Articolo 18, cosa cambia per i lavoratori
ANSA/ANGELO CARCONI
Economia

Articolo 18, cosa cambia per i lavoratori

Vantaggi e svantaggi delle nuove norme sui licenziamenti contenute nel Jobs Act, di cui entrano definitivamente in vigore i decreti attuativi

Obbligo di reintegro in pochi casi. Si possono riassumere così i cambiamenti all'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori portati in dote dal Jobs Act, la riforma del welfare del governo Renzi di cui vengono approvati definitivamente oggi i decreti attuativi. Come annunciato da tempo, da marzo cambieranno le regole sui licenziamenti. I lavoratori lasciati a casa ingiustamente da un'impresa avranno minori chance di essere reintegrati al loro posto, anche quando fanno ricorso in tribunale contro l'azienda e ottengono una sentenza favorevole del giudice. Non va dimenticato, però, che queste regole si applicano solo ai nuovi assunti e non ai contratti di lavoro già in essere.

Licenziamenti economici

Nello specifico, l'obbligo di reintegro del dipendente resterà soltanto quando un licenziamento avviene per motivi discriminatori, per esempio a causa di pregiudizi politici, razziali o sessuali. Se il licenziamento è legato invece a ragioni economiche (per esempio a riorganizzazioni dei reparti, con conseguenti tagli al personale) il lavoratore non avrà mai diritto a essere riassunto dall'azienda ma potrà ricevere soltanto un'indennità in denaro, proporzionale agli anni di carriera. Si tratta di un cambiamento significativo rispetto alla disciplina attuale, cioè quella prevista dalla riforma Fornero del 2012, che aveva già in gran parte eliminato l'obbligo di reintegro per i licenziamenti economici, lasciandolo solo in un caso: quando il motivo per cui il lavoratore viene mandato a casa risulta “manifestamente insussistente” (in pratica, quando le ragioni economiche non sono altro che “scusa”, addotta dall'azienda per licenziare in maniera arbitraria). Per i nuovi assunti, dunque, i licenziamenti economici avranno meno vincoli di oggi.

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Licenziamenti disciplinari

Cambieranno anche le regole previste per i licenziamenti legati a ragioni disciplinari, per esempio quelli che avvengono quando il lavoratore è accusato di insubordinazione, grave negligenza o del compimento di atti illeciti. In queste fattispecie, se il licenziamento viene dichiarato illegittimo da una sentenza, oggi è il giudice che stabilisce se il dipendente ha diritto o meno a essere reintegrato sul posto di lavoro. Per le nuove assunzioni le cose cambieranno: anche per i licenziamenti disciplinari, l'obbligo di reintegro verrà in gran parte abolito, ridimensionando così la discrezionalità dei giudici. Il vincolo della riassunzione resterà soltanto in alcuni casi limitati (per esempio quando il motivo che ha portato al licenziamento è manifestamente insussistente oppure quando il contratto collettivo di categoria prevede per il lavoratore sanzioni diverse dal licenziamento).

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Gli indennizzi

Cambia il sistema delle indennità di licenziamento (ma soltanto nelle aziende con più di 15 addetti mentre quelle con un organico inferiore  conservano disciplina). Un dipendente lasciato a casa ingiustamente avrà diritto a un risarcimento in denaro proporzionale alla lunghezza della sua carriera. Per ogni anno di servizio alle spalle, infatti, il lavoratore maturerà il diritto a un indennizzo di due mesi di stipendio, fino a un massimo di 24 mensilità . Esempio: chi è assunto da tre anni, potrà ricevere come risarcimento una somma pari a 6 mesi di retribuzione. E'  stabilito anche un indennizzo minimo  (di 4 mensilità di stipendio) per evitare che le aziende approfittino delle nuove regole per licenziare con troppa facilità i neoassunti, i quali hanno diritto a dei risarcimenti più bassi.

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