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(Ansa)
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In Kazakhstan va in scena la forza della Russia e la debolezza dell'Europa

Mentre il bilancio dei giorni di protesta e repressioni racconta centinaia di morti e migliaia di feriti Mosca ha dato prova della sua superiorità politico-diplomatica

La calma (apparente) sembra tornata in Kazakhstan dopo giorni di vera e propria guerra civile. Almeno 180 morti (cifra per difetto) dei quali oltre 100 solo ad Almaty, 2.200 feriti e quasi 6.000 arresti. È questo il bilancio parziale fornito ai media dalle autorità del Kazakistan in merito alle violenze che da giorni scuotono Paese.

Secondo il ministro dell’Interno ad interim Yerlan Turgumbayev: «La situazione è stata stabilizzata in tutte le regioni del Paese ma le operazioni anti-terrorismo continuano», tuttavia, nonostante le rassicurazioni governative la rivolta in Kazakistan è ben lungi dall’essere sedata anche se ha perso di intensità. Questa notte i canali televisivi kazaki hanno pubblicato un video nel quel si vedono dei rivoltosi mentre distribuiscono delle armi nella città di Shymket dove nella notte ci sono stati nuovi scontri che hanno provocato 60 feriti, mentre ad Atyrau 35 agenti di sicurezza sono stati feriti nella battaglia urbana ingaggiata con i manifestanti. Intanto il regime kazako insiste nella sua narrazione nella quale spiega che quanto accaduto fino ad ora è dovuto ad «un complotto di banditi e terroristi, che hanno approfittato delle proteste di piazza innescate dall’aumento del costo del gas per scatenare la rivolta»; mentre è in corso un repulisti a tutti i livelli dello Stato kazako con arresti di funzionari tra i quali il più importante è certamente Samat Abish, numero due del National Security Committee of the Republic of Kazakhstan (Knb), l’intelligence kazaka, e nipote di Nazarbayev, che è accusato di aver favorito l’assalto dei rivoltosi all'aeroporto di Almaty; ma non solo, perché secondo il Presidente kazako il Knb «ha nascosto al governo informazioni su campi di addestramento per miliziani allestiti nelle regioni montagnose del Paese». Mistero invece sulle potenze straniere che secondo il regime avrebbero fomentato le proteste e le violenze ed in tal senso i tentativi di portare delle prove a supporto, così come le teorie strampalate di alcuni analisti sono a dir poco maldestre.

Mistero invece sul video diffuso su Telegram e trasmesso dalla televisione kazaka del Fronte di Liberazione del Kazakistan, di fatto primo gruppo ribelle organizzato del Paese, che ha esortato i militari e i manifestanti ad unirsi a loro e a iniziare a combattere le truppe governative e le forze del CSTO, che secondo quanto detto bel video stanno occupando il Kazakistan. Nel video che ricorda quelli dell’Isis e di Al-Qaeda si vedono quattro uomini a volto completamente coperto mentre imbracciano il loro Kalashnikov e non può sfuggire il fatto che un fucile automatico è appoggiato sulla bandiera kazaka. Possibile che tra loro ci siano jihadisti? Difficile esserne certi anche se le decapitazioni di almeno due agenti di polizia e alcuni report del Glavnoe Razvedyvatel’noe Upravlenie (GRU), il Direttorato Principale per l’Intelligence militare della Federazione Russa, segnalano la presenza di numerosi foreign fighters dell’Asia Centrale arrivati a dar man forte ai jihadisti locali.

Sul fronte internazionale l’Unione Europea, divisa dai divergenti interessi nazionali degli Stati membri, dopo aver ‹‹invitato le parti ad agire con responsabilità e moderazione e ad astenersi da azioni che potrebbero portare a un'ulteriore escalation di violenza››, si è offerta di mediare tra le parti ma la proposta è caduta nel vuoto perché il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev vuole chiudere la partita a modo suo.

Mentre la Russia, che ha occupato i più importati siti strategici (militari e industriali) del Kazakistan, attraverso il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov ha fatto sapere «che non ha bisogno di fornire alcuna giustificazione per l’impiego nel Paese asiatico di truppe di Mosca e degli altri Paesi del CSTO», a nessuno (o quasi) interessano le parole del segretario di Stato americano Antony Blinken che in un’intervista alla ABC ha chiesto a Tokayev «di revocare l’ordine di sparare per uccidere».

Sul fronte politico, oggi o domani, Tokayev dovrebbe presentare il nuovo Governo che dovrà prendere il posto di quello guidato da Aksar Mamin, cacciato nei primi giorni della crisi. In mezzo a tanta incertezza, ai morti e alle notizie false una certezza c’è: il regime kazako ora ha paura che la rivolta sia nata al suo interno dove da mesi è in corso lo scontro tra i fedelissimi dell’ex padre-padrone del Kazakistan Nursultan Nazarbayev che sono stati marginalizzati, e quelli fedeli a Kassym-Jomart Tokayev. E quando un regime si sente accerchiato e può contare sulla presenza dei soldati russi è capace di tutto.

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Stefano Piazza