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(Ansa)
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La crisi ucraina avvicina India e Cina

Da quando è iniziata l'invasione russa dell'Ucraina, inizia a scorgersi qualche segnale di parziale disgelo tra Nuova Delhi e Pechino. Un fattore, questo, che preoccupa Washington

Tra i sommovimenti geopolitici che la crisi ucraina sta producendo, vale forse la pena sottolineare un parziale avvicinamento tra Cina e India. I due Paesi hanno infatti tenuto un atteggiamento piuttosto ambiguo sull’invasione russa dell’Ucraina, astenendosi da due risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che condannavano l’azione di Mosca. Non solo. La Cina sta sostenendo le tesi russe, che accusano gli Stati Uniti di aver finanziato armi biologiche in Ucraina, e ha lasciato inoltre intendere di non avere intenzione di appoggiare le sanzioni finanziarie occidentali. Inoltre, secondo Washington, Pechino starebbe seriamente considerando l’ipotesi di fornire materiale bellico a Mosca. Più in generale, la Repubblica popolare ha tutto l’interesse a cercare di indebolire il blocco transatlantico: i cinesi sperano tra l’altro che questa crisi porti gli americani a ridurre la loro attenzione sull’Indo-Pacifico, rendendo la Russia sempre più economicamente succube del Dragone stesso. Stando a quanto riferito dal Financial Times, l’India – dal canto suo – starebbe studiando un meccanismo valutario per cercare di aggirare le sanzioni antirusse. Nuova Delhi ha fatto del resto capire sin da subito di non voler rompere i propri rapporti con Mosca. L’India acquista dalla Russia non solo petrolio ma anche materiale militare: un fattore, quest’ultimo, che già l’anno scorso aveva irritato notevolmente gli Stati Uniti.

Insomma, Cina e India vogliono salvaguardare le loro relazioni con il Cremlino. Un elemento che sta contribuendo a un cauto avvicinamento tra i due Paesi. Venerdì scorso, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, si è recato in India per incontrare l’omologo indiano, Subrahmanyam Jaishankar, e il consigliere per la sicurezza nazionale indiano, Ajit Doval. Attenzione: questo non significa che improvvisamente i difficili rapporti tra Cina e India siano improvvisamente diventati idilliaci. Proprio durante la visita di WangYi, l’India ha detto che le relazioni tra i due Paesi non potranno essere "normali", fin quando si registrerà uno stato di tensione militare nei pressi del confine conteso in Himalya.

“Sono stato molto onesto nelle mie discussioni con il ministro degli Esteri cinese, soprattutto nel trasmettere i nostri sentimenti nazionali”, ha detto Jaishankar in una conferenza stampa dopo il suo incontro di tre ore con Wang Yi. “Gli attriti e le tensioni che emergono dagli schieramenti della Cina dall'aprile 2020 non possono essere conciliati con una normale relazione tra i due vicini”, ha aggiunto. Tuttavia Pechino si è contraddistinta per una dichiarazione particolarmente morbida. “Le due parti dovrebbero mettere le differenze sulla questione dei confini in una posizione appropriata nelle relazioni bilaterali e aderire alla corretta direzione di sviluppo delle relazioni bilaterali”, ha affermato Wang Yi. “La Cina non persegue la cosiddetta Asia unipolare e rispetta il ruolo tradizionale dell'India nella regione. Il mondo intero presterà attenzione quando Cina e India lavoreranno di pari passo”, ha proseguito. Nel loro incontro, i due ministri hanno inoltre dichiarato di sostenere un cessate il fuoco in riferimento alla crisi ucraina.

Nonostante il permanere di tensioni e difficoltà, proprio la crisi ucraina sembra che stia favorendo un parziale disgelo tra Pechino e Nuova Delhi. E questo può avere delle conseguenze rilevanti. Innanzitutto, nel breve termine, il sostegno de facto dei due Paesi alla Russia rischia di indebolire l’efficacia delle sanzioni occidentali. In secondo luogo, questa dinamica può a lungo andare creare dei problemi a Washington. Ricordiamo che, insieme a Usa, Australia e Giappone, l’India fa parte del Quad: un quartetto di Stati il cui obiettivo è quello di contrastare l’influenza cinese nell’Indo-Pacifico. Un disgelo tra Nuova Delhi e Pechino rischia quindi di azzoppare seriamente la strategia statunitense in quell’area.

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Stefano Graziosi