matteo Salvini che, a oggi, ancora non si è nemmeno mai misurato elettoralmente in prima persona. A 80 anni Berlusconi non ha più nulla da dover dimostrare. Se non di essere e voler rimanere se stesso.

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Claudia Daconto