Hillary Clinton
(Ansa)
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Nuovi problemi per Hillary Clinton

Un giudice ha respinto il ricorso dell'ex legale della Clinton contro il procuratore Durham. Non esattamente una buona notizia per l'ex first lady

Inizia a tirare una brutta aria per Hillary Clinton? Lo scorso 13 aprile, il giudice Christopher Cooper ha respinto la richiesta del suo ex legale, Michael Sussmann, di bloccare il processo che il procuratore speciale John Durham sta istruendo contro di lui. Ricordiamo che Durham ha accusato Sussmann di aver mentito all’Fbi quando, nel settembre 2016, non informò il Bureau di essere a libro paga della Clinton, mentre riferiva agli agenti di presunti legami tra la Trump Organization e l’istituto finanziario russo Alfa Bank: legami che si sarebbero successivamente rivelati infondati. Sussmann aveva chiesto il blocco del processo, sostenendo che la sua mancata dichiarazione era in fin dei conti “irrilevante”. Una tesi che non ha tuttavia convinto il giudice Cooper: secondo il togato, dovrà infatti essere proprio il processo eventualmente a confermare quanto sostenuto dalla difesa di Sussmann. Ragion per cui, la richiesta di stop al procedimento giudiziario è stata respinta. Va per inciso rilevato che Cooper non sia tacciabile di simpatie repubblicane, essendo stato nominato da Barack Obama nel 2013.

Del resto, un’altra tegola si era recentemente abbattuta sull’ex first lady. A fine marzo, era emersa infatti la notizia che la Federal Election Commission aveva multato Hillary e il Comitato nazionale del Partito democratico rispettivamente per 8.000 e 105.000 dollari. La motivazione riguardava il famoso dossier di Steele: documento contenente informazioni infondate che –finanziato dal comitato della Clinton nel 2016– fu usato per mettere in piedi la vulgata del Trump colluso con il Cremlino e per far ottenere all’Fbi mandati di sorveglianza ai danni dell’allora consigliere dello stesso Trump, Carter Page. In particolare, il comitato dell’ex first lady ha riportato il finanziamento di quel documento nelle rendicontazioni come “servizi legali”, anziché come “oppo research” (cioè la pratica volta a ricercare informazioni compromettenti su un avversario politico): questo ha quindi portato alla multa della Federal Election Commission. Ricordiamo che i democratici avevano versato circa un milione di dollari allo studio legale Perkins Coie, il quale si rivolse a sua volta alla società Fusion Gps, che commissionò il dossier all’ex spia britannica, Christopher Steele.

E proprio per Perkins Coie lavorava all’epoca Sussmann. Del resto, lo scorso novembre, Durham ha incriminato, accusandolo di aver mentito, anche Igor Danchenko: una delle principali fonti su cui il controverso dossier si basava. Come riferito da Politico, “i pubblici ministeri affermano che in una serie di interrogatori con l’Fbi, Danchenko ha inventato dettagli e alterato la sequenza di eventi chiave, che ha descritto relativi al cosiddetto dossier”. “L'accusa”, proseguiva Politico, “sostiene anche che stava lavorando a stretto contatto con almeno un individuo vicino alla campagna presidenziale della Clinton e che Danchenko ha falsamente negato di avere contatti con quella persona”. Insomma, un ulteriore collegamento con l'ex first lady. È interessante tra l’altro ricordare che, dal 2009 al 2011, Danchenko fu messo sotto inchiesta dallo stesso Fbi per sospetti collegamenti con l’intelligence russa.

In tutto questo, sempre secondo Durham, Sussmann si sarebbe coordinato con un “dirigente tecnologico” per conto del comitato della Clinton nella seconda metà del 2016. “Il dirigente tecnologico”, sostiene l’accusa, “ha sfruttato il suo accesso a dati Internet non pubblici e/o di proprietà”. In questo quadro, il dirigente tecnologico avrebbe incaricato dei ricercatori di estrarre dati da Internet che consentissero di imbastire la narrazione di una collusione tra Trump e il Cremlino. “In tal modo”, si legge nell’accusa, “il dirigente tecnologico ha indicato che stava cercando di accontentare alcuni vip, riferendosi alle persone di uno studio legale e alla campagna della Clinton”. Nella fattispecie, secondo Durham, questo dirigente avrebbe “sfruttato” l’accesso ai dati della Casa Bianca, per rastrellare “informazioni dispregiative” ai danni di Trump. Il procuratore speciale ha inoltre lasciato intendere che Sussmann avrebbe passato questi dati a una non meglio precisata agenzia governativa (probabilmente la Cia, secondo i media americani) il 9 febbraio 2017, quando cioè Donald Trump si era insediato alla presidenza già da tre settimane: un’accusa, questa, che è stata respinta dai legali di Sussmann.

Dopo la decisione del giudice Cooper, il processo si terrà e verrà avviato il mese prossimo. Non si tratta esattamente di una buona notizia per Hillary Clinton, sul cui capo continua ad aleggiare lo spettro del Russiagate. Non sono tra l’altro esclusi contraccolpi per la stessa amministrazione Biden. A cavalcare l’infondata storia dei legami tra Trump e Alfa Bank nell’autunno del 2016 non fu soltanto l’ex first lady ma anche Jake Sullivan: attuale consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca e, all’epoca, stretto collaboratore di Hillary.

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Stefano Graziosi