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(Ansa)
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Quegli opachi affari internazionali della famiglia Biden

Documenti pubblicati dai deputati repubblicani evidenziano i controversi affari internazionali della famiglia Biden. E il presidente rischia adesso di finire politicamente azzoppato

Il cerchio si stringe attorno alla famiglia Biden? Sembrerebbe di sì, almeno stando ai documenti bancari pubblicati mercoledì dal presidente della commissione Sorveglianza della Camera, il repubblicano James Comer.

“I membri della famiglia Biden e i soci in affari hanno creato una rete di oltre venti società, la maggior parte erano società a responsabilità limitata formate dopo che Joe Biden è diventato vicepresidente”, si legge in una nota. “I registri bancari mostrano che la famiglia Biden, i suoi soci in affari e le loro società hanno ricevuto oltre dieci milioni di dollari da cittadini stranieri e dalle loro società collegate”, prosegue il comunicato di Comer. “Cittadini e società cinesi con legami significativi con l'intelligence cinese e il Partito comunista cinese hanno nascosto la fonte dei fondi versati ai Biden stratificando società a responsabilità limitata nazionali”. “Inoltre”, si legge ancora, “Hunter Biden ha ricevuto denaro direttamente sul conto della sua azienda da un'entità controllata dalla Cina”. Non solo. Secondo documenti bancari recentemente ottenuti, vari membri della famiglia Biden hanno indirettamente ricevuto oltre un milione di dollari dal magnate rumeno, accusato di corruzione, Gabriel Popoviciu. In particolare, il trasferimento indiretto di denaro è avvenuto tra il 2015 e il 2017, quando cioè Joe Biden era ancora vicepresidente in carica degli Stati Uniti. Tra l’altro, nel 2014 e nel 2015, proprio Biden tenne discorsi in Romania, incontrandone anche dei leader.

E non è finita qui. I deputati repubblicani della commissione Giustizia della Camera hanno pubblicato mercoledì un nuovo rapporto investigativo, dedicato alla lettera mendace dei 51 ex funzionari di intelligence che, nell’ottobre 2020, screditò uno scoop del New York Post potenzialmente compromettente per Joe e Hunter Biden, definendolo “disinformazione russa”. Un’accusa poi rivelatasi fasulla, visto che la Russia non c’entrava nulla e i contenuti dell’articolo risultarono fondati. Ebbene, secondo il nuovo rapporto, quella lettera nacque di fatto da un’imbeccata dell’attuale segretario di Stato americano, Tony Blinken, che all’epoca era senior advisor del comitato elettorale di Biden. Tuttavia l’aspetto più inquietante del documento riguarda il probabile coinvolgimento della Cia nella stesura di quella lettera. “Le commissioni parlamentari hanno prove che un dipendente affiliato alla Cia potrebbe aver contribuito a ottenere i firmatari per la lettera”, si legge a pagina 2 del rapporto. “Un firmatario della lettera, l'ex analista della Cia David Cariens, ha rivelato alle commissioni che un dipendente della Cia affiliato al Prepublication Classification Review Board dell'agenzia lo ha informato dell'esistenza della lettera e gli ha chiesto se l'avrebbe firmata. Le commissioni hanno richiesto materiale aggiuntivo alla Cia, che finora ha ignorato la richiesta”, prosegue il rapporto.

In tutto questo, la procura federale del Delaware starebbe ormai per decidere se incriminare o meno Hunter Biden per reati fiscali: un’eventualità a cui la Casa Bianca si sta preparando da giorni. Insomma, per la famiglia del presidente le cose non si stanno mettendo bene. E la questione rischia di avere delle serie ripercussioni sulla sua campagna in vista delle elezioni del 2024. E’ soprattutto il nodo dei soldi stranieri ai suoi famigliari che potrebbe rivelarsi assai problematico per l’attuale inquilino della Casa Bianca.

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Stefano Graziosi