Putin sfida l'Europa
Economia

Putin sfida l'Europa

Pronto un decreto salva-aziende strategiche. Per aiutare (non solo) Gazprom

Gazprom sta violando le regole della concorrenza e del mercato unico? A Vladimir Putin non importa. Perché si tratta di un'azienda russa, che per di più opera in un settore molto delicato, e in quanto tale va protetta. Ad ogni costo. E così il Presidente ha deciso di firmare un nuovo decreto per "tutelare gli interessi della Russia nelle attività economiche all'estero svolte da società strategiche".

La nuova normativa obbliga gli enti inclusi nella lista a fornire informazioni a terzi (indipendentemente dal fatto che si tratti di singoli governi o di Organizzazioni Internazionali) sulle proprie attività solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione da parte dell'esecutivo.
Come se non bastasse, il nuovo decreto prevede la necessità dell'autorizzazione statale (quindi del Presidente) anche per quel che riguarda la definizione della politica commerciale o tariffaria delle aziende in questione, le loro partecipazioni azionarie, la gestione dei beni immobili all'estero. Che potrà essere rifiutata nel caso in cui venga individuato un "pregiudizio agli interessi economici della Russia".

Una risposta fortissima alla recente formalizzazione da parte della Commissione europea della procedura di infrazione legata al sospetto che il colosso energetico russo abbia manipolato la concorrenza sul mercato del gas europeo in ben otto paesi, naturalmente tutti in qualche modo legati alla ex Unione Sovietica.

Le giustificazioni fornite da Gazprom non sono state sufficienti a convincere l’Europa a non andare avanti, ma quando il rischio di vedersi corrispondere una multa che potrebbe arrivare fino a dieci miliardi di euro si è concretizzato Putin non ha potuto fare a meno di intervenire.

E così, dopo aver accusato direttamente l’Europa di voler ingiustamente scaricare sulla Russia una parte dei suoi problemi economici (se Gazprom fosse giudicata colpevole il prezzo del gas subirebbe all'istante un calo significativo, quanto meno in tutti i paesi dell'Europa dell'Est), il Presidente ha trasformato con un decreto un problema di mercato in un caso politico. Che indipendentemente dal modo in cui verrà risolto avrà delle conseguenze.

Come spiega a Panorama.it Nicolò Sartori, ricercatore nell'area Sicurezza e Difesa presso l'Istituto Affari Internazionali di Roma, "nel caso in cui l'abuso di posizione dominante venga effettivamente provato dalla Commissione, vi sarebbero certamente significative ripercussioni negative su Gazprom, costretta a pagare forti penalità o a rivedere radicalmente la natura delle proprie attività commerciali in Europa". Tuttavia, continua Sartori, "non è detto che durante la fase di valutazione dell'infrazione le parti possano raggiungere una soluzione di compromesso. Anche se per il momento tale possibilità resta remota visto il livello di tensione raggiunto. Mentre per quanto riguarda mercato e prezzi, non è detto che l'intervento della Commissione si riveli definitivamente risolutorio, essendo (la maggioranza de) i mercati in questione caratterizzati da monopoli di fatto, e quindi soggetti in ogni caso a dinamiche competitive alterate". Infine, se Gazprom decidesse di riorientare le proprie direttive strategiche verso l'Asia, la stabilità dei rifornimenti europei potrebbe esserne seriamente compromessa.

Come se non bastasse, ultimamente Gazprom ha iniziato ad avere problemi anche all'interno dei confini nazionali. Al punto da ritrovarsi costretta a comunicare agli altri produttori russi, Novatek e Lukoil, che per "sostenere la propria produzione in un momento in cui la domanda globale è in calo" gli acquisti di gas "esterno" verranno congelati. Se per sempre o solo temporaneamente ancora non si sa. Perché il problema è che la contrazione della domanda interna ha indotto i concorrenti di Gazprom ad adottare tariffe più convenienti nel tentativo di proporsi ai vari operatori come "valide alternative" al loro fornitore storico. In questo caso è molto più difficile per Putin intervenire con la stessa forza e la stessa determinazione con cui si è opposto a Bruxelles. Perché la stabilità del suo governo dipende (anche) dal sostegno dei grandi produttori di gas.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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