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(Ansa)
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Si aggrava la crisi in Perù

Il governo di Lima ha decretato lo stato d'emergenza, mentre i sostenitori di Castillo continuano a chiedere le dimissioni di Dina Boluarte. E intanto l'America Latina si spacca

Non solo il Brasile. Stanno infatti crescendo le tensioni in varie parti dell’America Latina. E il Perù è una di queste. Il governo peruviano ha decretato per trenta giorni lo stato d’emergenza nei dipartimenti di Cusco, Lima e Puno, oltre che in altre regioni, a seguito delle significative manifestazioni che stanno attraversando il Paese: proteste che, nelle ultime settimane, hanno causato almeno 42 vittime.

Le proteste, che sono dirette contro l’attuale presidente peruviana Dina Boluarte, hanno preso avvio all’inizio dello scorso dicembre. Ricordiamo infatti che l’allora presidente (nonché esponente dello schieramento marxista Perù Libero) Pedro Castillo era stato deposto, dopo aver tentato un golpe. Nel dettaglio, a seguito di una minaccia di impeachment, Castillo aveva cercato di scogliere il Congresso della Repubblica, decretando successivamente un coprifuoco e instaurando un governo di emergenza: un piano tuttavia naufragato. Una volta deposto e arrestato, è quindi stato sostituito dalla sua vice, Dina Boluarte, che, diventata la prima presidente donna della storia peruviana, si è ritrovata sin da subito a dover affrontare le proteste dei sostenitori dello stesso Castillo.

È in questo clima incandescente che, venerdì scorso, la Boluarte ha tenuto un intervento televisivo, respingendo la richiesta di dimissioni. “Se abbiamo commesso un errore nel ricercare la pace e la calma, chiedo scusa al popolo peruviano”, ha dichiarato, per poi aggiungere: “Alcune voci di sostenitori della violenza e radicali chiedono le mie dimissioni, incitando la popolazione al caos, al disordine e alla distruzione. A loro dico responsabilmente: non mi dimetterò, il mio impegno è con il Perù”. Nel frattempo, l’ufficio del procuratore generale Patricia Benavides ha aperto un’inchiesta sui violenti scontri che si sono verificati in varie città del Paese. Come riferito dalla Bbc, sono intanto partite le accuse incrociate: se i manifestanti hanno tacciato le forze di sicurezza di repressione brutale, queste ultime hanno a loro volta affermato che i dimostranti starebbero facendo uso di armi e di esplosivi artigianali.

Le fortissime tensioni che stanno attraversando Brasile e Perù evidenziano un crescente stato di fibrillazione in parte significativa dell’America Latina. Il quadro geopolitico si sta d’altronde complicando. Negli ultimi due anni, gli Stati Uniti hanno perso significativamente influenza sull’area a indiretto vantaggio di Russia e Cina. Inoltre, pur spalleggiando Lula in Brasile, Joe Biden dovrà fare i conti con il fatto che il nuovo presidente brasiliano risulta tutt’altro che ostile a Mosca e Teheran. Dall’altra parte, anche la crisi peruviana sta creando delle fratture. Gli Stati Uniti si sono schierati a fianco della Boluarte, mentre Argentina, Colombia e Messico hanno di fatto preso le distanze dalla neopresidente. Un elemento, questo, che rischia di produrre ulteriori attriti nei rapporti tra Washington e Città del Messico. E Pechino intanto potrebbe approfittarne.

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Stefano Graziosi