joe biden
(Ansa)
Dal Mondo

Il documento che può inguaiare Biden per corruzione è più solido di quel che si credeva

Secondo il presidente della commissione Sorveglianza della Camera, l’incartamento dell’Fbi, che accusa il presidente di corruzione, esiste, è frutto di un informatore credibile ed è attualmente usato in un’indagine in corso

Rischia di mettersi male per Joe Biden. Un documento che potrebbe seriamente comprometterlo esiste e sembra più solido di quanto si pensasse. Ma andiamo con ordine.

Il mese scorso, il presidente della commissione Sorveglianza della Camera, il repubblicano James Comer, aveva riferito dell’esistenza di un documento in mano all’Fbi che, presentato nel giugno del 2020, conterrebbe un’accusa di corruzione contro lo stesso Biden. In particolare, i fatti coinvolgerebbero un cittadino straniero e risalirebbero al periodo in cui l’attuale inquilino della Casa Bianca era vicepresidente degli Stati Uniti. La somma al centro del presunto reato sarebbe di cinque milioni di dollari. Comer emise un ordine di comparizione, ingiungendo ufficialmente all’Fbi di consegnare il documento incriminato. Il Bureau ha tuttavia fatto muro e ne è sorto un braccio di ferro durato per oltre un mese. Tutto questo fino a lunedì, quando il direttore dell’Fbi, Christopher Wray, ha portato con sé l’incartamento al Campidoglio, per farlo visionare ai leader della commissione Sorveglianza della Camera. Ebbene, dopo aver analizzato il documento, Comer ha detto che contiene delle accuse solide e che sarebbe addirittura utilizzato in un’indagine attualmente in corso da parte dei federali.

“Le affermazioni fatte nel documento sono coerenti con ciò che abbiamo trovato e divulgato a tutti voi in Romania. Suggerisce un modello di corruzione in cui i pagamenti sarebbero effettuati tramite conti fittizi e più banche”, ha detto Comer, per poi aggiungere: “C'è un termine per questo, si chiama riciclaggio di denaro... Quindi riteniamo che questa accusa sia coerente con un modello che stiamo vedendo, francamente, in altri Paesi”. Il riferimento è evidentemente a quando, all’inizio di maggio, i deputati repubblicani presentarono documenti bancari, secondo cui vari membri della famiglia Biden avevano ricevuto circa dieci milioni di dollari complessivi da attori stranieri. Di questa somma, circa un milione arrivò da un controverso businessman rumeno tra il 2015 e il 2017: in un periodo in cui, cioè, Biden era ancora vicepresidente degli Stati Uniti.

“I funzionari dell'Fbi hanno confermato che il documento non classificato dell’Fbi non è stato smentito ed è attualmente utilizzato in un'indagine in corso”, ha proseguito il presidente della commissione Sorveglianza. Quest’ultimo, secondo il Daily Mail, ha anche detto che l’informatore alla base della denuncia risulterebbe “fidato e altamente credibile”. Non solo: questa gola profonda sarebbe stata utilizzata dal Bureau addirittura per dieci anni. Inoltre, secondo Comer, il documento incriminato sarebbe attualmente usato nell’indagine in corso su Hunter Biden da parte della procura federale del Delaware. Dal canto suo, il deputato dem, Jamie Raskin, ha minimizzato l’importanza dell’incartamento e ha detto di non essere a conoscenza del fatto che ci sia un’indagine in corso. Tuttavia, come riportato da Nbc News, ha anche precisato di “non essere a conoscenza” di alcune delle informazioni in possesso di Comer. Come che sia, quest’ultimo si è comunque lamentato del fatto che Wray non ha consegnato il documento alla Camera. E ha quindi annunciato che giovedì avvierà le procedure per accusare il direttore del Bureau di oltraggio al Congresso.

Insomma, il documento che accusa Biden di corruzione non solo esiste, ma – stando a quanto riportato da Comer – sarebbe frutto di un informatore attendibile e risulterebbe attualmente in uso per l’indagine in corso sul figlio del presidente americano. Per quest’ultimo la situazione comincia a farsi seria. È ovvio che l’accusa andrà, in caso, provata. Tuttavia quella che all’inizio qualcuno aveva cercato di presentare come una vuota illazione, sembra proprio che stia iniziando ad assumere consistenza. E ricordiamo sempre che la “corruzione” è una delle pochissime fattispecie di reato citate esplicitamente dalla Costituzione americana per giustificare i processi di impeachment.

I più letti

avatar-icon

Stefano Graziosi