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ANSA/ GIUSEPPE LAMI
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Da Roma a Londra, chi semina vento...

Perché votare "no" al referendum costituzionale è un salvacondotto per la democrazia

La lezione che ci arriva dall'Austria non è quella di un Paese che si è "salvato" perché ha evitato di eleggere il candidato ultranazionalista alla presidenza. Non si è salvata l'Austria, men che meno l'Europa.

A parte che in democrazia vince sempre il popolo, lo scarto tra vincitore e sconfitto è talmente esiguo (31.026 voti) che nessuno può parlare di vittoria. È lo stesso scenario che si è verificato in Italia alle elezioni del 2013 quando la coalizione di centrosinistra superò quella di centrodestra di 126 mila voti. Con le conseguenze "antidemocratiche" che oggi ben conosciamo: governa il Paese un premier non eletto che poggia su una maggioranza dichiarata incostituzionale dall'Alta Corte e per giunta garantita da transfughi dell'altro schieramento.

In questo contesto totalmente "antidemocratico" siamo invitati a votare una riforma della Costituzione che, come abbiamo già scritto e ripetuto, dovrebbe rappresentare il più alto momento di coesione e concordia nazionale. Il premier non eletto ha dapprima ripetuto fino alla noia che il referendum era da intendersi come una "fiducia" a se stesso e al suo governo.

Pian pianino ha cambiato rotta: oggi, affiancato dai trombettieri della grande stampa e dal padrino del suo esecutivo (Giorgio Napolitano), vorrebbe che tutti stessero a guardare i contenuti della riforma. Il che ha veramente il sapore della beffa dal momento che l'invito proviene esattamente da chi, finora, ha giocato a rompere e dividere il Paese. Perché, parliamoci chiaro, in Italia è scomparso il lievito dell'aggregazione e una responsabilità enorme ce l'ha chi, presentatosi sotto le insegne fatue della "rottamazione", ha finito per realizzare la più grande operazione di presa e gestione del potere nella storia della Repubblica.

Viviamo in un Paese incattivito e spaccato in tutte le sue articolazioni. Sul fronte sociale Nord e Sud sono sempre più lontani e sempre più irraggiungibili. Non c'è luogo di aggregazione politico che non sia esploso: il Pd e la sinistra, il fu Pdl e i suoi ex alleati, i 5Stelle con le sue purghe.

Siamo lo specchio dei tempi perché l'Europa vive lo stesso identico dramma: ogni singolo Paese membro gioca per sé e non è disposto a cedere di un millimetro in qualsiasi tavolo negoziale. Emergono fratture profondissime in ogni nazione e per avere un'idea di quale sia la posta in gioco basta ricordare quale scontro vive l'Inghilterra chiamata a votare sull'uscita dall'Unione.

Buttate l'occhio oltreoceano e, nella culla della democrazia, assisterete a una campagna per la Casa Bianca tra Donald Trump e Hillary Clinton nella quale al centro non c'è una divergenza sulla visione dell'America quanto sull'anima stessa del cittadino americano. Nel caso del nostro referendum costituzionale si straparla di valori, di bene e male, di progresso e regresso. Date retta a uno scemo: non vi fate ingabbiare in questa trappola.

La riforma è pensata male e scritta peggio, leggetela per favore. Valutate quanto sia estremamente pericolosa se accompagnata all'Italicum, cioè alla nuova legge elettorale: il risultato è la consacrazione della dittatura dolce. Anche per questo votare "No" è un salvacondotto per la democrazia.

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Giorgio Mulè