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(Ansa)
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Se il Qatar gira le spalle ad Hamas

Da sempre vicino ai miliziani l'emiro per una volta si mette contro Hamas, spingendo per il si all'accordo di pace proposto da Usa ed Israele. E non è una novità da poco

Il Qatar ha minacciato di chiudere l'ufficio politico di Hamas nella capitale Doha se il gruppo non accetterà l'accordo di cessate il fuoco proposto da Stati Uniti e Israele, secondo quanto riportato dalla CNN che cita un funzionario statunitense. Mai prima d'ora il rapporto decennale tra il Qatar e Hamas è stato così fragile come in queste ore. L'emittente riferisce che i funzionari statunitensi stanno esortando Qatar, Egitto e Turchia ad aumentare la pressione su Hamas. Secondo due di questi funzionari, gli Stati Uniti hanno chiesto a diversi Paesi di minacciare di congelare i conti bancari dei membri di Hamas e di limitare la loro capacità di viaggiare liberamente nella regione. La CNN ricorda che i funzionari statunitensi hanno pubblicamente invitato il gruppo ad accettare le precedenti proposte di cessate il fuoco, ma sottolinea che non c'è mai stata una campagna di pressione a tutto campo caratterizzata da richieste specifiche ai singoli Paesi, nell'ambito degli sforzi dell'amministrazione Biden per arrivare a un cessate il fuoco e al rilascio degli ostaggi. Funzionari arabi hanno affermato che nelle ultime settimane il gruppo ha contattato almeno due Paesi della regione chiedendo se sarebbero aperti all'idea che i suoi leader politici si trasferiscano nelle loro capitali. L'Oman è uno dei Paesi contattati, ha detto un funzionario arabo. Funzionari arabi hanno affermato che Hamas ritiene che i negoziati sugli ostaggi potrebbero durare ancora molti mesi, mettendo a rischio gli stretti legami del gruppo con il Qatar e la sua presenza a Doha. Il Qatar che finanzia Hamas e i suoi leaders da decenni nel timore di ritorsioni americane e saudite da mesi lavora per porre fine alle guerre di Gaza e aumentare gli aiuti ai palestinesi.

L'ex emiro del Qatar è stato il primo leader mondiale a visitare Gaza dopo che Hamas ha preso il controllo del territorio con la forza nel 2007. Sheikh Hamad, padre dell'attuale emiro, ha visitato l'enclave costiera e ha promesso 400 milioni di dollari in sostegno. Da allora, il Qatar ha versato circa 1,8 miliardi di dollari nella Gaza amministrata da Hamas. Nel gennaio 2021, Doha ha promesso 360 milioni di dollari di sostegno annuale all'enclave, in parte per sovvenzionare gli stipendi governativi. Circa un terzo del sostegno del Qatar è fornito sotto forma di carburante, che le autorità di Hamas vendono per ottenere contanti. Inoltre, Hamas raccoglie tangenti dagli stipendi e da altri aiuti che affluiscono a Gaza. Negli ultimi sei mesi secondo il Wall Street Journal Doha «ha contribuito a far sì che queste relazioni incidessero su una delle crisi diplomatiche più spinose del mondo, dimostrando il suo valore come alleato degli Stati Uniti e allo stesso tempo elevando il suo profilo come indispensabile mediatore del Medio Oriente». Ma lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar, ha recentemente affermato che lo Stato del Golfo sta rivalutando il suo ruolo di mediatore tra Israele e Hamas. Ha citato quella che ha definito una critica ingiusta agli sforzi del Qatar per porre fine alla guerra a Gaza. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che dovrebbero essere esercitate pressioni sul Qatar, che ha svolto un ruolo significativo nella mediazione della tregua di novembre e dello scambio di prigionieri tra Hamas e Israele. «Ci sono limiti a questo ruolo e limiti alla capacità con cui possiamo contribuire a questi negoziati in modo costruttivo», ha detto il leader del Qatar in una conferenza stampa che poi ha aggiunto: «Lo Stato del Qatar prenderà la decisione appropriata al momento giusto». L'attuale leader di Hamas, Ismail Haniyeh, 61 anni che guida l'organizzazione jihadista dal 2017 ha accumulato un patrimonio di circa cinque miliardi di dollari. Circa due anni fa, insieme alla sua famiglia, ha lasciato la sua casa nel campo profughi di al-Shati a Gaza e ora vive in un hotel extralusso di Doha da dove cura i suoi enormi interessi immobiliari sparsi tra Libano, Turchia e Dubai. Anche il suo predecessore, Khaled Meshal patrimonio di circa quattro miliardi di dollari, si è trasferito in Qatar nel 2012, portando con sé l'ufficio politico di Hamas, precedentemente ubicato in Siria. Altri alti funzionari a loro volta ricchissimi, tra cui Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas nella Striscia di Gaza, e Tahar al-Nounou, consigliere politico di Haniyeh, hanno trovato rifugio in Qatar. Alcuni legislatori statunitensi e politici israeliani hanno chiesto per mesi alla Casa Bianca di costringere il Qatar a tagliare i legami con Hamas e ad affrontare azioni punitive per quello che, secondo loro, equivale a sostegno al terrorismo. Evidente che per il Qatar l’intransigenza della leadership di Hamas scossa dalle divergenze tra ala politica e quella militare di Yaya Sinwar e Mohammedi Deif che sono nascosti sottoterra nella Striscia di Gaza, sia diventata un problema enorme e da qui la decisione pragmatica di separarsi almeno fisicamente. Bene specificare questo aspetto e nessuno si illuda perché il Qatar non smetterà certo di finanziare Hamas che é il braccio armato della Fratellanza musulmana che Doha protegge e finanzia da decenni. Quindi se Doha chiuderà l’ufficio politico di Hamas non sarà altro che l’ennesima operazione di facciata della quale però il Mossad potrebbe beneficiare perché i capi di Hamas in realtà dal 7 ottobre 2023 sono dei veri Dead Man Walking (uomini morti che camminano).

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Stefano Piazza