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(Ansa)
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L'eterno ritorno di Nancy Pelosi

L'attuale Speaker della Camera ha annunciato la sua ennesima ricandidatura. Ma non è detto che si tratti di una buona notizia per il suo partito

Nonostante gli ottant’anni, ha deciso di ricandidarsi. La Speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha recentemente annunciato l’intenzione di scendere in campo per la riconferma in vista delle elezioni di metà mandato del prossimo novembre. “Mi candido per la rielezione al Congresso e cerco rispettosamente il vostro sostegno”, ha dichiarato in un videomessaggio postato su Twitter. “Vi sarei molto grata per questo”, ha aggiunto. La diretta interessata non ha invece reso noto se in caso di (probabile) riconferma abbia intenzione di ricandidarsi anche come Speaker: incarico che assunse per la prima volta nel 2007. A dire il vero, tre anni fa aveva annunciato che quello in corso sarebbe stato il suo ultimo mandato come numero uno della Camera. Tuttavia, come notato anche dalla Cnn, non è affatto chiaro se abbia realmente intenzione di mantenere questo impegno.

L’annuncio della Pelosi è arrivato del resto in una fase particolarmente problematica per il Partito democratico americano. Finora sono infatti ben 29 i deputati dem che hanno rinunciato a ricandidarsi alle prossime elezioni di metà mandato. Sulla situazione pesa la crescente impopolarità che caratterizza l’amministrazione Biden, i progetti legislativi impantanati al Congresso e un eccessivo spostamento a sinistra del partito. Tutti fattori che suonano come un monito inquietante in vista del prossimo novembre. La stessa Speaker vanta d’altronde un grado di popolarità particolarmente basso. Secondo Real Clear Politics, registrerebbe infatti un tasso di disapprovazione del 55%.

Va detto che, pur essendo un’esponente di spicco dell’establishment dem, negli ultimi anni la Pelosi ha spesso avallato le posizioni più barricadiere e controproducenti della sinistra del proprio partito. Inoltre, non sono mancati comportamenti controversi e sospetti di conflitto di interessi. Suo marito Paul guadagna milioni di dollari, giocando in Borsa (soprattutto nel settore tecnologico), mentre suo figlio Paul jr. ha intrecciato numerosi legami professionali con figure opache, finite nel mirino delle autorità federali. Sia chiaro: in nessun caso sono state rinvenute prove di comportamenti illegali da parte di entrambi. Restano però significative perplessità in termini di opportunità politica. Soprattutto se si pensa al fatto che la Pelosi abbia spesso brandito il tema dell’etica e della difesa della democrazia come arma contro gli avversari politici.

La domanda da porsi è quindi per quale ragione la Speaker abbia annunciato questa ricandidatura. Si scorge innanzitutto ovviamente un malcelato senso di attaccamento al potere. Tuttavia questa spiegazione – da sola – potrebbe non bastare. A un livello più profondo è possibile infatti ritenere che questa ennesima discesa in campo miri in qualche modo a coprire le crescenti contraddizioni interne al Partito democratico. In altre parole, davanti a faide intestine, defezioni, passi indietro e fallimenti, si cerca di puntellare la compagine ripresentando un volto noto, per dare una parvenza di continuità. Ma è proprio qui che sta il problema. È realmente di continuità che l’Asinello ha bisogno? Chiaramente no.

Uno dei principali nodi che caratterizzano il partito oggi è quello di una significativa polarizzazione al suo interno tra l’ala centrista e quella radicale. Una polarizzazione che la Pelosi ha gestito con crescente difficoltà, anche perché – proprio in forza della sua vicinanza all’establishment dem – non è mai stata veramente amata dalle frange più a sinistra. Frange che lei ha provato machiavellicamente a blandire, dando spesso il suo assenso a posizioni massimaliste. Peccato che il risultato sia stato disastroso: una simile strategia ha esposto l’Asinello a frequenti fallimenti, col risultato di irritare tanto le stesse aree parlamentari di sinistra, quanto un elettorato dem che – alla fine dei conti – è meno vicino al liberal-progressismo di quel che si vuole far solitamente credere.

Nancy Pelosi è quindi una delle principali cause della situazione disastrosa in cui attualmente versa il Partito democratico. Anche perché è dal 2007 che lei siede ininterrottamente ai vertici di questa forza politica (alternando il ruolo di Speaker a quello di leader della minoranza alla Camera). La ricandidatura della Pelosi è dunque un pessimo segnale non tanto perché tradisce un’evidente bramosia di potere, quanto semmai perché esprime, ancora una volta, la profonda ingessatura in cui versa il Partito democratico. Un Partito democratico che resta ancorato ai soliti circoli di potere che ruotano attorno agli altrettanto soliti nomi stantii (John Kerry, Hillary Clinton, Joe Biden, la stessa Pelosi e via dicendo). Quello che emerge è insomma l’incapacità, da parte dei dem, di rinnovare la propria classe dirigente, perché si preferiscono le investiture dinastiche alla dialettica politica. Lo stesso Barack Obama, che pure era riuscito a conquistare la presidenza in contrasto con le alte sfere del suo partito nel 2008, si è adagiato sugli allori, lasciandosi assorbire da quello stesso establishment a cui aveva dichiarato guerra. Finché non capiranno questo, i dem continueranno a crollare. Perché è il potere cristallizzato che sta lentamente strangolando l’Asinello.

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Stefano Graziosi