La proposta di legge Zan è sessista, misogina e maschilista
(Ansa)
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La proposta di legge Zan è sessista, misogina e maschilista

Più di 300 atlete americane hanno rivolto nei giorni scorsi un appello alla Ncaa (National College Athletic Association) affinché vengano garantite le pari opportunità di genere negli sport e in particolare vengano protette le competizioni femminili. Tra le firmatarie c'è per esempio la corritrice Chelsea Mitchell che ha perso quattro titoli in Connecticut e due in New England contro atleti transgender, oppure la ciclista Jennifer Wagner-Assali, arrivata al terzo posto dietro il transgender Rachel McKinnon nel campionato mondiale Uci Masters Track, nel 2018.

Accade infatti da tempo, in nome dell'inclusività e della non discriminazione, che le competizioni agonistiche negli sport femminili, anche a livello olimpico, siano aperte a quei maschi che si sentono donne e pretendono di essere considerati donne a tutti gli effetti. Le donne vere protestano (anche la campionessa di tennis Martina Navratilova (https://www.tenniscircus.com/around-the-net/e-gius... )- che tra l'altro è lesbica dichiarata - si è schierata apertamente in tal senso) perché la soppressione del testosterone che subiscono i trans non annulla i vantaggi che hanno gli uomini sulle donne in termini di tessuto scheletrico e connettivo, apparato cardiocircolatorio e respiratorio, baricentro e - da non trascurare - carica agonistica e aggressività.

La protesta di queste atlete, quindi, si aggiunge a quella di tante altre. Questa in particolare si è sollevata in risposta al fatto che l'Aclu (American Civil Liberties Union) e le lobby Lgbt hanno impugnato una recente legge emanata in Idaho, il Fairness in Women's Sports Act, che appunto impone agli studenti di competere negli sport in base al loro sesso biologico. L'Aclu ha persino indetto un boicottaggio a livello nazionale dello Stato federato in questione.

Molte atlete sono anche preoccupate dal dover condividere alloggi, docce e spogliatoi con i trans, perché - per inclusività e per non discriminare - vuole essere considerato donna anche chi anatomicamente possiede organi sessuali maschili.

C'è anche da notare che molte donne hanno paura di esprimere apertamente il loro dissenso, anche perché quelle che lo hanno fatto hanno subito cyberbullismo della peggior specie sui social media, è stato loro imposto il marchio della transfobia e sono state bollate dispregiativamente come haters (odiatrici) e come Terf (trans exclusive radical feminist): solo perché hanno tentato di difendere i loro diritti alle pari opportunità. È questa la sorte che tocca a tutte coloro che sostengono che essere donna è una realtà biologica. Anche la creatrice di Harry Potter, JK Rowling è stata messa alla gogna mass mediatica, perché ha scritto che «una donna non è un abito», «una donna non è un'idea nella testa di un uomo».

Ora potremmo trasportare questa realtà in Italia: non serve troppa fantasia perché già nella pallavolo c'è stata la partecipazione di atleti trans come Alessio Ameri e Rodrigo Pereira De Abreu nelle squadre femminili. E in passato Valdimir Guadagno - in arte Luxuria - pretendeva di usare il bagno delle donne. Ebbene, un domani che la proposta di legge contro l'omotransfobia fosse approvata, le donne che osassero protestare contro tali ingiustizie sarebbero punibili con multe e carcere perché, in base a quello che reciterà la nuova versione dell'art. 604 bis c.p. così come emendato dalla cd. pdl Zan, istigherebbero a commettere o commetterebbero «atti di discriminazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».

Inoltre, anche al di fuori dell'ambito sportivo, in Canada, in Usa e nel Regno Unito si sono verificati diversi episodi in cui maniaci e malintenzionati, spacciandosi per donne, hanno avuto accesso agli spogliatoi e alle toilette riservate e hanno commesso violenze e abusi, anche a danno di minorenni. John Ashmen, presidente della Association of Gospel Rescue Missions, un'associazione che gestisce rifugi per senzatetto a New York, ha detto che tra i barboni girano voci di questo genere: «Amico, se vai alla Gospel Rescue Missions e dici loro che sei trans, puoi dormire nel dormitorio delle donne e persino fare la doccia con loro».

Stesso identico problema si pone allorché detenuti maschi che si dichiarano trans chiedono di essere trasferiti nelle carceri femminili: nel Regno Unito il Ministro della giustizia ha recentemente sollevato il problema delle violenze sessuali che poi subiscono le donne. Un giudice nell'East Sussex, ha rilasciato un rapinatore trans, Leila Le Fey, non sapendo se farlo rinchiudere in un carcere maschile o femminile.

Se passa la pdl contro l'omotransfobia, sarà impossibile protestare contro cose di questo genere: dove finirà allora la tutela della salute delle donne? E le nobili campagne contro la violenza sulle donne e i femminicidi?

La pdl Zan, quindi, non solo è illiberale, non solo consente alla propaganda ideologica LGBTQIAP (lesbica, gay, bisessuale, transgender, queer, intersessuale, asessuale e pansessuale) di dominare incontrastata in ogni ambito del tessuto sociale e culturale, dalla scuola ai mass media: è anche una normativa fortemente sessista e misogina perché impedisce alle donne di rivendicare la loro specificità biologica e fisiologica rispetto agli uomini. Gli sport, i carceri, gli spazi sicuri, e persino le "quote rosa" ci saranno espropriate dai maschi. E le donne che oseranno protestare saranno punite «con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro», se non peggio.

Francesca Romana Poleggi Direttore Editoriale

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Toni Brandi Pro Vita & Famiglia Onlus