8 marzo, se la mimosa va in crisi
Economia

8 marzo, se la mimosa va in crisi

Calano produzione e vendite. E non solo per il meteo. Il simbolo non vale più il prezzo. Oggi le donne hanno altri pensieri. E vogliono altri pensieri

Se sono andati in pensione falce e martello, se la Quercia (l’albero del Pds di Achille Occhetto) ha avuto vita breve e l’Ulivo (il ceppo di centrosinistra da cui è nato il Pd) è precocemente appassito, non ci sarebbe nulla di strano se anche la mimosa perdesse i suoi profumi simbolici. Del resto sono già 67 anni che rappresenta le donne e i loro diritti, da quando nel 1946 la moglie di Togliatti e la segretaria del primo Parlamento italiano decisero che quei fiori gialli erano perfetti per festeggiare l’8 marzo. Per ragioni stagionali ed economiche: fioriscono in marzo e costano, anzi costavano, poco. Ecco, adesso le condizioni climatiche sono cambiate, i prezzi pure. E anche le donne.

L’associazione dei Florovivaisti lancia l’allarme: la produzione quest’anno è in calo del 30%, a causa di un autunno secco e di un inverno piovoso. "Le nostre aziende guardano a un mercato dove i prezzi sono fermi e gli acquisti in calo", spiega il presidente di Asproflor Renzo Marconi. Non si capisce il senso di questo equilibrio (dovrebbero scendere i prezzi con la domanda in calo, no? Ma non è l’unico scambio in cui le regole tradizionali non funzionano più…) ma appare chiaro che la questione è in parte metereologica. Perché anche l’anno scorso ci fu puntuale, pochi giorni prima della ricorrenza, l’allarme gelo e prezzi in salita. E chi lavora con la terra ha sempre avuto a che fare con pioggia, neve e vento. Alzare gli occhi al cielo e gridare contro gli dei non aiuta, però, a giustificare le quotazioni. Forse conta molto di più la crisi che fa tirare il freno di fronte a un mazzetto giallo e spesso avvilito che arriva a costare 10 euro e più. Ma conta anche la stanchezza di un rito.

C’è ancora chi si rompe una gamba nel tentativo di raccogliere qualche ramo di mimosa (è accaduto settimana scorsa a Varazze) e chi si fa beccare mentre le ruba (100 chili a Imperia), ma le donne non sembrano più così entusiaste del rametto. Anzi, ad alcune dà anche fastidio. Hanno altri pensieri e vorrebbero altri pensieri. D’altro canto come potrebbe essere diversamente in un momento in cui aumenta la violenza fra le mura domestiche e non si trova lavoro? Non è un caso che quest’anno vada tanto di moda lo “sciopero delle mimose”, come a Napoli, dove la Cgil regionale ha deciso di scendere in piazza contro l’immobilismo della giunta o in Trentino, dove le confederazioni si mobilitano per le difficoltà nel settore servizi.

Insomma, le donne non si toccano con un fiore giallo. Hanno bisogno d’altro. Se proprio non volete arrivarre a casa mani vuote, l’8 marzo, molto meglio una bella torta mimosa, che almeno risolve il problema del dessert. O la nuova edizione della “Mistica della femminilità”, il libro di Betty Friedan che 50 anni fa rase al suolo i luoghi comuni sulle donne. Un classico, che torna utile per capire quanto oggi la questione femminile sia inevitabilmente cambiata. E i simboli appassiti. Come le mimose.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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