Quirinale: cos'è successo le ultime 4 volte
ANSA / ENRICO OLIVERIO
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Quirinale: cos'è successo le ultime 4 volte

Cossiga, Ciampi, Scalfaro, Napolitano. Misteri, alleanze, accordi e tradimenti delle più recenti nomine del presidente della Repubblica

Nel 1964, dopo l’elezione di Giuseppe Saragat, il quotidiano britannico Times pubblicò un articolo dal titolo: ‘They have chosen the best man but in the worst possible way’ (Hanno scelto l’uomo migliore nel peggiore dei modi). Una costante delle elezioni al Quirinale. Ecco cos'è sucesso in passato

- FRANCESCO COSSIGA

“Noi diccì occupavamo tutto ciò che era possibile occupare, ma sapevamo fin dove poter arrivare. E quando si arrivava a discutere di Quirinale ci fermavamo e cambiavamo atteggiamento. Perché il senso dello Stato ci ha impedito di essere arroganti, nonostante avessimo più del 30% dei consensi.” Sono le parole di Ciriaco De Mita, artefice dell’elezione di Francesco Cossiga al Quirinale nel 1985. La storia di quella elezione si risolse tutta nell’arco di poche ore per un incontro che non avrebbe dovuto esserci.

Dopo Sandro Pertini, lo Scudo Crociato aveva deciso di piazzare nuovamente la sua bandiera sul colle più alto. Bisognava solo scegliere il nome. L’incontro galeotto fu quello tra Bettino Craxi e Giorgio Almirante. Il segretario socialista aveva pensato di sdoganare il leader missino rendendolo partecipe della scelta del Presidente. De Mita, segretario democristiano, ottenne dal segretario comunista Alessandro Natta il pieno sostegno per il Presidente del Senato. A Craxi non rimase altro da fare che telefonare a Cossiga: “Voteremo per te!” Risultato al primo scrutinio: 752 voti.

- OSCAR LUIGI SCALFARO

Sette anni più tardi la situazione cambia radicalmente. Più che all’ingorgo istituzionale, si assiste al caos istituzionale. E’ l’elezione più drammatica della storia repubblicana. E’ l’ultima volta che la Dc è il partito di maggioranza relativa. A febbraio del 1992 scoppia Tangentopoli, ad aprile ci sono le elezioni e il candidato favorito a succedere a Cossiga è il segretario democristiano Arnaldo Forlani. Ma, come già avvenuto per altri in passato, la sua corsa verso la gloria si fermerà per colpa dei franchi tiratori suoi alleati (andreottiani e craxiani). Poi arriva il 23 maggio. Mentre i Grandi Elettori sono ancora riuniti a Montecitorio alla ricerca di un candidato adatto (Spadolini, Andreotti o di nuovo Cossiga), a Capaci una carica di tritolo fa saltare in aria il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Il giorno dopo Achille Occhetto si reca dal presidente della Camera, Oscar Luigi Scalfaro e gli comunica che: “domani noi voteremo per te come Capo dello Stato”. Risultato al sedicesimo scrutinio: 672 voti.

- CARLO AZEGLIO CIAMPI

Nel 1999 si ritorna ad eleggere il Presidente della Repubblica alla prima votazione. I candidati a succedere a Scalfaro sono numerosi visto che non esistono più i vecchi partiti. Si va da Mino Martinazzoli a Nicola Mancino, da Giuliano Amato a Giorgio Napolitano, da Luciano Violante a Franco Marini. Ci sono le donne: Rosa Russo Jervolino ed Emna Bonino. E poi c’è il trio della Banca d’Italia: Carlo Azeglio Ciampi, Antonio Fazio e Lamberto Dini. Con il passare dei giorni la rosa perde i suoi petali, facendo rimanere in corsa soltanto quattro nomi: Marini, Martinazzoli, Jervolino e Ciampi. Maggioranza e opposizione miracolosamente riescono a trovare l’accordo decidendo di far convergere le preferenze sull’ex governatore. Risultato al primo scrutinio: 707 voti

- GIORGIO NAPOLITANO

Nel 2006 ancora caos istituzionale: scadenza legislatura e scadenza settennato presidenziale. Per non farci mancare nulla le elezioni si risolvono con un quasi pareggio: solo 24.000 voti di scarto tra Ulivo e Casa delle Libertà. Gli anni del galateo istituzionale sono lontani anni luce, fanno parte della preistoria della Prima Repubblica, e dopo la nomina di Bertinotti e Marini a Montecitorio e Palazzo Madama, viene avanzata la candidatura di Massimo D’Alema per il Quirinale. Romano Prodi e Silvio Berlusconi (che propone Franco Marini o Mario Monti) si incontrano a Palazzo Chigi nella speranza di trovare un’intesa. L’incontro dura oltre un’ora e la fumata è nerissima. Il centrosinistra decide, allora, di fare da solo ma è costretto a cambiare cavallo per colpa degli alleati: “Il presidente della Repubblica è l’arbitro e il garante. Da questo punto di vista la candidatura di D’Alema non è in condizioni di essere considerata di garanzia”, parole del socialista Enrico Boselli. Per D’Alema il Quirinale resta un miraggio. Si arriva al 10 maggio con il nome di Giorgio Napolitano. Risultato al quarto scrutinio: 543 voti.

Persino Sandro Pertini, suffragato da ben 832 preferenze, fu costretto ad attendere il sedicesimo scrutinio quando aveva già comprato il biglietto aereo per Parigi.

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Sabino Labia

Laureato in Lettere all'Università "Aldo Moro" di Bari, specializzazione in "Storia del '900 europeo". Ho scritto tre libri. Con "Tumulti in Aula. Il Presidente sospende la seduta" ho raccontato la storia politica italiana attraverso le risse di Camera e Senato; con "Onorevoli. Le origini della Casta" ho dato una genesi ai privilegi dei politici. Da ultimo è arrivato "La scelta del Presidente. Cronache e retroscena dell'elezione del Capo dello Stato da De Nicola a Napolitano" un'indagine sugli intrighi dietro ogni elezione presidenziale

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