Crisi economica, cinque consigli per sfruttarla
Economia

Crisi economica, cinque consigli per sfruttarla

Assumersi più rischi, imparare dai propri errori, puntare sul piccolo, mettersi in gioco e non cercare la stabilità a tutti i costi, perché non esiste. Ecco alcuni dei suggerimenti del Wall Street Journal

Quello che non sappiamo è molto più importante di quello che è noto. E' questo il punto di vista di Nassim Nicholas Taleb, ex trader libanese ed esperto di "tecniche per gestire l'incertezza". In un libro pubblicato nel 2007 (riproposto in italiano nel 2008 da Il Saggiatore ), Taleb una per la prima volta la metafora dei cigni neri per descrivere quegli eventi isolati e inaspettati, che hanno solitamente un impatto enorme e che non possono essere previsti, ma soltanto spiegati a posteriori.

Ben prima che una crisi finanziaria che ha ben pochi precedenti mettesse in ginocchio, una dopo l'altra, tutte le economie del pianeta, incluse quelle apparentemente inattaccabili, Taleb aveva già scritto che il futuro sarebbe stato sempre meno prevedibile, incoraggiando i suoi lettori da un lato a smettere di concentrarsi su ciò che è conosciuto e ripetuto perché "secondario", dall'altro a elaborare le proprie previsioni puntando soprattutto sull'immaginazione.

Oggi, dalle pagine del Wall Street Journal, Taleb non cerca di spiegare, a posteriori, le ragioni che hanno portato al tracollo finanziario, ma di far capire che è inutile concentrare tutte le energie sull'eliminazione dei fattori che creano disordine e instabilità, per poter essere liberi di "immaginare" come sfruttare questi ultimi a proprio vantaggio. Con cinque suggerimenti:

1) L'economia assomiglia più a un gatto che a una lavatrice. Il che vuol dire che il suo modo di funzionare è molto meno sofisticato di quanto pensiamo. Ecco perché sarebbe più opportuno, nei momenti di difficoltà, aspettare che i mercati li risolvano da soli. La certezza di un intervento esterno, infatti, crea un'aspettativa che in talune circostanze può diventare difficile da soddisfare, situazione che rischia di provocare il caos. Taleb non condanna l'intervento pubblico in economia, ma ritiene che esso sia oggi inefficace perché crea delle dipendenze, non spinge cittadini e imprenditori ad assumersi i propri rischi.

2) Aiutare chi impara dai propri errori, non chi chiede al sistema di risolverli. Nella consapevolezza che alcuni settori e alcuni sistemi politici reagiscono alle difficoltà meglio di altri, è assolutamente necessario trovare un modo per aiutare chi opera nei settori più vulnerabili ad attuare quelle riforme necessarie per evitare che si innesci un disastroso effetto domino in caso di crisi. Per far capire ciò che ha in mente Taleb propone un esempio concreto, quello delle aziende che si indebitano troppo, ritrovandosi inuna condizione di non poter fare errori, e, ancora peggio, di non poter far fonte agli imprevisti. Se invece di indebitarsi con le banche le aziende potessero finanziarsi chiedendo aiuto gli azionisti, la loro autonomia sarebbe ridotta, e le probabilità di un fallimento anche.

3) Piccolo è bello, e anche efficiente. Economie di scala ed efficienza non sono mai andate d'accordo. Chi produce tanto corre molti rischi, perché vede aumentare la probabilità di subire delle perdite. Taleb è convinto che la fragilità eroda di fatto i vantaggi delle economie di scala. E ribadisce che "piccolo è bello" anche quando si tratta di prendere decisioni politiche. Che sarebbero quindi più efficaci quando non centralizzate.

4) Test ed errori superano le conoscenze accademiche. Tutto ciò che è incerto e casuale (e molto spesso innovativo) può trarre insegnamenti importanti dai propri errori. A una sola condizione: che i costi potenziali legati a un errore restino limitati. Quindi sì alla sperimentazione, ma rimanendo con i piedi per terra.

5) I decisori devono mettersi in gioco. Oggi chi ha in mano il potere decide correndo troppo pochi rischi. E non è giusto, perché il potere dovrebbe essere proporzionale al rischio. Perché se così non è è la stabilità del sistema a pagarne le conseguenze.

Se le crisi sono inevitabili, se qualsiasi aspetto della nostra esisenza è governato dall'incertezza, che senso ha seguire una serie di regole volte a mantenere una stabilità che è inevitabilmente destinata a non durare? Per Nassim Nicholas Taleb nessuno, ed è per questo che è convinto che se tutti seguissero i suoi cinque suggerimenti il mondo sarebbe, paradossalmente, più stabile. Perché abituato a gestire l'instabilità. In ogni settore.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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