Joe Biden Usa
(Ansa)
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Biden vicino alla Casa Bianca ma negli Usa regna il caos

Ci vorranno ore, forse giorni per capire chi ha vinto le presidenziali 2020. Trump annuncia ricorsi

E' il caos negli Stati Uniti. Ad oggi, non abbiamo ancora il vincitore delle elezioni presidenziali dello scorso martedì, visto che né Donald Trump né Joe Biden hanno conseguito la soglia dei 270 grandi elettori: soglia necessaria per riuscire ad espugnare la Casa Bianca. Al momento, la Cnn ne ha attribuiti 213 al presidente e 253 al suo sfidante democratico. La situazione resta confusa a causa di quattro Stati in bilico: Pennsylvania, Arizona, Nevada e Georgia. In queste aree, lo spoglio del voto postale sta infatti subendo dei fortissimi ritardi. E non è quindi ancora chiaro se sarà possibile avere il nome del vincitore entro la giornata di oggi. In Pennsylvania, Trump continua a rimanere in testa, nonostante un vantaggio che si sta assottigliando ogni ora di più. Arizona e Nevada vedono invece avanti un Biden strettamente tallonato dal presidente (soprattutto in Nevada, dove lo scarto tra i due è dello 0,9%). Poche ore fa, Trump è stato sorpassato in Georgia dal candidato democratico, che è adesso avanti di circa 900 voti in loco. Tra l'altro, a voler essere precisi, neppure North Carolina e Alaska sono stati ancora formalmente assegnati, ma si tratta di aree in cui l'inquilino della Casa Bianca dovrebbe (quasi) certamente vincere.

La matematica è dalla parte di Biden. Non solo perché il trend del voto postale sta chiaramente favorendo il Partito democratico. Ma anche perché l'ex vicepresidente ha bisogno di un numero inferiore di Stati per vincere: o la sola Pennsylvania oppure un paio degli altri tre in bilico. Trump deve invece blindare Pennsylvania e Georgia, aggiungendo o Nevada o Arizona. In tutto questo, non va neppure trascurato lo scenario di un pareggio: nel caso infatti Biden conquistasse la Georgia e Trump la spuntasse in Pennsylvania, Nevada e Arizona, ciascun candidato deterrebbe 269 grandi elettori: uno in meno, cioè, rispetto al suddetto quorum di 270. Qualora dovesse verificarsi un simile scenario e – soprattutto – venisse confermato in sede di elezione di secondo grado, sarebbe la Camera dei Rappresentanti (appena rinnovata) a doversi pronunciare il prossimo gennaio. Va ricordato in tal senso che la votazione non avverrebbe per deputato, ma per delegazione statale: una circostanza che potrebbe teoricamente favorire Trump.

Bisogna comunque tenere conto di un fattore finora poco preso in considerazione. Secondo quanto riportato da The Hill, alcune "decine di migliaia" di voti postali espressi dai militari non sarebbero state ancora conteggiate negli Stati in bilico. Non è esattamente chiaro il numero preciso di questi voti, ma – secondo la testata – se ne attende un numero maggiore rispetto al 2016, quando già risultarono diverse migliaia. Quattro anni fa, furono per esempio circa 7.000 i militari che votarono per posta in Pennsylvania, 5.000 in Georgia e 2.600 in Nevada. Considerati in sé stessi, non si tratta di grandi numeri. Tuttavia, visti i risultati risicatissimi negli Stati chiave, potrebbero quest'anno fare alla fine la differenza. Nella contea di Clayton (in Georgia), Shauna Dozier – a capo del locale board of elections – ha dichiarato che questi suffragi saranno scrutinati a partire dalle ore 23 (italiane) di oggi (venerdì 6 novembre). Secondo Cnn, non è al momento chiaro quanti siano i voti complessivi per posta espressi dai militari nella contea.

Nel frattempo, mentre entrambi i comitati elettorali ostentano ottimismo, il presidente ha presentato una serie di ricorsi legali negli Stati chiave. Oltre a chiedere un riconteggio dei voti in Wisconsin (Stato già assegnato a Biden), Trump ha intentato cause in Michigan, Georgia e Pennsylvania, chiedendo la possibilità di monitorare le operazioni di spoglio e paventando il conteggio indebito di schede arrivate in ritardo. Due giudici hanno già respinto i ricorsi in Michigan e Georgia, mentre un terzo ha accolto ieri quello in Pennsylvania per il monitoraggio dello spoglio. Il comitato di Trump ha tra l'altro annunciato una causa legale in Nevada, sostenendo che nell'area di Las Vegas risulterebbero numerosi voti di cittadini deceduti o non residenti. Più in generale, il presidente punta ad arrivare alla Corte Suprema per quanto riguarda la regola, vigente in Pennsylvania, che consente di ricevere voti fino alla giornata di oggi. Una regola che era stata avallata dalla Corte Suprema dello Stato (organo a netta maggioranza democratica) e, rispetto a cui, la Corte Suprema degli Stati Uniti – il mese scorso – si era spaccata in due, con 4 togati pro e 4 togati contro. Trump spera evidentemente nella possibilità che il massimo organo giudiziario americano possa riconsiderare la questione, soprattutto ora che il nuovo giudice Amy Coney Barrett ha preso pienamente servizio. Del resto, già alcuni togati della corte – come Samuel Alito – si erano detti aperti a riesaminare il caso dopo le elezioni presidenziali.


L'incertezza elettorale sta intanto già facendo i primi danni. Wall Street inizia a dare segni di parziale nervosismo, mentre la tensione sta attraversando varie aree del Paese. Dimostrazioni di piazza pro Trump e pro Biden si sono già verificate in numerose città, tra cui Chicago, Denver, Los Angeles, Minneapolis, Phoenix New York, Philadelphia, Pittsburgh, Portland, Seattle e Washington. Il caos, per il momento, continua a regnare sovrano.

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Stefano Graziosi