Il discorso vuoto di Renzi, da Renzi
ANSA/ GIUSEPPE LAMI
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Il discorso vuoto di Renzi, da Renzi

Al Senato tanti bei propositi ma senza soluzioni. Guai però a sottovalutarlo - Retroscena - Foto - Sondaggio - Twitter - Il discorso al Senato

Ma sì certo, non è stato un bel discorso programmatico istituzionale come quelli ai quali siamo abituati. Niente Monti, niente Letta, niente Prodi. Qui c’è Renzi. O Renzie. Qui è tutto diverso, anzitutto l’uditorio. 

Matteo cerca la fiducia fuori dal Senato. Non parla ai senatori. Non al suo uditorio, ma all’audience. Non all’emiciclo, ma agli italiani. I senatori li considera quasi zombie, presenze sceniche, comparse, anche se all’inizio ha sostenuto che si presenta al Parlamento in punta di piedi, col massimo rispetto. Poi però ammette che spera sia l’ultima volta che chiede la fiducia al Senato, in realtà vorrebbe azzerarlo. Renzi parla direttamente al popolo, bypassa gli scranni, compresi quelli dei grillini che nelle istituzioni fanno la loro parte di inquilini del Palazzo. 

Renzi si rivolge alle famiglie che lo guardano alla tv, al web che riporta i suoi passaggi incredibilmente a braccio. Gli osservatori, anche quelli più acuti, twittano giudizi che sarebbero pure corretti, se Renzi appartenesse alla categoria dei governanti tradizionali. Un discorso deludente, per nulla istituzionale, imbarazzante. Un passo falso. Ed è vero, sia chiaro, è vero. Ma questo è Renzi. Una scommessa illogica, folle, perché le carte che aspettiamo con ansia di veder gettate sul tavolo non ci sono. Avanziamo nel buio, presi per mano da un giovanotto che non avrebbe neppure l’età per essere eletto al Senato. Vero, ma c’è un’alternativa?

Il messaggio che arriva nelle case è quello del sindaco d’Italia, certo, che parla del ragazzo, della ragazza, dell’amico che ha incontrato per strada o a cui ha fatto una telefonata (come papa Francesco…). È il messaggio di chi punta sull’edilizia scolastica perché sa che questo è un problema reale, che tocca le persone reali. Crepe nei muri, scale sporche. Sappiamo tutti di dover portare a scuola la carta igienica per i nostri figli. Guai concreti.

Poi cita “la madre di tutte le battaglie”, quella contro la burocrazia che ci asfissia, ci affossa, ci stufa. Il messaggio è che l’alta dirigenza, soprattutto nei ministeri, è raggrumata negli uffici dei capi di gabinetto che da decenni succedono a se stessi. È quella l’incrostazione da sciogliere, da spazzare via, per avvicinare l’Italia a sistemi di più matura democrazia (e di più efficiente amministrazione) come gli Stati Uniti. Dove vige lo spoil system (i burocrati, i tecnici, al servizio dei politici scelti dal popolo, quando gli altri vincono si cambia tutta la squadra). 

Renzi parla di restituzione totale dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese, di riduzione a due cifre del cuneo fiscale, di coraggio e poi di generazione Erasmus, di Europa da rilanciare, di impegno suo personale per salvare i marò… Apre il cuore, non la mente. Abbozza un programma che non è un programma, non è neppure qualcosa che possa riempire le gabbie dei fogli excel (a stento i fogli di liceo). Nell’intervento di Renzi c’è un’enunciazione vaga di propositi. Non c’è la risposta alle domande: dove, come, quanto e perché. Soprattutto quanto. Perché un piano come quello tratteggiato a braccio da Matteo al Senato richiederebbe forse un centinaio di miliardi di euro. Ma dove li troviamo? E questo mentre il suo sottosegretario Delrio promette alla Tv di tassare ulteriormente rendite e Bot, e lo fa prima che il ministro Padoan (all’Economia) abbia giurato, e che il premier abbia bussato al Parlamento per la fiducia. 

Ecco, siamo ancora alla fiducia al buio. Alle parole. Alle belle parole, ai buoni propositi. Ai sogni. Ma sbaglia chi lo sottovaluta. È successo anche con Berlusconi. La differenza, rispetto al Berlusconi dei bei tempi, è che il fondatore di Forza Italia sapeva essere istituzionale e insieme parlare alla gente. Solo che la “rivoluzione liberale” che prometteva non c’è stata. Che dire? Dobbiamo avere o no fiducia in Renzi? A guardare il volto giovane e vecchio di Angelino Alfano al suo fianco, verrebbe da pensare che no, c’è poco da sperare. Il vecchio è dietro l’angolo. Alle sue spalle, anzi al suo fianco. Sotto il vestito niente. Renzi non si scopre. Continua a promettere. Il suo sogno è solo un miraggio? Un’illusione. Un illusionismo. Ma se alla fine ce la facesse?  

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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