Mario Draghi alla Bce ora non può aiutarci
Economia

Mario Draghi alla Bce ora non può aiutarci

Banca Marche, Carige, Mps e importanti Popolari: in vista dell’esame europeo servono capitali. E, se non arriva la ripresa, tutto diventerà più difficile

I prossimi sei mesi saranno decisivi. Ne è convinto Giampio Bracchi, docente al Politecnico di Milano e coordinatore, assieme a Donato Masciandaro, dell’ultimo rapporto della Fondazione Rosselli sulla salute delle banche italiane: «Se la crisi continua, ci sarà un diffuso bisogno di nuovi capitali e magari per qualcuna sarà necessario l’intervento pubblico. Se invece si materializza la ripresa, allora potranno farcela da sole».

La Banca Marche commissariata, la Carige che vende i gioielli di famiglia per risollevarsi e il Monte dei Paschi che rischia di essere nazionalizzato sono segnali che arrivano nel momento sbagliato, subito prima che la Bce di Mario Draghi lanci la sua grande operazione verità sullo stato di salute degli euroistituti di credito. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, avrà occasione di parlarne il 4 novembre, in un vertice con i rappresentanti dei principali istituti. All’estero c’è nervosismo, perché si guarda ai bilanci farciti di Btp e ingolfati da 140 miliardi di crediti deteriorati. Era meglio fare come le banche spagnole, «ripulite» da 50 miliardi di sofferenze e ricapitalizzate con 40 miliardi dall’Esm, il fondo europeo? Alcuni economisti come Lorenzo Bini Smaghi (ex Bce) la pensano così: mesi fa avevano consigliato di mettere da parte l’orgoglio e seguire l’esempio di Madrid.

L’Italia ha scelto una strada diversa, convinta di farcela da sola. Nel frattempo la crisi ha spinto le sofferenze sempre più su, rendendo fragili gli equilibri patrimoniali e frenando i nuovi finanziamenti e quindi l’economia in una spirale senza fine. Numerose banche, come la Popolare di Milano o le due maggiori del Nord-Est, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, sono attorno alla linea di galleggiamento, quel coefficiente patrimoniale fissato per sicurezza a un minimo dell’8 per cento. Qualcuno dovrà mettere mano al portafoglio. «Ma guardiamo a Banca Marche» dichiara un imprenditore con interessi nella finanza: «aveva bisogno di 400 milioni e nessuno si è fatto avanti. A Genova ne servono anche di più. Chi sarà il prossimo? Questa volta non possiamo sperare che ci tiri fuori dai guai SuperMario Draghi».

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Martino Cavalli