Le elezioni in Grecia e lo spettro del populismo
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Le elezioni in Grecia e lo spettro del populismo

Non c’è solo Syriza a spaventare le cancellerie europee. Ecco come mai il pericolo è sempre più elevato e cosa potrebbe scatenare

Non c’è solo Syriza a preoccupare le cancellerie europee. Il fronte, sempre più spinto, del populismo sta facendo proseliti nell’eurozona. Un rischio che è considerato sempre più grave da parte delle banche d’investimento. Se il 2014 è stato l’anno dello spauracchio della deflazione, per l’area euro il 2015 potrebbe essere quello della vittoria finale dei venti populisti. 

Credere che esistano ricette facili per uscire dalla crisi è illusorio

Il pericolo Syriza

Il 25 gennaio, quando la Grecia si recherà alle urne per le elezioni parlamentari, potrebbe essere il vero spartiacque della crisi dell’eurozona. Lo scenario che potrebbe concretizzarsi è quello di un massiccio rifiuto delle attuali politiche della troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue per uscire dalle sabbie mobili. Stop alle riforme strutturali, stop al consolidamento di bilancio, stop al rinnovamento della classe dirigente e della governance economico-finanziaria. In altre parole, c’è il concreto timore che si possa effettuare una restaurazione de facto delle politiche che hanno condotto l’area euro sul ciglio della disgregazione. Un concetto ripetuto anche dal capoeconomista della Bce, Peter Praet, nel corso di un’intervista al quotidiano tedesco Börsen-Zeitung. “Non bisogna pensare che basti tornare al vecchio sistema, o al precedente modello, perché tutto migliori. È un’illusione”, ha detto Praet. Eppure, a guardare i sondaggi elettorali dell’eurozona periferica, sono in molti a credere a questa illusione. 

Fenomenologia del populismo

Secondo quanto ha fatto notare Brookings, la Grecia potrebbe essere il precursore della più grande ventata di populismo nella storia della zona euro. “Il populismo vive di sentimenti forti e contrastanti, che vengono cavalcati attraverso la manipolazione dell’opinione pubblica”, scrive il think tank statunitense. Nel caso dell’area euro, la manipolazione avviene tramite la proposta di ricette facili e semplici per l’uscita dall’attuale situazione. Una situazione che è seria, ma potrebbe tornare a essere di emergenza in poco tempo. “Uscire dall’euro o rinegoziare i patti sottoscritti finora non è la soluzione”, scrive la banca statunitense Goldman Sachs. “Quando un problema è strutturale, va risolto con ricette precise. Nel caso di Atene, ma anche in quelli di Italia e Francia, occorre che i governi dimentichino il loro elettorato e decidano di applicare le riforme promesse”, spiega Goldman Sachs. Infatti, osservando la fenomenologia politica degli ultimi anni, emerge una tendenza volta al mantenimento dello status quo attraverso operazioni politiche basate su annunci e continui ritardi nella piena adozione delle misure strutturali. Tanto in Grecia, quanto in Francia e in Italia.

Il populismo vive di sentimenti forti e contrastanti, che vengono cavalcati attraverso la manipolazione dell’opinione pubblica

Il clima in Italia e Grecia

“Quando di parla di Grecia, è comprensibile la posizione politica di Syriza”. Così afferma il think tank Centre for European Reform (CER) in una nota di commento alle ultime vicende elleniche. Tuttavia, fa notare che i casi di Grecia e Italia sono borderline. È vero che la disoccupazione, compresa quella giovanile, è ai massimi storici, ma né in Portogallo né in Irlanda, due Paesi che hanno richiesto l’assistenza finanziaria della troika, c’è stato un movimento populista così forte. Il motivo, spiega il CER, è da ricercare nella composizione della classe politica. “Quando in un contesto di clientelismo, corruzione e nepotismo come quello presente a Roma o Atene viene inserito un elemento di disturbo che propone ricette immediate e radicali, la popolazione ne è attirata”, dice il think tank. “La colpa dell’ascesa del populismo non è tanto colpa della crisi, bensì dell’incapacità dei partiti tradizionali di rinnovarsi per rinnovare il Paese”, conclude. In sostanza, un quadro gattopardesco, all’interno del quale i politici ‘tradizionali’ puntano a non modificare alcunché pur di salvaguardare gli interessi personali. 

La possibile evoluzione

Fino a che punto le elezioni in Grecia possano essere la chiave di volta non è chiaro. Quello che è sicuro è che la legittimazione stessa dell’eurozona è in discussione. Non solo in Grecia o Italia. Anche in Spagna, nei Paesi Bassi, in Francia e in Germania i partiti populisti stanno guadagnando terreno. Dopo anni di crisi, come ha ricordato l’economista della New York University Nouriel Roubini, “sempre più persone stanno dicendo "quando è troppo è troppo", proprio come urlano i partiti come Front National, Lega Nord e Syriza”. Il problema maggiore, nel caso dell’area euro, è che possa continuare il deterioramento della legittimazione. Se così fosse, la credibilità dell’intera unione verrebbe meno e con essa i flussi di capitali internazionali, con la conseguenza che l’odierna stagnazione si prolungherebbe ancora di più. L’esatto contrario di ciò che serve all’area euro in questo frangente storico.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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