LA DIFESA DI PALAMARA NON AIUTA LA CREDIBILITÀ DELLA GIUSTIZIA
Luca Palamara a "Non è l'Arena" (Ansa)
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LA DIFESA DI PALAMARA NON AIUTA LA CREDIBILITÀ DELLA GIUSTIZIA

«Su Salvini ho sbagliato, ma...», «chi non appartiene alle correnti è penalizzato». A "Non è l'Arena" il magistrato prova a difendersi ma di fatto porta tutti i nodi a galla

«Ci sono situazioni, come in questo caso, in cui un giudizio espresso in maniera frettolosa o sintetica o errata diventa di dominio pubblico. Ora riconosco che era sbagliato, non rispecchiava il mio pensiero. Anche quelle su Salvini, l'espressione sintetizzava in maniera frettolosa un ragionamento. Quando l'intercettazione viene fuori è decontestualizzata. Il senso della frase era che i magistrati andavano tutelati comunque, la magistratura faceva quadrato intorno a se stessa, non c'era l'intento di offendere Salvini»
«Le correnti ci sono sempre state, fa comodo a qualcuno indicarmi come il male assoluto. E' vero però che chi non appartiene alle correnti è penalizzato»

Ci sono frasi che meritano di essere messe così, nero su bianco, senza introduzioni e spiegazioni. Per capirne appieno il significato. Sono le parole che Luca Palamara, il magistrato al centro dell'inchiesta per corruzione e rivelazioni di segreti d'ufficio le cui intercettazioni telefoniche hanno dimostrato (come se ce ne fosse ancora bisogno) gli intrecci tra magistratura e politica ha pronunciato per difendersi dal mare di polemiche che lo hanno investito. Su tutte le famose frasi contro Matteo Salvini, allora Ministro dell'Interno: «…è una m…a» e «anche se ha ragione va fermato».

Bene. Proprio nello studio del programma "Non è l'Arena" che per prima ha portato alla luce lo scandalo, Palamara si è difeso o almeno ci ha provato.

Sulle parole nei confronti del leader della Lega la scusa è stata: «Parole decontestualizzate», «non era il mio pensiero», «volevamo (plurale, lui e chi altri?) proteggere il magistrato che indagava». Difesa che oltre a non convincere non arriva al nocciolo della questione.

Grazie infatti alle sue frasi quel processo ormai è rovinato, per sempre. Qualsiasi infatti sarà il suo iter e risultato finale è ovvio che vincitori e vinti, leghisti o meno, colpevolisti o innocentisti hanno un appiglio perfetto per cui contestare la sentenza. Salvini condannato? «Visto, gli hanno giurata come ha detto Palamara». Salvini assolto: «Visto, è una sentenza politica».

E sono cose come questa che minano quella che dovrebbe essere la cosa principale per un dei tre poteri dello Stato: le credibilità della Giustizia stessa.

Per quanto riguarda invece il discorso sullo strapotere delle correnti all'interno della magistratura oggi come non mai è tutto alla luce del sole. Ammettere che chi non appartiene ad alcuna di esse ma si limita a fare il magistrato in maniera indipendente, onesta, non schierata, sia penalizzato deve segnare un punto di non ritorno.

Tutti ormai hanno ammesso che la riforma del Csm e della Giustizia è necessaria. Lo ha detto anche il Presidente della Repubblica, Mattarella. E' il tempo di smetterla con le parole e agire, per il bene di tutti, dei magistrati e del Paese.

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Andrea Soglio